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“L’attacco a Israele? Propaganda, ora gli iraniani hanno paura”: parla l’attivista Pegah Moshir Pour

Secondo l’attivista per i diritti umani Pegah Moshir Pour, l’attacco dell’Iran sul territorio Israeliano sarebbe “solo propaganda”. “Sapevano che i missili sarebbero stati neutralizzati, cercano un capro espiatorio per distogliere l’attenzione dai problemi interni all’Iran”.
A cura di Gabriella Mazzeo
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La risposta all'attacco di Israele all'ambasciata iraniana di Damasco non si è fatta attendere el'Iran ha lanciato contro Tel Aviv decine di droni e missili partiti da Teheran, dallo Yemen, dall'Iraq e dalla Siria. Il 90% dei missili è stato neutralizzato, ma il timore più grande è che la risposta di Teheran possa portare a un contrattacco israeliano che causerebbe l'apertura di un conflitto dalle conseguenze disastrose. In realtà, le ostilità tra Iran e Israele esistono da molto tempo, almeno dal 1979 secondo Pegah Moshir Pour, attivista per i diritti umani nata in Iran e cresciuta in Italia.

"Non esiste alcun sostegno della popolazione iraniana a questa risposta militare voluta dalla repubblica islamica dell'Iran – ha sottolineato -. La gente è spaventata perché la situazione sociale ed economica nel Paese è difficilissima e andare incontro a una guerra con Israele sarebbe la goccia che fa traboccare il vaso della povertà. Dopo l'attacco le persone hanno preso d'assalto supermercati e distributori di benzina perché non sanno cosa accadrà. Quando parlano di festeggiamenti in piazza per il lancio dei missili, parlano di una fetta di popolazione minuscola e quasi completamente legata agli interessi del regime".

Pegah Moshir Pour
Pegah Moshir Pour

Quali sono gli interessi del regime secondo lei in questo caso?

Si tratta di mera propaganda, l'Iran sapeva bene che il 90% dei missili sarebbe stato neutralizzato e sa di non poter competere militarmente. Quest'attacco è stato una risposta a quello all'ambasciata iraniana a Damasco del 1° aprile davanti al quale Teheran non poteva mostrarsi silente, ma è anche un modo degli ayatollah di presentarsi alla popolazione iraniana come "unici difensori del popolo" contro il nemico, ossia Israele. Le ostilità con Israele vanno avanti da anni, ma sono sempre state portate avanti indirettamente. È la prima volta che si arriva a uno scontro diretto.

Qual è l'interesse dell'Iran nel dipingere Israele come nemico?

Anche durante i disordini di piazza dopo la morte di Mahsa Amini, il governo iraniano sosteneva che l'Occidente in generale, gli Usa e soprattutto Israele fomentassero le proteste, spingendo la popolazione e in particolare le donne "sulla via del diavolo". La risposta all'attacco sull'ambasciata a Damasco è anche la scusa perfetta per mostrare alla popolazione, legittimamente sfiduciata e stanca, che il nemico è fuori dal Paese; che risiede in Israele e che il regime vuole "difendere" i civili e far valere le ragioni dell'Iran. Come si può pensare che un regime che opprime il suo popolo, che lo uccide e lo affama, possa avere a cuore l'incolumità dei cittadini? Questa propaganda viene portata avanti da anni, nelle scuole gli insegnanti fanno scandire ai bambini lo slogan: "A morte Israele". La verità è che al governo serve distogliere l'attenzione della gente dalla povertà e dalla soppressione per indirizzarlo verso un nemico esterno. L'occasione è stata servita su un piatto d'argento.

A quando risalgono queste ostilità secondo lei?

Possiamo partire dal 1979, quando la crisi  diventata più "calda". In quel momento l'allora capo supremo Ruhollah Khomeini aveva preso il potere dopo la caduta dello scià (di Persia ndr) e ha creato la repubblica islamica iraniana. Lo ha fatto basandosi sulla propaganda e vendendo la propria storia di orfano che aveva avuto una rivalsa. È riuscito a conquistare consensi, a cavalcare la rabbia della popolazione che a un certo punto si è trovata nelle grinfie di un regime che non è più riuscita a ribaltare. Da queste basi è riuscito a creare due grandi nemici dell'Iran: Israele, definito "piccolo Satana", e gli Usa, che sarebbero il "grande Satana".

