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Guerra in Ucraina

Le armi, la guerriglia e i pericoli per l’Europa: come è cambiata la guerra di Putin in Ucraina

Il professor Gastone Breccia, storico esperto di teoria militare, spiega a Fanpage.it quali sono gli obiettivi di Putin e fin dove è disposto a spingersi per ottenerli.
Intervista a Prof. Gastone Breccia
Storico, esperto di teoria militare, guerriglia e controguerriglia, negli ultimi anni ha condotto ricerche sul campo in Afghanistan, Iraq e Siria. Breccia, membro del direttivo della Società Italiana di Storia Militare (SISM) e collaboratore fisso della rivista Focus Wars, ha pubblicato nel 2020 "Missione fallita. La sconfitta dell'Occidente in Afghanistan".
A cura di Davide Falcioni
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Nei dispacci mattutini sulla guerra in Ucraina pubblicati dal Ministero della Difesa britannico quella delle truppe russe viene descritta come un'azione in netta difficoltà e ormai prossima alla sconfitta a causa dell'eroica resistenza armata ucraina. Ogni sera, invece, l'agenzia stampa ufficiale russa Tass racconta di un'avanzata vittoriosa verso gli obiettivi di "denazificazione e demilitarizzazione dell'Ucraina": non solo, Mosca specifica che non vengono mai presi di mira obiettivi civili e persino che vengono spedite migliaia di tonnellate di aiuti umanitari alle popolazioni ucraine "liberate". Ebbene, molto probabilmente ciascuno di questi due racconti della guerra contiene più bugie che verità; i media occidentali tendono ad esaltare la resistenza del popolo ucraino, mentre quelli russi raccontano una storia diametralmente opposta. Ma come stanno davvero le cose? E qual è la situazione sul campo? Ne abbiamo parlato con il professor Gastone Breccia, storico esperto di teoria militare, guerriglia e controguerriglia che negli ultimi anni ha condotto ricerche sul campo in Afghanistan, Iraq e Siria. Breccia, membro del direttivo della Società Italiana di Storia Militare (SISM) e collaboratore fisso della rivista Focus Wars, ha pubblicato nel 2020 "Missione fallita. La sconfitta dell'Occidente in Afghanistan" anticipando di oltre un anno quello che sarebbe poi avvenuto la scorsa estate, con il ritiro delle truppe americane da Kabul.

Il professor Gastone Breccia
Il professor Gastone Breccia

A un mese dall'inizio della guerra qual è la situazione sul campo? Quali sono i successi e le difficoltà che stanno incontrando i russi?
Sicuramente i russi pensavano che avrebbero avuto una vita più facile. Non immaginavano di dover fronteggiare una resistenza così coesa e determinata e molto probabilmente alla vigilia dell'invasione speravano in una "guerra lampo" che avrebbe portato l'esercito ucraino alla resa e a organizzare un colpo di stato militare. Con ogni evidenza il conflitto non è andato in questo modo e Mosca ha incontrato grosse difficoltà: quando i russi si sono resi conto che le cose sarebbero andate per le lunghe e che la loro non sarebbe stata una vittoria facile hanno rimodulato l’offensiva e cambiato strategia passando a una guerra di tipo convenzionale, con avanzate lente, bombardamenti, conquista progressiva del territorio palmo a palmo. In questo quadro è difficile interpretare, giorno per giorno, se ci siano dei successi o se la situazione sia in stallo. Se il fronte russo non avanza, ad esempio, può dipendere non solo da difficoltà ma da altri fattori logistici, ad esempio la necessità di rifornire le truppe in prima linea di munizioni o carburante.

Insomma, la lettura del conflitto è molto più complessa di come viene raccontato dalle propagande…
Sì, lo è. Detto questo ci sono effettivamente dei luoghi in cui i russi hanno subito delle batoste. Uno è il settore di Kiev: sia a ovest che a est della città sembra che gli ucraini siano riusciti a contrattaccare con successo infliggendo perdite rilevanti. A mio avviso però la capitale non è un obiettivo militare principale di Mosca; intendiamoci, è certamente un obiettivo simbolico di grande importanza e i russi vogliono sicuramente mantenere sotto pressione il Governo, che è tuttora in città, bombardando i sobborghi e tenendo impegnate le forze armate ucraine, ma sono convinto che Kiev non rientri nei piani di conquista di Putin. L'altra grande città è Odessa: lì i russi sono passati alla difensiva, si sono trincerati e non avranno velleità per le prossime settimane. C'è poi Mariupol, città sotto assedio: quella è sicuramente la battaglia più sanguinosa e gli ucraini, seppur circondati e senza più contatti con l'esterno, stanno tenendo duro nel centro. Difficile sapere quanto resisteranno, ma stanno ancora combattendo. C'è poi un episodio che può sembrare marginale ma invece credo sia molto significativo.

