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India-Pakistan, perché è necessaria la de-escalation per evitare una guerra totale tra le due potenze nucleari

I raid indiani contro il Pakistan rappresentano l’episodio più grave dal 1999 nel conflitto irrisolto che va avanti da 70 anni soprattutto per il controllo del Kashmir. La risposta di Islamabad sarà centrale per capire se davvero entrambi i paesi hanno interesse a puntare su una de-escalation o il conflitto può estendersi tra le due potenze nucleari.
A cura di Giuseppe Acconcia
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L’India ha avviato lo scorso mercoledì l’“Operazione Sindoor” con un attacco ad ampio raggio contro nove siti in Pakistan, in Punjab e nel territorio di confine conteso del Kashmir. Il bilancio è di più di 30 morti, tra cui un bambino di sette anni, e oltre 57 feriti.

Secondo le autorità pachistane, gli attacchi indiani hanno colpito il capoluogo del Kashmir pakistano, Muzaffarabad, la località di Bagh e le città di Muridke e Bahawalpur in Punjab. Per il premier pachistano, Shehbaz Sharif, cinque jet indiani sarebbero stati abbattuti.

Secondo New Delhi, lo scorso 22 aprile, 26 persone, in prevalenza turisti, sarebbero state uccise nella stessa regione a Pahalgam per mano di un gruppo considerato terroristico dall’India, “Resistenza del Kashmir”, forza secolare vicina al più noto Lashkar-e-Taiba, responsabile di gravi attentati in India.

Le autorità di Islamabad hanno fatto sapere che sono pronte a dare il via libera a un attacco di pari entità contro il paese vicino. Il Pakistan ha già risposto con un primo attacco nel Kashmir indiano causando 15 vittime. In seguito all’attentato di aprile, l'India ha sospeso temporaneamente il Trattato delle acque dell’Indo che da 65 anni regola la distribuzione e l'utilizzo dell'acqua del sistema fluviale nei due paesi.

Questo è solo l’ultimo episodio di un confitto militare che dura da quasi settant’anni tra le due potenze nucleari.

Il rischio di un’escalation nucleare

Le possibilità che il conflitto tra India e Pakistan si allarghi sono dietro l’angolo ma non devono essere esagerate perché nessuno dei due paesi avrebbe vantaggi da una guerra su larga scala. E così alcuni analisti sostengono che India e Pakistan sarebbero già pronti ad accordarsi per fermare le tensioni.

“Entrambi i paesi hanno la bomba atomica. Non andranno oltre un certo limite perché uno o l’altro la potrebbe usare e sarebbe un disastro totale. E nessuno si assume la responsabilità di creare una catastrofe nucleare oggi”, ci ha spiegato la docente di Storia dell’Asia dell’Università di Torino, Marzia Casolari.

“Sono entrambi paesi imprevedibili fin dalla prima guerra tra India e Pakistan. Escluderei una guerra di grande portata perché non conviene a nessuno in questo momento. In particolare, non converrebbe al Pakistan che non è uno stato forte”, ha aggiunto la docente.

“E poi una guerra nucleare non conviene neanche agli Stati Uniti. Ci sono tante remore, veri e propri taboo nei confronti dell’arma nucleare che funziona più come deterrente che come minaccia concreta”, ha aggiunto Casolari. Eppure, le tensioni tra i due paesi degli ultimi giorni sono le più gravi dal 1999. “Sì, è l’episodio più grave perché nel 2019 ci furono scontri tra aviazioni, questa volta è diverso: l’India ha bombardato il territorio pachistano in più punti. Ma la mediazione ci può essere. Il vero problema è l’occupazione del Kashmir da parte dell’esercito indiano che compromette l’economica locale”, ha concluso la docente.

