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Il taglio dello stipendio equivale al licenziamento. Lo dice la Corte di Giustizia UE

I giudici europei sono stati chiamati a valutare il caso di un’azienda in Spagna: il rifiuto del dipendente ad accettare la modifica unilaterale non rappresenta una giusta causa per la risoluzione del contratto.
A cura di Biagio Chiariello
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Rifiutare una significativa riduzione del proprio stipendio non rappresenta un motivo valido per risolvere un contratto di lavoro. E’ quanto ha stabilito  la sentenza della Corte di giustizia europea in riferimento  alla causa 422-12 emessa l’11 novembre 2015 riguardante un lavoratore portoghese di una società spagnola. “Il fatto che un datore di lavoro proceda, unilateralmente e a svantaggio del lavoratore, a una modifica sostanziale degli elementi essenziali del contratto per ragioni non inerenti al lavoratore stesso rientra nella nozione di licenziamento", spiegano i giudici. E ancora la Corte UE scrive che “la risoluzione di un contratto di lavoro in seguito al rifiuto del lavoratore di acconsentire alla modifica costituisce un licenziamento ai sensi della direttiva sui licenziamenti collettivi”.

La Corte di Giustizia europea era stata chiamata a esprimere un giudizio sul caso di un dipendente di un'azienda spagnola, la Gestora Clubs, che aveva chiuso numerosi contratti di lavoro con tempi e modalità diverse, in un primo momento era toccato a 10 lavoratori e poi altri 27 con una risoluzione contrattuale. Il lavoratore in questione chiedeva l'applicazione della legge sui “licenziamenti collettivi” prevista in Spagna (si tratta della risoluzione di contratti di lavoro per cause oggettive, qualora, nell’arco di un periodo di 90 giorni, tale risoluzione riguardi almeno il 10 % del numero di lavoratori).

L'azienda però ha rifiutato, avendo chiuso dei contratti anche con il consenso di alcuni dipendenti. Tra loro, c’era una lavoratrice che aveva accettato la risoluzione consensuale dopo aver rifiutato una riduzione in busta paga del 25%. Ma, scrivono i giudici europei, in questo caso la cessazione del rapporto di lavoro "è imputabile alla modifica unilaterale apportata dal datore di lavoro a un elemento sostanziale del contratto per ragioni non inerenti alla persona della lavoratrice stessa. Tale cessazione -conclude la Corte -. costituisce quindi un licenziamento".

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