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Pedro Lopez, il killer che uccideva guardando negli occhi le vittime e poi beveva il tè coi cadaveri

Pedro Alonso Lopez, il mostro delle Ande, è considerato uno tra i più proficui serial killer su scala internazionale. Centinaia e centinaia le sue vittime, tutte bambine per lo più di età compresa tra gli otto e i dodici anni.
A cura di Anna Vagli
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Pedro Alonso Lopez, noto come il mostro delle Ande, è nato l'8 ottobre 1948 in Colombia, da una famiglia molto numerosa. In totale, aveva tredici fratelli.

Fin dalla sua infanzia, quello che ancora oggi viene considerato uno dei peggiori serial killer di tutti i tempi, ha vissuto in una situazione difficile e instabile: suo padre era un uomo alcolizzato e anche particolarmente violento, che maltrattava tutti i componenti della famiglia.

Abusi, quelli perpetrati all’interno delle mura domestiche, che non hanno fatto altro che segnare irrimediabilmente la vita non solo di Pedro, ma anche di sua madre e dei suoi fratelli.

Le difficoltà caratteriali di Lopez si palesarono già in tenera età. Quando aveva solamente otto anni, venne addirittura cacciato di casa dalla madre, che non riusciva più a tollerare la situazione familiare. Pedro venne quindi costretto a vivere per strada, dove imparò a rubare e a commettere piccoli crimini per sopravvivere.

Nello specifico, si era specializzato nel furto di automobili che poi rimetteva sul mercato vendendole in maniera illegale. La sua storia diverrà una testimonianza tragica degli effetti della povertà e di abusi sui bambini e sulle loro vite, e rappresenta uno dei casi più estremi di violenza criminale nella storia moderna.

L’adolescenza travagliata di Pedro Lopez

Nel 1963, all’età di dodici anni, venne abusato sessualmente da un insegnante durante l’orario scolastico. L’inizio della fine. Quell’episodio, infatti, innescherà nel giovane un odio e una crudeltà che si rifletteranno nella sua carriera sanguinaria.

Nel 1969 venne arrestato per il furto delle automobili e la pena definitiva prevista fu di sette anni. Dopo soli due giorni di detenzione, venne ancora abusato sessualmente. Questa volta da quattro detenuti più anziani che lo violentarono a rotazione. Nella sua mente decise che avrebbe dovuto vendicarsi con ogni mezzo.

Così, grazie alle sue qualità ingegnose, riuscì a costruire un coltello rudimentale utilizzando ciò che aveva trovato in prigione. Passarono due settimane e Pedro consumò la sua vendetta uccidendo tutti e quattro gli uomini che lo avevano violentato.

La vita del serial killer è stata dunque segnata non solo dagli abusi, ma anche dalla degradazione. Contribuendone a forgiare la personalità criminale.

L’inizio della carriera criminale di Pedro Lopez

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Nel 1978, all'età di 30 anni, Lopez venne arrestato per la prima volta per molestie sessuali su una bambina di nove anni. Dopo essere stato rilasciato su cauzione, si trasferì in Perù, dove iniziò a uccidere soprattutto bambine e adolescenti. Le vittime saranno almeno 110.

In nessuno di questi casi fu scoperto. Il suo arresto da parte delle autorità, infatti, intervenne solamente dopo che un gruppo di indios, gli Ayacuchos, lo avevano sorpreso nel nord del Perù mentre stava cercando di catturare un’altra vittima, una bambina di nove anni.

Gli indigeni non avevano però alcuna intenzione di consegnarlo alla polizia. Volevano vendicarsi autonomamente. Prima lo spogliarono, poi lo torturarono e infine cercarono di sotterrarlo vivo. Per Pedro sembrava arrivata la fine. Ma fu salvato da un missionario americano che convinse gli indios a consegnarlo alle autorità. A quel punto il governo peruviano estradò Lopez in Ecuador.

Dopo essere rientrato da uomo libero, Pedro iniziò a viaggiare e a fare lunghe soste anche in Colombia. Nel frattempo, invece, le autorità iniziarono a rendersi conto del numero ingente di bambine scomparse. Ma attribuirono la responsabilità a un generico incremento della tratta di minori per scopi sessuali.

Fino all’aprile del 1980 quando, a seguito di un’inondazione, vicino ad Ambato, in Ecuador, vennero alla luce i resti di quattro piccole bambine. Fu impossibile stabilire la causa di morte, ma fu da subito chiaro il tentativo di occultamento dei cadaveri da parte del loro assassino.

La cattura del killer in Ecuador

Qualche giorno dopo la scoperta dei quattro cadaveri, una donna di umile estrazione sociale, Carvina Poveda, si recò al mercato insieme alla figlia Maria per fare alcune compere. Fu in quel momento che Pedro tornò all’attacco tentando di rapire la bambina appena dodicenne.

Carvina, però, iniziò a urlare e a piangere innescando così una vera e propria caccia all’uomo. Che venne braccato e trattenuto fino all’arrivo della polizia.  Tradotto in carcere, Lopez si rifiutò sin da subito di collaborare.

