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Guerra in Ucraina

Nazionalizzare tutte le aziende straniere che chiudono: il piano di Putin per combattere le sanzioni

La proposta di Russia Unita, partito politico del presidente Vladimir Putin: “Nazionalizzare gli impianti manifatturieri delle compagnie che hanno annunciato di lasciare e chiudere le proprie fabbriche in Russia in occasione dell’operazione speciale in Ucraina”.
A cura di Davide Falcioni
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Russia Unita, partito politico del presidente Vladimir Putin, ha proposto di espropriare e nazionalizzare gli impianti produttivi delle aziende occidentali che hanno sospeso le attività nel Paese come forma di protesta contro l'invasione dell'Ucraina. A lanciare l'idea – che potrebbe nei prossimi giorni tramutarsi in provvedimento formale – è stato il segretario del partito, Andrei Turchak: "Russia Unita propone la nazionalizzazione degli impianti manifatturieri delle compagnie che hanno annunciato di lasciare e chiudere le proprie fabbriche in Russia in occasione dell'operazione speciale in Ucraina", ha detto. "Simili azioni delle compagnie occidentali – ha aggiunto Turchak – non sono altro che bancarotta fraudolenta. Si tratta in ogni caso di una decisione meramente politica il cui prezzo è che un gran numero di lavoratori russi sono stati licenziati dalla sera alla mattina, senza contare che agendo in questo modo, queste compagnie danneggiano la loro stessa economia, dandosi la zappa sui piedi. L'Occidente ha cominciato la guerra delle sanzioni contro la Russia, cui si sono aggiunti non solo i governi ma anche le compagnie private. Alcune di queste annunciano di uscire dagli affari in Russia e chiudono le loro fabbriche. Le finlandesi Valio e Paulig sono state le ultime ad annunciarlo e ieri Fazer ha fatto lo stesso". La proposta di nazionalizzazione "è una misura estrema, ma non tolleriamo le pugnalate nella schiena e proteggeremo la nostra gente", ha detto Turchak.

Già nelle scorse ore il Cremlino aveva annunciato ritorsioni contro l'Occidente per le sanzioni inflitte. Mosca per la prima volta ha ventilato la possibilità che vengano "chiusi i rubinetti del gas" all'Europa imponendo anche un aumento del prezzo del petrolio, che potrebbe salire a 300 dollari al barile. Tra due giorni i leader europei si incontreranno a Versailles per discutere dell'interruzione dell'acquisto di idrocarburi russi, ma Mosca ha avvertito che qualsiasi decisione del genere potrebbe rappresentare una catastrofe per il mercato globale. "Un rifiuto del petrolio russo porterebbe a conseguenze catastrofiche per il mercato globale", ha affermato il vice primo ministro russo Alexander Novak, dichiarando che il prezzo del petrolio potrebbe più che raddoppiare, superando i 300 dollari al barile.

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