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Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

Israele vieta l’ingresso dei materiali d’emergenza a Gaza mentre le piogge allagano le tende degli sfollati

Legname, sacchi di sabbia e pompe idrauliche: materiali vitali per affrontare l’ondata di maltempo sono stati bloccati da Israele al confine. Intanto tende e rifugi vengono inghiottiti dall’acqua, mentre centinaia di migliaia di sfollati restano senza protezione.
A cura di Francesca Moriero
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Legname per puntellare le tende, sacchi di sabbia per frenare l'acqua, pompe idrauliche per liberare le zone allagate. Sono questi i materiali che Israele ha bloccato al confine, impedendone l'ingresso a Gaza proprio mentre una tempesta sta sommergendo i precari insediamenti dove vivono centinaia di migliaia di sfollati. A denunciarlo è l'IOM, l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni dell'ONU, spiegando che quasi 800 mila persone si trovano oggi in aree ad altissimo rischio di allagamento, tra macerie, terreni bassi e nessun sistema di drenaggio.

Una lunga lista di divieti sugli aiuti umanitari

Nei mesi scorsi, qui su Fanpage.it avevamo raccontato una lunga e assurda serie di divieti imposti da Israele sugli aiuti umanitari — restrizioni che Music for Peace aveva denunciato per prima: prima il miele e la marmellata, ritenuti "troppo energetici" per donne e bambini; poi biscotti, zucchero, farine e altri alimenti destinati ai più piccoli; persino le felpe per bambini, bandite dalle linee guida israeliane. Ora la lista degli oggetti vietati si allarga ancora, includendo proprio quei materiali essenziali alla sopravvivenza durante una tempesta invernale.

Frontiere chiuse e camion bloccati

Nel frattempo, come ogni venerdì, Israele ha chiuso i valichi di Kerem Shalom e Al Awja, bloccando l'entrata dei camion dall'Egitto. Centinaia di mezzi sono rimasti fermi nel piazzale di Rafah, mentre all'interno della Striscia le piogge continuano a inghiottire tende, materassi e coperte senza alcuna resistenza all'acqua. Il cessate il fuoco, insomma, non ha portato riparo né tregua: la popolazione resta esposta ai continui bombardamenti, e la situazione umanitaria continua a peggiorare sotto la pioggia.

Il rischio epidemie

Le infrastrutture non esistono più. La gestione dei rifiuti è completamente collassata e l'acqua stagnante moltiplica il rischio di epidemie. Secondo diverse organizzazioni sul campo, più di 140 mila persone erano già state colpite da alluvioni nelle settimane precedenti. Ora la tempesta Byron, la stessa che ha investito Grecia e Cipro, sta trasformando gli insediamenti di fortuna in veri e propri bacini di acqua sporca. E ogni nuova precipitazione diventa un'emergenza nella già totale emergenza.

La distanza tra diplomazia e realtà

Mentre la diplomazia internazionale continua a ripetere formule vuote su un "piano di pace" mai davvero iniziato, sul terreno accade l'esatto contrario. Ieri una bambina e un neonato sono morti di freddo. Morti perché a Gaza non ci sono pareti, coperte asciutte, felpe né assi di legno, perché tutto ciò che servirebbe a ripararsi è bloccato ai confini.

"Le famiglie stanno cercando di proteggere i loro figli con qualsiasi cosa abbiano", ha dichiarato la direttrice generale dell'OIM, Amy Pope. "Serve accesso immediato e senza ostacoli". Ma l'accesso continua a essere chiuso. E chiuso rimane anche il significato più elementare della parola "umanitario". Finché un sacco di sabbia diventa un oggetto proibito, non si può parlare di pace. Nemmeno per sbaglio.

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