Per questa ragione, gli venne assegnato come compagno di cella un sacerdote, Padre Cordoba Gudino. A quest’ultimo bastarono poche ore per capire importanti dettagli sulla carriera criminale del killer. Pedro raccontò al parroco la strage di bambine delle quali si era macchiato: centodieci le vittime in Ecuador, cento in Colombia e oltre un centinaio in Perù. Una vera e propria mattanza.

La polizia ecuadoregna, però, inizialmente non credette all’uomo. Ma i dubbi presto scomparirono quando, qualche giorno dopo l’intervenuta confessione, le istituzioni si recarono nei luoghi segnalati dal serial killer. Veri e propri siti, come quello di Ambato, dove erano sepolti ben cinquantatré cadaveri. Tutti riconducibili a bambine di età compresa tra gli otto e i dodici anni.

Per tutti i crimini commessi, però, verrà condannato solamente a sedici anni di prigione.

I delitti concretamente addebitati a Pedro sono stati cinquantasette. Verrà rilasciato nel 1994 dopo aver scontato solo quattordici anni di carcere a causa di una legge dello Stato che limitava la detenzione a vent’anni anni.

Venne così condotto a Bogotà, in Colombia, per essere sottoposto a perizia psichiatrica. L’esito peritale fu quello della piena capacità di intendere di volere. Nel 2002 gli venne contestato un nuovo omicidio in Equador, ma di lui si erano ormai da anni perse le tracce. Ad oggi non è dato sapere se sia vivo o morto.

La personalità criminale di Pedro Lopez

Pedro Lopez ha dimostrato di avere una grande abilità nell'adescare le sue vittime. Spesso si avvicinava alle bambine promettendo loro cibo, soldi o vestiti, e poi li portava in luoghi isolati dove prima li violentava e poi li uccideva. Dimostrando una certa capacità di manipolazione e persuasione, unita a una totale mancanza di empatia nei confronti delle sue vittime. Il mostro della Ande talvolta rimaneva molto tempo con i cadaveri. Arrivando persino a farli sedere intorno a una tavola imbandita, ad offrirgli del tè caldo e a chiacchierare con loro. Anche la relativa sepoltura seguiva un rituale ben preciso. Pedro, infatti, occultava il cadavere delle sue vittime a gruppi di tre o quattro. Perché credeva che avessero bisogno di compagnia.

Lopez era evidentemente affetto da disturbi della personalità che lo portavano a pensare che uccidere bambini fosse una specie di servizio alla collettività. Un servizio reso per eliminare dal mondo le ragazzine che secondo il suo giudizio erano malvagie. Questo è quel che è emerso dai racconti fatti in carcere al sacerdote.

Una vera e propria ideazione paranoide e distorta della realtà, che indica una profonda disconnessione dalla società e una totale mancanza di rispetto per la vita umana. Pedro, poi, mostrava altresì caratteristiche sadiche e componenti di matrice sessualmente perversa.

Non a caso abusava sessualmente delle sue vittime prima di ucciderle. Alcune sono state addirittura ritrovate con segni di tortura sul corpo. Confermando come Lopez provasse piacere nell'infliggere dolore e sofferenza agli altri.

Un uomo decisamente privo di empatia e di rispetto per la vita umana, nonché affetto da disturbi della personalità di matrice narcisistica.

Il modus operandi del serial killer delle Ande

Il modus operandi di Pedro Lopez era molto preciso. Si avvicinava principalmente alle bambine e alle adolescenti, spesso provenienti da ambienti svantaggiati, promettendo loro cibo, soldi o regali. Una volta guadagnata la loro fiducia, le portava in luoghi isolati come campi o foreste, dove le violentava e poi le uccideva.

Gli omicidi avvenivano tutti di giorno o all'alba, ma mai di notte. Perché il buio gli impediva di godere a pieno di fronte alla sofferenza che arrecava nel momento in cui li commetteva. Uccideva sempre guardando le bambine negli occhi. Proprio per non perdere nemmeno un secondo del dolore che infliggeva loro.

Lopez usava principalmente le sue mani per strozzare le vittime, ma talvolta reperiva anche oggetti come corde o pezzi di stoffa per soffocarle. In alcuni casi, aveva anche utilizzato armi da taglio. Infine, per controllare fossero morte, metteva di fronte al loro viso uno specchietto: se si condensava, significava che erano ancora vive.

Chi erano le sue vittime

Le vittime di Lopez erano per lo più bambine  di età compresa tra gli otto e i dodici anni. Come abbiamo visto, è stato stimato che le sue vittime siano state almeno trecento tra Colombia, Ecuador e Perù. Tuttavia, non è escluso che il numero reale possa essere ancora più alto.

Le sue prede erano principalmente bambine povere provenienti da famiglie svantaggiate e vulnerabili. Qui si innescava la portata criminale delle sue azioni. Lopez approfittava della loro situazione e della loro ingenuità per attirarle in trappola e ucciderle. Molti dei corpi venivano abbandonati nei luoghi dove le piccole prede erano state uccise. Altri, invece, venivano sepolti in fosse comuni.

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