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In Spagna il potere mostra i denti: arresti, scontri tra polizia e pompieri, leggi liberticide

Centomila persone a Madrid, centinaia di migliaia in tutta la Spagna. Cortei variegati e affollati hanno percorso le strade pacificamente, ma non sono mancati gli scontri. Stavolta, però. a proteggere i manifestanti ci hanno provato i Vigili del Fuoco.
A cura di Anna Coluccino
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manifestazione spagna scontri 19 luglio

I conti sono drammaticamente in rosso, il ministro dello sviluppo spagnolo afferma che "il paese non ha un soldo in cassa per pagare i servizi pubblici e se la Bce non avesse comprato i titoli di Stato, il Paese sarebbe fallito" ma dimentica di dire che se i conti sono drammaticamente in rosso non è per le spese di sostegno allo stato sociale o per il mantenimento in vita di diritti conquistati a costo di decenni di lotte, ma per i folli costi di salvataggio richiesti da enti bancari spagnoli resisi colpevoli di insensate, rischiosissime speculazioni andate a male; dimentica di dire che è per salvare quelle banche (i cui dirigenti sono stati lautamente compensati e congedati con onore) che un intero paese viene messo in ginocchio. A pagare è il popolo naturalmente e – nello specifico – le classi meno abbienti e la classe media. Guai a toccare i privilegi! D'altronde, è proprio nella classe dei privilegiati che siedono comodi i colpevoli del crack delle banche spagnole, chi potrebbe mai toccarli?

Eppure le cose non sono sempre andate così, il popolo islandese – ad esempio – ha rifiutato il ricatto del Fondo Monetario Internazionale ed è sopravvissuto. Altro contesto, altra vicenda – è chiaro – ma serve a seminare ancora e sempre il dubbio che, forse, la cura della Troika non è l'unica possibile; una cura che ha portato al 24% il tasso di disoccupazione, con picchi che – in alcune zone – vanno oltre 32%; una cura che ha imposto 65 miliardi di euro di tagli ai servizi, agli stipendi, allo stato sociale, alla scuola, alla sanità, il tutto per portare il rapporto deficit/pil al 3% entro il 2016, ma senza la minima cura per la disperazione popolare, il malcontento dilagante, le voci si rabbia che si levano dalle piazze, i confronti durissimi tra il popolo e il potere politico cui non si riconosce – ormai – nessuna autorevolezza. Del resto, secondo le previsioni (per altro spesso sballate) del FMI, la Spagna – così come l'Italia e la Grecia – dovrebbe attendere il 2020 per ritrovare il tenore pre-crisi, ma, nel frattempo, nessuno si è curato di far sapere al popolo come dovrebbe fare ad arrivare vivo fino ad allora.

E allora ecco che gli scontri, i conflitti, gli arresti e i feriti diventano inevitabili. Com'è accaduto ieri notte e continua ad accadere in queste ore: migliaia e migliaia di persone hanno affollato e affollano le strade di 90 città, è mezza Spagna che sceglie di dire "no".  Lo fanno i minatori della Asturie e, in queste ore, alla loro protesta si aggiunge l'energica voce di maestri, professori, infermieri, medici, sindacati, ricercatori, pensionati, studenti, poliziotti, pompieri e decine di altre categorie che da mesi vengono non solo martoriate, ma persino sbeffeggiate dalle autorità – rappresentanti eletti dal popolo che hanno la faccia tosta di mandare i dipendenti pubblici (letteralmente) "a farsi fottere". La risposta delle forze dell'ordine, malgrado la presenza dei colleghi all'interno del corteo, è rimasta identica a se stessa: caricare. Ma, stavolta, a proteggere la folla c'erano i vigili del fuoco che – scesi in piazza contro i tagli – si sono apertamente scontrati con la polizia in difesa dei manifestanti. Il corpo dei pompieri ha, inizialmente, approntato un cordone di difesa del corteo tentando una mediazione con la polizia per ottenere che la protesta giungesse al Parlamento. Niente da fare. Le cariche sono partite lo stesso, altissima la tensione, decine i feriti, sette gli arresti totali tra cui un pompiere.

In buona sostanza, per quanto il potere tenti di proteggere il "palazzo", anche attraverso l'emanazione di leggi liberticide, la folla degli scontenti aumenta, così come aumenta la coscienza rispetto alle dinamiche che hanno portato alla situazione attuale. E una folla cosciente e disperata è difficile da fermare, e così al potere non resta che l'utilizzo della forza combinato a interventi di tipo legislativo che consentano "l'arresto preventivo". L'attacco alle libertà individuali è già cominciato: il governo ha appena messo fuori legge la "resistenza passiva", l'"offesa all'autorità", l'organizzazione – anche via Internet – di eventi potenzialmente pericolosi per l'ordine pubblico. Appare chiaro, insomma, che al di là delle formulazioni, la legge potrebbe colpire tutti, indiscriminatamente. Potrebbe bastare un evento su Facebook, potrebbe bastare il rifiuto a lasciare una piazza, un'invettiva lanciata contro un qualche pubblico ufficiale o un'intensa attività politica per essere bollati come recidivi e finire – preventivamente – in carcere, o come minimo essere condannato a svolgere lavori socialmente utili. Eppure, almeno a giudicare dalle prime reazione, non sembra che questi provvedimenti abbiano sortito l'effetto di sedare gli animi degli spagnoli. Anzi.

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