In realtà fino ad allora l'Iran e Israele avevano avuto rapporti economici di diverso tipo, non avevano mai smesso di commerciare. Poi Khomeini ha imposto la visione di Israele come nemico e le ostilità, seppur note, sono sempre rimaste sotto il tappeto. Ad un certo punto il regime è riuscito ad usare la questione Palestinese per affermare la propria narrazione.  In realtà, il governo non ha mai davvero aiutato i palestinesi o la sua popolazione. Ha sostenuto gruppi come Hezbollah e Hamas, anche fornendo armi, ma non ha fatto più di questo.

Però è vero che Israele ha attaccato per prima colpendo l'ambasciata a Damasco.

È verissimo, ma è anche vero che nell'ambasciata iraniana a Damasco vi era un comandante dei Pasdaran, tramite tra Teheran e gruppi militari di Libano, Siria e Yemen. Israele ha attaccato per colpire il comandate Zahedi e come ormai sappiamo, nel farlo non ha avuto alcun interesse a difendere la popolazione civile. Quando parliamo dell'attacco a Damasco, dobbiamo anche chiederci dosa ci facesse un comandante Padaran lì.

Dopo la risposta a quanto successo il 1° aprile, l'Iran ha citato l'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, ma usa quella carta per i suoi scopi. La ignora tutto il resto del tempo, soprattutto quando la si accusa di violenze indicibili nei confronti della popolazione. Il governo iraniano sapeva che quei missili sarebbero stati neutralizzati, era un attacco scenografico per non far passare il messaggio che il regime è silente davanti ai colpi di Israele e per portare avanti la propaganda su un nemico esterno al Paese che cerca di farlo cadere destabilizzandolo.

Edificio distrutto da un attacco aereo a Damasco, Siria
Edificio distrutto da un attacco aereo a Damasco, Siria

Lei crede che ci sarà una risposta da parte di Nethanyau?

Ci auguriamo di no e credo di no, anche perché gli Usa hanno chiarito che non sosterrebbero un nuovo attacco di Israele all'Iran. Bisogna essere categorici in questo, perché a quel punto in uno scenario di guerra entrerebbero anche Russia e Cina e sarebbe pericolosissimo.

Perché Russia e Cina?

La Cina ha interessi economici ovunque e si oppone agli Usa, mentre la Russia cerca di colpire gli Stati Uniti su più fronti, anche avvalendosi dell'alleato storico iraniano. Quando dico che un loro intervento sarebbe un problema per tutti è perché entrambi dispongono di arsenali militari importanti.

Lei ha detto che in queste ore le sono arrivati i messaggi di tanti civili iraniani che non sostengono l'attacco militare del regime. Sono spaventati?

Molto, anche perché la situazione economica e sociale non è semplice. L'Iran sta affrontando una povertà spaventosa con l'inflazione alle stelle, la disoccupazione al suo picco storico e l'aumento dei prezzi anche sui beni di prima necessità. I pensionati continuano a manifestare in piazza perché non riescono ad acquistare neppure il cibo e i medicinali.

In una situazione come questa, le persone temono una guerra più di qualsiasi cosa, sanno di non poter competere, anche perché i civili tutti i giorni affrontano le repressioni della polizia morale che minaccia strette sui controlli. Di recente hanno annunciato di essere pronti a intensificare i controlli per arrestare le donne che non indosseranno il velo e tutti i "trasgressori" di quella che definiscono la "regola islamica", che ovviamente non esiste. La disobbedienza civile e la rete di protezione attorno alle donne è però aumentata dopo la morte di Mahsa Amini e questo il regime lo sa, anche se mantiene il controllo con la paura.

Un attacco a Israele serve anche a dimostrare alle persone che devono "ancorarsi ai valori della tradizione" perché il nemico vuole destabilizzare il Paese. Sostanzialmente, questo è un modo per dire alla gente: "Il regime è il male minore, noi vi difenderemo da attacchi esterni".

Quello che vorrei far capire all'opinione pubblica è che non vi è alcun vero sostegno alla causa palestinese, perché l'ostilità tra Iran e Israele ha altre radici e un'altra storia ancora. Un governo che toglie la libertà alla sua gente non può volere la libertà di qualcun altro o sostenerla in alcun modo, è un controsenso. Vorrei sottolineare anche un'altra cosa.

Prego.

Ho letto di festeggiamenti nelle piazze di Teheran dopo l'attacco a Israele, ma si tratta di una fetta di popolazione minuscola che è legata agli interessi degli ayatollah. Sto ricevendo centinaia di messaggi di persone che mi dicono: "Siamo l'Iran, non la repubblica islamica". L'Iran vuole la pace, vuole la prosperità e la libertà. La povera gente non vuole la guerra.

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