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Iran: panoramica sugli otto candidati in corsa alle elezioni presidenziali

Il 14 giugno si vota per rinnovare la presidenza della Repubblica Islamica Iraniana: ecco chi sono gli otto candidati in corsa, tra conservatori, fedeli intellettuali, riformisti e un outsider.
A cura di Enrico Campofreda
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Via donne, via contestatori e candidati scomodi anche dal nome e trascorsi blasonati come Rafsanjani che è un ayatollah di rango. Oppure vicini a chi il potere lo ha ancora, come Mashaie, fedelissimo del presidente uscente Ahmadinejad che vuol ricorrere agli organi di giustizia per riammettere il suo pupillo. Il Consiglio dei Guardiani della Costituzione ha terremotato la ciclopica lista di candidati alla presidenza della Repubblica Islamica Iraniana. Per le consultazioni del 14 giugno prossimo alla popolazione resta da scegliere fra otto nomi. Guardiamone alcuni dettagli.

I CONSERVATORI – C’è un blocco che si può definire conservatore basato su quattro uomini vicinissimi alla Guida Suprema. Uno gli è addirittura suocero: Gholamali Haddad-Adel la cui figlia è diventata moglie di Mojbata, il rampollo di Ali Khamenei. Ma difficilmente la parentela acquisita riuscirà ad accreditare questo sessantottenne la cui debolezza sta nello scarso curriculum rivoluzionario. Delle sue gesta successive alla Rivoluzione Khomeinista si sa poco, può solo vantare d’esser stato speaker parlamentare dal 2004 al 2008, il primo laico a vestire quel ruolo. Ben più solida la posizione di Mohammad Baqer Qalibaf, sindaco di Teheran, una carica che porta bene perché con quella Ahmadinejad iniziò la propria scalata ai vertici del potere. Proprio la linea economica del presidente uscente è stata oggetto dell’aperta critica sferrata dall’ex pilota d’élite della Guardia Rivoluzionaria; di questa pubblica presa di posizione avrà gioito Khamenei che vuole disfarsi di tutto il clan Ahmadinejad. Qalibaf è un tuttofare: continua a pilotare aerei per Iran Air e ha una cattedra all’Università di Teheran. Altro pezzo forte dello schieramento è Ali Akbar Velayati rivoluzionario della prim’ora, ovviamente non più giovane (68 anni) e vicinissimo alla Guida Suprema di cui è stato consigliere dal 1997. Dicono sia così introdotto nelle stanze dei bottoni da essere definito “Mister io posso”. Riesce a far concedere tutto o quasi. Il bagaglio di questo medico forgiato dalla politica può vantare esperienze significative: è stato dal 1981 al 1997 ministro degli Esteri. Completa il quartetto Mohsen Rezai, 59 anni, un generale maggiore che ha guidato per 15 anni il Corpo delle Guardie Islamiche, i famosi Pasdaran. Su di lui pesa il sospetto del coinvolgimento dell’attentato al Centro ebraico di Buenos Aires nel 1994 che fece 85 vittime. Per questo è stato ricercato dall’Interpol. Candidandosi alle presidenziali del 2009 ottenne l’1.7% di preferenze che lo fece adirare e aderire alla denuncia di brogli. Ma poi rivide tale posizione. I malumori verso Ahmadinejad però continuano: anche lui ha lanciato critiche alla politica economica dell’attuale amministrazione e questo lo fa ben volere a Khamenei.

GLI INTELLETTUALI FEDELI – Così possiamo definire il quarantottenne Saeed Jalili attuale capo negoziatore per la controversa questione nucleare. La sua fedeltà risiede nella militanza basij con cui giovanissimo difese la nazione durante il conflitto con l’Iraq, dagli ideali di vita semplice nonostante gli incarichi acquisiti. Stessa fedeltà alla causa per Hassan Rowhani (64 anni) egualmente coinvolto nelle trattative sull’energia atomica con le delegazioni dell’Unione Europea. Rowhani, che ha studiato all’Università di Glasgow e parla fluentemente molte lingue, è l’unico candidato chierico in lizza. Risulta essere un moderato sebbene in occasione delle manifestazioni studentesche del 1999 contro il governo avesse parlato di pena di morte per i contestatori. Posizione alleggerita nella ben più dura ribellione del 2009 quando invece criticò la repressione delle proteste.

IL RIFORMISTA – L’ingegnere di Yazd (51 anni) che ha studiato all’Università di Stanford Mohammad Reza Aref ha vissuto le speranze di rinnovamento delle precedenti presidenziali. Differentemente dai Moussavi e Kharoubi, sicuramente più esposti di lui, non subì gli attacchi dei supporter di Ahmadinejad e della Guida Suprema perché considerato un moderato. L’uomo non è privo di colpi a effetto che coinvolgono la sua vita privata. Ultimamente l’apparizione pubblica della moglie, e potenziale first lady, con abiti islamici da fashion in luogo del classico chador hanno fatto sbizzarrire i media occidentali sulle possibile aperture del consorte. Silenzio nei palazzi del potere.

L'OUTSIDER –  Mohammad Gharazi (72 anni) è un nome dal passato non illustre nello scenario dell’Iran islamico sebbene sia stato ministro del petrolio e delle telecomunicazioni. Durante l’attività giovanile sotto il regime dello Shah era finito in prigione, come peraltro milioni d’iraniani, precedente che costituisce un valore. Chi lo conosce lo descrive come un moderato fuori dal sostegno e dai finanziamenti della politica che conta.

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