Dalla guerra del Kashmir del 1947 alle tensioni degli anni Duemila

La partizione dell’India, a maggioranza hindu ma con un’importante minoranza di musulmani, e del Pakistan, a maggioranza musulmana, colonie inglesi fino al 1947, ha subito prodotto una disputa sul controllo della regione di confine del Kashmir. L’intervento delle Nazioni Unite nel 1949 portò a un cessate il fuoco che determinò il controllo di entrambi i paesi su parte del Kashmir, a maggioranza musulmana ma tradizionalmente governata dagli hindu. La parte indiana ha goduto fino al 2019 di un’ampia autonomia da New Delhi, revocata dal premier nazionalista Narendra Modi.

È del 1965, l’avvio della seconda guerra del Kashmir. L’esercito pachistano entrò nella parte di territorio controllata dall’India provocando un’incursione militare indiana. I combattenti si estesero rapidamente con il coinvolgimento di soldati e delle forze aeree dei due paesi. Mentre nuove tensioni vennero innescate nel 1971 quando gruppi indipendentisti nella parte orientale del Kashmir, controllata dal Pakistan, combattevano per l’indipendenza dal governo federale. Migliaia di persone sono morte nel conflitto dopo l’intervento indiano al fianco dei combattenti che
produsse la secessione del Pakistan dell’Est e la creazione del Bangladesh.

Il ritorno delle ostilità è del 1999 quando i due paesi si sono scontrati sulle alture del Kargil dopo che le truppe pachistane si sono infiltrare nella parte del Kashmir amministrata dall’India. In quella fase entrambi i paesi si erano già dotati dell’arma nucleare mentre crescevano i rischi di una guerra nucleare regionale. Anche questo conflitto provocò centinaia di morti fino all’accordo per il cessate il fuoco raggiunto nel 2003.

Le ultime tensioni tra i due paesi risalgono al 2016 e al 2019. Nel primo caso, l’India ha condotto “attacchi mirati” contro i gruppi militanti islamisti in Pakistan dopo un attacco a mano armata, mai rivendicato da Islamabad, alla base militare indiana nella regione di Uri in Kashmir. Nel secondo caso, l’India ha attaccato il campo di addestramento di Balakot in Pakistan dopo l’attacco kamikaze di Pulwama in Kashmir. In risposta, le autorità di Islamabad hanno lanciato un attacco aereo in India che ha innescato uno scontro tra le due forze aeree con la presa in ostaggio di un pilota indiano, in seguito rilasciato.

I gruppi attivi in Kashmir

Il principale gruppo combattente, radicato nell’islamismo radicale, nella regione contesa del Kashmir è il Lashkar-e-Taiba o “esercito dei puri”, fondato nel 1990, è un gruppo illegale in Pakistan dal 2002. Il suo fondatore, Hafiz Saeed, è stato condannato nel 2019 a 31 anni di carcere. Jaish-e-Mohammad, l’“esercito del profeta”, è invece noto per i suoi collegamenti con i Talebani afghani. Il fondatore del gruppo, Maulana Masood Azhar, ha fatto sapere che dieci membri della sua famiglia sono morti nei raid indiani dello scorso mercoledì. Meno significativi ma ancora attivi nella regione sono gli altri gruppi Hizbul Mujahideen, al-Badr e Ansar Ghazwat-ul-Hind, affiliato locale di al-Qaeda.

Infine, c’è il nuovo gruppo secolare “Resistenza del Kashmir”, che ha realizzato l’attentato dello scorso aprile in India. Al di là delle responsabilità pachistane dirette o meno nell’attentato, ci sono altre ragioni che hanno spinto questi militanti ad agire contro gli interessi indiani in Kashmir.

“I militanti di Resistenza del Kashmir hanno delle modalità diverse rispetto ai Laskar-e-Taiba. Sin dal loro nome non utilizzano una terminologia né una simbologia legata all’islamismo radicale. Ma rivendicano di non poter perdere le leve economiche dello stato. Quindi è la situazione in Kashmir ad esacerbare i movimenti autonomisti”, ha aggiunto la docente Marzia Casolari. “Per esempio, prima della fine dell’autonomia della regione nel 2019, voluta da Modi, era vietato a soggetti esterni e stranieri di investire soprattutto nel settore turistico”, ha spiegato la docente. Quindi sono numerosi gli interessi economici ora in gioco in una delle regioni più turistiche al mondo.

