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Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

“L’evacuazione di Gaza City sarà la condanna a morte per migliaia di pazienti ricoverati negli ospedali”

In una lettera inviata al COGAT, Physicians for Human Rights Israel ha messo per iscritto che l’evacuazione forzata degli ospedali di Gaza City sarà la condanna a morte di migliaia di pazienti. Fanpage.it ne ha parlato con la dottoressa Aseel Aburass: “Altissimi rischi per neonati prematuri – almeno un centinaio sono in incubatrice -, ma anche pazienti ventilati, oncologici, dializzati e le donne con gravidanze complicate”.
Intervista a Dott.ssa Aseel Aburass
medico e membro di Physicians for Human Rights Israel.
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Lunedì mattina un attacco doppio ha colpito il Nasser Hospital di Khan Younis con due diversi missili israeliani. Sono almeno 20 le vittime, tra loro cinque giornalisti, operatori medici della Mezzaluna Rossa palestinese, civili e gente già ricoverata nell'ospedale. È uno delle decine di attacchi che Israele ha sferrato negli ultimi 22 mesi contro il sistema sanitario di Gaza. Secondo l'ultima ricerca di Physicians for Human Rights Israel oggi l'ospedale al-Shifa – il principale centro medico di Gaza – sta lavorando al 240% della sua capacità. Su 700 posti letto, solo 200 risultano effettivamente disponibili e appena tre sale operatorie restano funzionanti.

L' ospedale al-Rantisi è operativo solo in parte, con un sovraccarico del 210%. Le strutture hanno subito gravi danni e il personale lavora in condizioni estreme. L'Ospedale al-Quds, gestito dalla Mezzaluna Rossa a Gaza City, funziona parzialmente ma con gravissime carenze di attrezzature, curando ogni giorno un numero enorme di feriti; ancora l'ospedale al-Ahli lavora a ritmi insostenibili, al 300% della capacità. L'ospedale al-Nasser è al 180% della capacità e soffre gravi carenze di dispositivi e farmaci, incluse scorte di sangue e strumenti chirurgici. L'Ospedale Europeo di Khan Yunis è attualmente fuori uso, serviranno circa tre mesi di lavori per riattivare i servizi di degenza secondaria. La sua riapertura è cruciale per aumentare la capacità sanitaria nel sud. Mentre gli Ospedali da campo, attivi a Deir al-Balah (IMC, MSF), Khan Yunis (MSF, Mezzaluna Rossa) e Al-Mawasi, operano con risorse minime e rischiano presto la chiusura. Rafah al momento non dispone di ospedali permanenti: è presente solo un ospedale da campo.

In una lettera inviata al COGAT (l’unità del Ministero della Difesa israeliano incaricata di supervisionare la politica civile in Cisgiordania, oltre a facilitare il coordinamento logistico tra Israele e la Striscia di Gaza), l'organizzazione per i diritti umani israeliana ha messo per iscritto che l'evacuazione forzata degli ospedali di Gaza City sarà la condanna a morte di migliaia di pazienti.

Fanpage.it ne ha parlato con Aseel Aburass, dottoressa e membro di Physicians for Human Rights Israel.

Qual è la reale condizione degli ospedali di Gaza in questo momento?

"Attualmente solo 19 ospedali su 36 funzionano parzialmente. I pazienti sono sdraiati a terra, il personale medico lavora in condizioni impossibili, spesso senza elettricità, ossigeno o antibiotici. La metà di quelli ancora funzionanti si trova a Gaza City. È scandaloso e illegale che Israele voglia evacuarli. Questa nuova operazione militare significa nuovi massacri e un altro spostamento forzato verso Sud. La situazione è molto diversa rispetto all’inizio della guerra: la gente muore di fame, non può muoversi, non ci sono macchine, carburante, ambulanze. Le persone sono esauste; le donne cadono a terra. I pazienti semplicemente non possono essere spostati. Neonati prematuri, pazienti ventilati, malati oncologici e dializzati, donne con gravidanze complicate: spostarli significa ucciderli. Logisticamente è impossibile, prima di tutto non ci sono ambulanze, non c’è carburante, le strade sono distrutte; non si possono muovere un milione di persone in queste condizioni. E poi, gli ospedali del Sud sono già al collasso. Al-Nasser è oltre la capacità e pochi giorni fa è stato bombardato. L’European Hospital non è operativo. Non ci sono tende, non ci sono luoghi sicuri al Sud. Dallo scorso marzo non è più entrata alcuna tenda. E ora, con il caldo, persino quelle esistenti vengono distrutte dal sole. È catastrofico. Eppure non c’è sufficiente attenzione internazionale. Si è detto “all eyes on Rafah, all eyes on Gaza”, ma nulla sta cambiando. La comunità internazionale non sta facendo nulla".

