L’Arabia Saudita assume otto boia per decapitare i condannati in piazza

L'Arabia Saudita assume otto boia. Proprio così: la nazione che – dopo Cina e Iran – condanna a morte il più alto numero di persone ogni anno intende intensificare le esecuzioni per volontà diretta espressa dal nuovo sovrano, re Salman. L'annuncio di "ricerca lavoro" è stato pubblicato ieri: nessuna specifica competenza è richiesta, a parte ovviamente il sangue freddo necessario per decapitare in pubblico delle persone oppure effettuare "semplici" amputazioni di arti qualora il reato sia considerato più lieve.
I boia verrebbero considerati "funzionari religiosi" in quanto dovrebbero sottostare ai tribunali islamici: un'accortezza usata dalle autorità arabe è quella di privilegiare i disoccupati e i poveri. Il reclutamento di un "taglia teste" avviene all'indomani dell'ottantacinquesima esecuzione capitale in meno di cinque mesi. Un trend in deciso aumento, visto che in tutto il 2014 i condannati furono 90.
Gli osservatori internazionali non sanno dare una spiegazione all'escalation di condanne a morte anche se, a quanto pare, l'accelerazione più significativa è stata impressa da Re Salman, salito al trono nel mese di gennaio. I condannati a morte vengono generalmente giustiziati in pubblica piazza, tramite decapitazione, anche se talvolta si opta per la lapidazione e più di rado per la fucilazione. I crimini puniti con la morte sono quelli più violenti (omicidio, stupra) anche se spesso si ricorre alla pena capitale anche per blasfemia, adulterio e spaccio di droga. Solo la metà dei condannati a morte sono sauditi: secondo Human Right Watch gli altri sono pakistani, yemeniti, indiani, siriani, indonesiani, birmani, eritrei, e sudanesi.
L'Arabia Saudita è attualmente il terzo paese al mondo per numero do condanne a morte alle spalle di Cina e Iran e appena davanti a Iraq e Stati Uniti. Attualmente nel mondo sono 22 gli stati dove si pratica la condanna a morte.