Tra capacità militare e nucleare

Nonostante il Pakistan abbia assicurato che l’attacco dello scorso mercoledì non rimarrà senza risposta, non ci sono segni che i due paesi vogliano impegnarsi in una guerra su larga scala. “Nessuno vuole la guerra”, ha detto il portavoce del partito di Modi, Nalin Kohli. La capacità militare indiana appare maggiore di quella pachistana per numero di soldati, spese militari, mezzi e tecnologia. Il Pakistan, che attraversa una fase di debolezza economica e politica, ha forze militari meno distribuite sull’intero territorio.

Entrambi i paesi posseggono armi nucleari, stimate in circa 170 testate ognuna. Il tema nucleare è centrale per gli equilibri regionali in Asia centrale. Anche il vicino Iran vorrebbe dotarsi di una capacità nucleare per scopi civili. Questi progetti sono sempre stati osteggiati dalla comunità internazionale che ha imposto sanzioni contro l’Iran, che ha ottime relazioni commerciali e diplomatiche con Cina e India.

Eppure, nel 2015 è stato raggiunto un accordo sul programma nucleare con la mediazione dei paesi del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con la Germania (P5+1), da cui Trump decise di ritirarsi unilateralmente nel 2018. Dopo l’avvio del secondo mandato, il presidente Usa ha rilanciato un negoziato per un accordo sul programma nucleare iraniano, con la mediazione dell’Oman, ma i risultati sono ancora incerti e resta la dura opposizione israeliana a un’intesa con l’Iran che scongiurerebbe un attacco diretto su larga scala tra i due paesi, dopo i raid reciproci del 2024.

Le dinamiche geopolitiche

L’India è un alleato importante per gli Stati Uniti di Trump, impegnati nella guerra dei dazi con la Cina, vicina al Pakistan. Mentre le autorità indiane vedono con malumore l’estensione degli interessi commerciali di Pechino nell’area. Sia Modi sia Trump, che ha però duramente condannato l’attacco di New Delhi, incarnano un discorso populista e nazionalista che ha permesso trattative in discesa tra i due paesi in tema di dazi. D’altra parte, il Pakistan è stato considerato per decenni come il partner ideale di Washington nella lotta contro il terrorismo internazionale.

Gli Usa hanno usato ampiamente il territorio pachistano nella guerra che hanno condotto dal 2001 e fino al loro ritiro dall’Afghanistan. Proprio in Pakistan venne intercettato e ucciso l’ex leader di al-Qaeda, Osama bin Laden. Tuttavia, le autorità pachistane hanno accusato gli Stati Uniti di Trump di non esercitare fino in fondo il loro ruolo di mediazione tra i due paesi rispetto all’impegno profuso in questo senso dal suo predecessore, Joe Biden.

I raid indiani ad ampio raggio contro il Pakistan rappresentano l’episodio più grave dal 1999 nel conflitto irrisolto che va avanti da 70 anni soprattutto per il controllo del Kashmir. La risposta di Islamabad sarà centrale per capire se davvero entrambi i paesi hanno interesse a puntare su una de-escalation o il conflitto può estendersi tra le due potenze nucleari.

Una guerra tra India e Pakistan potrebbe determinare il coinvolgimento anche di Stati Uniti e Cina che invece in queste ore cercano di smorzare i toni per evitare che un’altra guerra regionale degeneri in una “guerra totale”, come paventato dalla Turchia di Erdogan.

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Giuseppe Acconcia è giornalista professionista e docente. Insegna Stato e Società in Nord Africa e Medio Oriente all’Università di Milano e Geopolitica del Medio Oriente all’Università di Padova. Dottore di ricerca in Scienze politiche all’Università di Londra (Goldsmiths), è autore tra gli altri de “Taccuino arabo” (Bordeaux, 2022), “Le primavere arabe” (Routledge, 2022), Migrazioni nel Mediterraneo (FrancoAngeli, 2019), Il grande Iran (Padova University Press, 2018).
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