Migranti, anche la Corte Suprema contro Trump: blocca la deportazione di venezuelani

Le politiche migratorie di Donald Trump vanno incontro a un altro ostacolo giudiziario, questa volta da parte della Corte Suprema. I giudici hanno infatti ordinato che vengano sospese, almeno temporaneamente, le deportazioni di un gruppo di persone venezuelane che si trovano in Texas. La decisione arriva dopo il caso del giudice di Washington che ha minacciato l'amministrazione Trump di una denuncia per oltraggio alla corte per non aver rispettato la sua sentenza, e l'altra pronuncia della Corte Suprema che ordinava al governo di riportare a casa il cittadino salvadoregno ingiustamente deportato Kilmar Abrego Garcia.
Nel caso specifico, un gruppo di uomini venezuelani è detenuto nel nord del Texas con l'accusa di avere dei collegamenti a una gang venezuelana. Trump ha attivato una legge del 1798 che gli concede poteri da tempo di guerra per deportare persone ignorando le tutele previste dal sistema penale e dalle leggi sull'immigrazione. In passato era stata usata solo tre volte: nel 1812 e durante le due guerre mondiali. Durante il secondo conflitto mondiale, era servita per creare veri e propri campi di internamento per i cittadini giapponesi o di origini giapponesi.
In questo caso il pretesto legale è la ‘guerra' contro la gang venezuelana Tren de Aragua. Le persone deportate finora con questa legge sono state accusate di avere legami con la gang in questione, senza mostrare prove di alcun tipo.
Un tribunale era già intervenuto, il 15 marzo, per bloccare queste deportazioni. La Corte Suprema l'8 aprile ha stabilito che la legge in questione si può applicare per le deportazioni di persone sospettate di affiliazione con la gang, ma a una condizione: che abbiano l'opportunità di difendersi per evitare l'espulsione. Cosa che il gruppo di venezuelani detenuti nel nord del Texas non hanno avuto, secondo un'associazione per i diritti civili (la American civil liberties union) che ha seguito il loro caso e presentato una richiesta urgente alla Corte.
Se non fosse arrivato l'intervento di oggi, queste persone sarebbero state trasferite nella prigione di massima sicurezza di El Salvador dove vengono trattenute molte delle persone deportate dagli Stati Uniti negli ultimi mesi, senza ulteriori occasioni di dimostrare che non hanno nulla a che fare con la gang. Così la Corte ha bloccato i trasferimenti, anche se su nove giudici due – gli ultra-conservatori Clarence Thomas e Samuel Alito – hanno dissentito dalla decisione.
Resta da vedere se il governo di Donald Trump obbedirà all'ordine. Nel caso di Abrego Garcia, l'amministrazione ha ammesso che la deportazione è avvenuta per errore ma continua a sostenere che il 29enne faccia parte di una gang salvadoregna, cosa che i suoi familiari e il suo avvocato negano. Il governo non ha dato nessuna prova a sostegno delle sue accuse. In tutti gli anni in cui ha vissuto negli Usa, Garcia non è mai stato indagato o condannato per alcun reato, tanto meno uno legato alla criminalità organizzata, e aveva un permesso di soggiorno regolare.
Finora però Trump ha continuato a sostenere che l'uomo faccia parte di una gang, e il governo ha rifiutato di farlo rientrare nonostante la decisione della Corte Suprema (all'unanimità, in quel caso). Un senatore democratico che è riuscito a incontrarlo, nonostante il governo di El Salvador l'abbia duramente ostacolato: ha raccontato che il giovane è stato traumatizzato dal trattamento in carcere e al momento si trova in isolamento.