Missili russi su Odessa, almeno 8 morti e decine di feriti. Oggi l’inviato del Cremlino a Miami

Nella notte tra il 19 e il 20 dicembre il fronte della guerra in Ucraina è tornato a incendiarsi sul Mar Nero. Un attacco missilistico russo ha colpito duramente le infrastrutture portuali dell’oblast di Odessa, uno dei nodi logistici più sensibili del Paese, provocando almeno otto morti e 27 feriti. Secondo il Servizio di emergenza statale ucraino, alcune delle vittime si trovavano a bordo di un autobus che si è trovato praticamente al centro dell’esplosione. L’impatto dei missili ha innescato vasti incendi tra i camion parcheggiati nell’area portuale, mentre numerose auto nelle vicinanze sono rimaste danneggiate. Le fiamme sono state domate solo dopo ore di lavoro dei soccorritori.
Le autorità regionali parlano di un attacco “massiccio” condotto con missili balistici. Poco dopo le 21 locali di ieri, l’Aeronautica ucraina aveva diramato un’allerta per una minaccia imminente, seguita a distanza di pochi minuti da una serie di esplosioni avvertite in tutta la zona. Odessa, porta marittima strategica per l’export agricolo e commerciale ucraino, è dall'inizio del conflitto nel mirino delle forze russe: i raid ripetuti hanno già causato blackout prolungati e interruzioni delle forniture idriche, mettendo a dura prova la popolazione civile.

Putin: "Se trattati con rispetto non apriremo nuovi fronti di guerra dopo l'Ucraina"
Poche ore prima dell’attacco su Odessa, il presidente russo Vladimir Putin aveva ribadito in diretta televisiva di non avere intenzione di aprire nuovi conflitti dopo l’Ucraina, a condizione che la Russia venga “trattata con rispetto” e che vengano riconosciuti i suoi interessi di sicurezza. Dichiarazioni che, tuttavia, si sono scontrate con la realtà dei fatti: mentre il Cremlino parla di pace e accusa l’Occidente di sabotare ogni accordo, i missili continuano a cadere sulle città ucraine.
Droni ucraini colpiscono piattaforme russe nel Mar Caspio
Mentre Odessa conta i danni e le vittime, la guerra si estende su altri fronti, spesso lontani dal campo di battaglia tradizionale. Dall’inizio di dicembre, droni ucraini a lungo raggio hanno colpito almeno quattro piattaforme petrolifere russe nel Mar Caspio, a circa 900 chilometri dal territorio ucraino. L’ultimo raid avrebbe interessato infrastrutture riconducibili al gruppo Lukoil, costringendo alla sospensione delle attività. In precedenza erano stati danneggiati impianti nei giacimenti di Filanovsky e Korchagin, con interruzioni della produzione in diversi pozzi. Secondo fonti della sicurezza di Kiev, questa campagna rientra in una strategia mirata a ridurre le entrate energetiche russe, considerate vitali per sostenere lo sforzo bellico. Mosca e le compagnie coinvolte mantengono il silenzio sull’entità dei danni, ma indiscrezioni parlano di stop prolungati in più siti offshore.
L'inviato del Cremlino in viaggio per Miami
Sul piano politico-diplomatico, la tensione militare fa da sfondo a un’intensa attività di contatti internazionali. Kirill Dmitriev, inviato speciale del Cremlino, è atteso a Miami per una serie di colloqui sulla guerra in Ucraina, che coinvolgono anche l’inviato statunitense Steve Witkoff e Jared Kushner. L’iniziativa si inserisce nel più ampio tentativo di Washington di esplorare spiragli negoziali, mentre delegazioni ucraine ed europee partecipano a incontri paralleli.