Quale?
Ieri nel porto di Berdyansk, nel sud-est del paese, è stata affondata la nave russa Orsk, la più grande della flotta presente nel Mar Nero. Ebbene, ho la certezza che non è stata colpita da missili ucraini come è stato scritto un po' ovunque. Ho potuto visionare dei filmati che mostrano un incendio svilupparsi a bordo una decina di minuti prima della grande esplosione. La nave potrebbe quindi essere stata attaccata da sabotatori ucraini. Cambia poco? Sì, ma fino a un certo punto: se così fosse significherebbe che i russi non sono stati in grado di difendere una delle loro navi ormeggiata nel principale porto da loro controllato nel Mare di Azov.

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Se osserviamo la mappa dell'invasione notiamo che i russi stanno concentrando i loro sforzi principalmente a est. Come mai?
I russi non hanno nessuna intenzione di andare oltre il fiume Dnepr; spingersi in Ucraina occidentale è al di fuori delle loro capacità, mentre allargare la zona sotto il loro controllo ad est a questo punto diventa fondamentale per arrivare al tavolo delle trattative e ottenere qualcosa. Io penso che tra poche settimane i negoziati dovranno entrare nel vivo e che anche Mosca dovrà discutere seriamente, perché anche la sua forza militare si sta logorando: quando ciò accadrà Putin avrà bisogno di controllare una bella porzione di territorio per ottenere qualcosa dagli ucraini, ad esempio la fascia costiera del Mare di Azov con i porti di Mariupol e Berdyansk. Tuttavia per ottenere l'occupazione di quella zona Putin dovrà avere qualcosa da restituire, ad esempio Kharkiv e un altro pezzo di Ucraina orientale.

Qual è l’obiettivo finale di Mosca?
Io sono abbastanza convinto che l'obiettivo di Putin sia stringere in una "tenaglia" Dnipro, terza città dell'Ucraina: a quel punto, una volta isolata l'Ucraina orientale, penso che si fermerà e comincerà a parlare seriamente dell'assetto post bellico. Credo che il disegno strategico logico del Cremlino sia questo e che non si andrà oltre, tuttavia qualcuno – amici ben informati – mi ha fatto osservare che Putin non sembra riuscire nel suo intento. Staremo a vedere…

L’Europa, inviando armi agli ucraini, ha di fatto rinunciato a ricoprire un ruolo di mediazione nel conflitto. Si tratta di una scelta saggia?
La decisione di inviare armi è motivata dal fatto che i Paesi europei sono anche membri della Nato, e questa dicotomia ostacola oggettivamente un ruolo negoziale da parte di Bruxelles. Come membri dell'Alleanza Atlantica siamo chiaramente schierati contro la Russia ed essendo diventati avversari non belligeranti non possiamo  ricoprire nessun ruolo di mediazione nel conflitto. È per questo che l'UE stenta e, per facilitare una trattativa di pace, ci si sta rivolgendo altrove: Turchia, Israele e Cina, soprattutto.

Mentre il governo è ben determinato a inviare armi agli ucraini, alcuni generali italiani appaiono molto più titubanti. Perché?
I professionisti della guerra – i generali – giustamente intendono l’invio di armi come un atto ostile. Sanno bene che se Putin dovesse essere messo con le spalle al muro, se cioè non riuscisse a vincere sul campo e crescesse nel frattempo anche l'opposizione interna, potrebbe fare delle sciocchezze, ad esempio causare un incidente con armi chimiche, incolpare l'Ucraina e provocare un'escalation. I generali italiani sanno benissimo che in quel caso le nostre forze armate avrebbero dei grossi limiti. Ci tengo però ad aggiungere un'altra cosa: l’invio di un certo tipo di armi, ad esempio armi leggere individuali e missili spalleggiabili, favorisce un prolungamento della guerra e alimenta la guerriglia, perché si tratta di armi adatte a tenere in scacco un occupante da parte di "partigiani" e unità dell'esercito che si staccano e iniziano a combattere una guerra irregolare. Questo è veramente un grosso pericolo: se la guerra diventa guerriglia endemica nel cuore dell'Europa le conseguenze possono essere gravissime e difficili da immaginare. Per questo molti militari stanno lanciando l'allarme. Inviare armi non solo non favorisce la de escalation e, per citare George Orwell, "la via più rapida per porre fine a una guerra è quella di perderla".

Anche negli ultimi giorni alti funzionari del governo russo hanno evocato l'impiego in Ucraina armi nucleari tattiche. Questo rischio c'è davvero?
Nella dottrina militare russa l'impiego delle armi nucleari non è escluso in caso di minaccia all'interesse nazionale. L'uso di queste armi è previsto secondo una teoria abbastanza agghiacciante chiamata "escalate to de escalate", ovvero provocare al nemico danni tali da convincerlo a interrompere la guerra e sedersi al tavolo delle trattative. L’utilizzo di armi nucleari tattiche, cioè di potenza non devastante, è ritenuto possibile. La mia opinione è che è talmente forte il tabù che si è creato nel mondo dopo il 1945 e le bombe su Hiroshima e Nagasaki che non è pensabile che i russi possano infrangerlo per primi, perché ciò li renderebbe uno stato canaglia anche agli occhi dei loro pochi alleati.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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