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Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

In Israele protesta nazionale per la “fine della guerra” a Gaza, bloccata l’autostrada a Tel Aviv

In Israele è la giornata di proteste nazionali per chiedere al governo Netanyahu di accettare l’offerta di cessate il fuoco e liberare gli ostaggi, invece di proseguire gli attacchi su Gaza. Ma da questa mattina i bombardamenti non si sono fermati: almeno venti le vittime, tra cui diversi bambini.
A cura di Luca Pons
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Oggi in Israele giornata nazionale di proteste, organizzata dall'associazione delle famiglie degli ostaggi. L'obiettivo dei partecipanti è mettere pressione al governo Netanyahu perché accetti un accordo per il cessate il fuoco a Gaza e metta fine agli attacchi, in modo da liberare gli ostaggi israeliani rapiti da Hamas. Finora, invece, il governo ha messo al primo posto tra le priorità l'occupazione militare della Striscia di Gaza e lo sterminio o la deportazione della popolazione palestinese. Gli attacchi militari non si sono fermati: le vittime da questa mattina sono già venti, tra cui diversi bambini e un'intera famiglia di cinque persone. E resta la richiesta di spiegazioni per l'attacco all'ospedale Nasser di ieri, in cui sono morte venti persone tra cinque giornalisti.

Protesta in Israele per gli ostaggi: "Il governo accetti l'accordo per la tregua"

Questa mattina la protesta a Tel Aviv è iniziata alle ore 6.29, l'orario in cui era partito l'attacco del 7 ottobre 2023: a quell'ora, i partecipanti alla protesta hanno srotolato grandi bandiere di Israele davanti all'ambasciata statunitense. Non è ufficialmente una giornata di sciopero generale, ma molti non si presenteranno al lavoro o usciranno prima. In diversi casi, questo avverrà con il benestare delle aziende. L'High-Tech Forum, un'associazione che rappresenta diverse aziende tecnologiche del Paese, ha dichiarato: "C'è un accordo sul tavolo, eppure Israele si rifiuta di negoziare per il ritorno degli ostaggi. Non possiamo arrenderci".

Sempre nella capitale, i manifestanti già nelle prime ore della mattina hanno bloccato l'autostrada Ayalon. Dalle 14 è previsto l'inizio di marce in molte città del Paese, e questa sera una grande marcia a Tel Aviv, che terminerà nella Piazza degli Ostaggi.

Molti dei parenti degli ostaggi hanno risposto alle domande dei giornalisti, prima dell'inizio delle proteste. "Portare avanti il piano per la conquista di Gaza mentre c'è un accordo fermo sul tavolo che aspetta la firma del primo ministro è una coltellata al cuore delle famiglie e dell'intera nazione", ha dichiarato Itzik Horn, padre di un ostaggio già rilasciato e di uno ancora detenuto nella Striscia. "Più dell'ottanta per cento della popolazione vuole finire la guerra e raggiungere un accordo sugli ostaggi. Tutta Israele vuole mettere fine a questo incubo", ha aggiunto Yehuda Cohen, padre di un ostaggio, Nimrod Cohen.

Il primo ministro Netanyahu però ha detto che il governo accetterà solamente un accordo che preveda la liberazione di tutti gli ostaggi nello stesso momento. La scorsa settimana, Hamas ha accettato un compromesso che porterebbe a liberare la metà degli ostaggi ancora in vita, ovvero dieci persone. Pochi giorni dopo, l'esercito israeliano ha iniziato l'invasione di Gaza City. Oggi il gabinetto di sicurezza israeliano si riunirà al completo.

Attacchi nella Striscia, 20 vittime. AP e Reuters chiedono risposte sui cinque giornalisti uccisi

L'offensiva nella Striscia, intanto, continua e le vittime civili aumentano. Solo da questa mattina sono almeno venti i morti, uccisi da raid aerei. Nel campo profughi a nord di Khan Younis, il bombardamento ha ucciso sei persone, inclusa una famiglia intera: padre, madre e tre figli. Una madre e il figlio sono morti nell'attacco a un edificio che ospitava famiglie sfollate nella Striscia centrale; nella stessa zona, l'attacco di un drone sulle tende di alcuni profughi ha ucciso un uomo e sua moglie. I bombardamenti si sono intensificati anche su Gaza City, dove tra le vittime degli attacchi aerei c'è stato un bambino.

Prosegue anche l'indignazione internazionale per l'attacco all'ospedale Nasser, che il primo ministro Netanyahu ha definito un "incidente", nonostante la struttura sia stata colpita con due missili a pochi minuti di distanza. Le vittime sono state almeno venti, e tra di loro cinque giornalisti.

Tra i giornalisti uccisi, alcuni lavoravano per Associated Press e Reuters, tra le agenzie di stampa più importanti al mondo. Le agenzie hanno inviato una lettera ai funzionari israeliani, in cui hanno chiesto ufficialmente una spiegazione: "Siamo indignati per il fatto che giornalisti indipendenti siano stati tra le vittime di questo attacco all'ospedale, un luogo protetto dal diritto internazionale. Questi giornalisti erano presenti nell'esercizio della loro professione, svolgendo un lavoro fondamentale e testimoniando. Il loro lavoro è particolarmente vitale alla luce del divieto imposto da Israele, che dura da quasi due anni, all'ingresso di giornalisti stranieri a Gaza".

Le testate hanno aggiunto che "la volontà e la capacità dell'Idf", cioè le forze armate israeliane, "di indagare autonomamente su incidenti passati raramente si traducono in chiarezza e azioni concrete". Questo porta "seri interrogativi, tra cui se Israele stia deliberatamente prendendo di mira le trasmissioni in diretta per sopprimere informazioni".

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