Perché l’evacuazione degli ospedali di Gaza City verso Sud equivarrebbe a una condanna a morte per i pazienti?

"Perché ogni paziente è a rischio di morire se spostato, soprattutto i più vulnerabili. L’anno scorso, quando Al-Shifa è stato attaccato, molti bambini nelle incubatrici sono morti. Evacuare oggi gli ospedali significherebbe ripetere quella tragedia su scala enorme".

Quali pazienti sarebbero più a rischio se trasferiti?

"I neonati prematuri – almeno un centinaio sono in incubatrice -, ma anche i pazienti ventilati, oncologici, dializzati e le donne con gravidanze complicate. Per loro, muoversi da Gaza City equivale a morire".

Qual è la situazione attuale degli ospedali nel sud, come Khan Yunis e Rafah?

"Il 25 agosto, la mattina, l’ospedale Al-Nasser di Khan Yunis è stato colpito da un missile israeliano. È stato un doppio attacco: il primo ha causato panico, medici e soccorritori sono accorsi sul posto, e dieci minuti dopo un secondo attacco ha colpito lo stesso punto – stavolta prendendo di mira sanitari e giornalisti. Venti persone sono state uccise, tra cui pazienti, cinque reporter e personale medico. È stato il caos. L’unità chirurgica e le aree di emergenza sono state danneggiate, centinaia di feriti. L’ospedale Al-Nasser continua a funzionare, ma in condizioni estremamente difficili. Netanyahu ha twittato delle scuse subito – solo perché l’attacco era stato ripreso in diretta – e l’esercito ha detto che stava “indagando”. Rafah non ha ospedali permanenti, solo un ospedale da campo. L’European Hospital resta chiuso. Quindi sì, è impossibile accogliere altri pazienti nel Sud".

Qual è il sostegno più urgente per evitare il collasso totale?

"Servono medicine, carburante, attrezzature, dispositivi medici e personale sanitario. Il collasso è già totale: dal novembre 2023 il Ministero della Sanità di Gaza lo denuncia chiaramente".

Quali sono le vostre richieste specifiche inviate al COGAT?

"Primo: fermare l’evacuazione. Secondo: fermare i bombardamenti. Terzo: aprire tutti i valichi, incluso Rafah, e permettere agli ospedali di funzionare. Consentire l’ingresso di personale medico, attrezzature e aiuti umanitari senza ostacoli. I rifiuti da parte di Israele all’ingresso dei medici stanno aumentando, almeno due nelle ultime due settimane, e nell’ultimo mese abbiamo registrato un repentino aumento dei divieti di entrata ai medici internazionali nella Striscia. Inoltre bisogna consentire la ricostruzione degli ospedali, ci vorrà tantissimo tempo prima che il sistema sanitario di Gaza torni pienamente in funzione. L'organizzazione Mondiale della Sanità qualche mese fa ha stimato che per ricostruire l'European hospital ci vorranno almeno sei mesi e sei milioni milioni di dollari".

Qual è l’appello urgente che Physicians for Human Rights Israel vuole lanciare alla comunità internazionale?

"La prima cosa che possiamo dire come organizzazione è che questo genocidio deve finire. Ogni governo e ogni diplomatico deve usare tutti gli strumenti a disposizione – a partire da adesso. Non ci bastano più le dichiarazioni vuote: servono azioni. Quello che sta accadendo a Gaza dovrebbe essere un campanello d’allarme per ogni medico, giornalista, operatore umanitario. Si sta creando un precedente: quante violazioni del diritto internazionale e umanitario siamo disposti ad accettare? Anche se non ti importa di Gaza, dovrebbe importarti di casa tua, perché ciò che viene accettato oggi a Gaza è terrificante per tutta l’umanità. La comunità medica mondiale deve resistere e svegliarsi, ciò che accade ai loro colleghi a Gaza è inaccettabile in qualsiasi parte del mondo. I medici israeliani devono opporsi al genocidio. Come abbiamo dimostrato con "Our Genocide", questa non è solo una guerra contro gli ospedali, è una guerra contro le persone, e contro i sopravvissuti stessi".

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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