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Guerra in Ucraina

Il prigioniero castrato e la strage di Yelenovka: perché la versione russa non sta in piedi

I russi dicono che il prigionieri ucraini a Yelenovka sono stati uccisi da missili americani e che il video del soldato castrato con un taglierino da un miliziano ceceno è un falso: i motivi per cui non possiamo credere a nessuna delle due versioni.
A cura di Daniele Angrisani
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Sono giorni davvero oscuri in Ucraina, Paese dove la guerra sta mostrando la sua faccia più feroce. Nel giro di due giorni sono apparsi prima un video di orribili torture di un prigioniero ucraino, e poi vi è stato un attacco contro un campo di detenzione di prigionieri ucraini che ha causato la morte di decine di persone.

Gli eventi di questi giorni sono la dimostrazione che in questa guerra non esiste più alcuna morale (se mai ve ne sia stata una), e che le violazioni dei diritti umani ed i crimini contro l’umanità sono sempre più comuni.

La versione russa della strage di Yelenovka

La mattina di venerdì 29 luglio, Yelenovka, una cittadina a 40 chilometri a nord-est di Donetsk, nella zona controllata dai separatisti, è stata oggetto di un attacco missilistico. Ad essere stata colpita, in particolare, è una caserma che si trova nel campo di prigionia vicino alla città, dove sono detenuti parecchi prigionieri di guerra ucraini, in particolare membri del reggimento Azov arresisi a Mariupol.

Secondo le autorità separatiste filorusse, l'attacco è stato effettuato con un sistema HIMARS, i cui missili GMLRS avrebbero colpito direttamente la caserma in cui erano rinchiusi i prigionieri; di conseguenza, almeno 53 prigionieri ucraini sono stati uccisi e altri 75 feriti, secondo le stime fornite dai separatisti.

Secondo il Ministero della Difesa della Federazione Russa, sarebbero rimasti feriti anche 8 dipendenti del centro di detenzione, ma questa informazione è stata poco dopo smentita dalle autorità separatiste, in particolare dalla cosiddetta “commissaria per i diritti umani” della Repubblica separatista di Donetsk, Daria Morozova, che ha affermato che non ci sono state vittime tra il personale di sicurezza del campo di prigionia.

Mosca ha immediatamente definito l'incidente come una "palese provocazione" da parte dell’Ucraina. Il Ministero della Difesa russo ha suggerito che il bombardamento sia stato effettuato per intimidire i militari ucraini che sono pronti ad arrendersi – secondo la propaganda russa, infatti, ora sono sempre di più i soldati ucraini che "depongono volontariamente le armi, riconoscendo l'atteggiamento umano nei confronti dei prigionieri di guerra da parte russa".

Anche il presidente della Repubblica autoproclamata di Donetsk, Denis Pushilin, ha affermato che l'Ucraina ha attaccato deliberatamente il campo di prigionia, ma fornendo una versione leggermente diversa da quella delle autorità russe.

“Ovviamente, questo è stato un bombardamento deliberato con il desiderio di uccidere coloro che, in particolare tra i prigionieri di Azov, che hanno iniziato a testimoniare le atrocità commesse sotto ordine di Kyiv. Ci sono già molte testimonianze: alcune sono state rese pubbliche, molte altre sono state registrate dalle nostre autorità inquirenti ", ha affermato Pushilin.

Molti dei prigionieri detenuti nel campo di prigionia di Yelenovka sono infatti ex combattenti del reggimento Azov che si sono arresi a Mariupol a metà maggio dopo una eroica resistenza nell’impianto Azovstal durata circa due mesi.

All’epoca i politici e media ucraini avevano definito la resa come una "operazione di evacuazione", assicurando che nel prossimo futuro i militari sarebbero tornati nel territorio controllato dall'Ucraina dopo scambi di prigionieri.

Al momento però praticamente nulla di tutto questo è avvenuto e sia le autorità russe che quelle separatiste hanno negato qualsiasi piano di scambiare i combattenti prigionieri di Azovstal, ad eccezione di pochi (i più malati e feriti) che sono già stati scambiati a metà luglio.

La versione ucraina della strage di Yelenovka

A sua volta, lo Stato Maggiore delle Forze Armate ucraino ha subito accusato la Russia di aver bombardato il campo di prigionia.

Si sarebbe trattato, secondo il comando di Kyiv, di un attacco “mirato ed intenzionale”, con cui “gli occupanti russi intendono perseguire i loro obiettivi criminali: accusare l'Ucraina di aver commesso crimini di guerra, nonché nascondere le prove di torture dei prigionieri di guerra e di esecuzioni extragiudiziali".

Lo Stato Maggiore ha ribadito che l'esercito ucraino "non ha mai lanciato razzi e mai lo farà contro infrastrutture civili, men che meno contro luoghi in cui è probabile che siano detenuti prigionieri di guerra" ucraini. "Le truppe missilistiche e l'artiglieria delle Forze Armate ucraine, grazie alle armi di alta precisione ricevute dai Paesi partner, effettuano attacchi esclusivamente precisi solo contro le strutture militari russe”.

Anche il Ministro degli Esteri ucraino, Dmitro Kuleba, è intervenuto, invitando la comunità internazionale a “condannare questa grave violazione del diritto umanitario internazionale e riconoscere la Federazione Russa come uno Stato terrorista".

(Ricordiamo che solo pochi giorni fa il Senato americano aveva approvato all’unanimità un progetto di risoluzione non vincolante in cui chiedeva al Dipartimento di Stato americano di riconoscere la Russia come Stato sponsor del terrorismo).

Anche Mikhailo Podolyak, uno dei principali consiglieri del presidente ucraino Zelensky, ha affermato che non avrebbe avuto alcun senso per Kyiv bombardare il campo di prigionia di Yelenovka in quanto “non ci sono obiettivi militari operativi per l'esercito ucraino" in quella zona.

Podolyak ha quindi definito l'incidente una "azione organizzata pianificata" da parte della Russia, indicando come prova la campagna di disinformazione partita immediatamente dopo l’attacco da parte dei propagandisti russi.

In serata, il Servizio di sicurezza ucraino, le Forze armate, la Direzione dell'intelligence militare e il Commissario parlamentare per i diritti umani hanno rilasciato una dichiarazione congiunta nel quale hanno condannato l'attacco missilistico al campo di prigionia di Yelenivka come "cinico atto terroristico [da parte] della Federazione Russa, una provocazione militare".

La dichiarazione invita inoltre le Nazioni Unite e il Comitato internazionale della Croce Rossa a "rispondere immediatamente" ed inviare rappresentanti a Yelenivka per condurre un'inchiesta indipendente.

Ma non tutti a Kyiv hanno reagito in maniera così composta. Il primo comandante e fondatore del reggimento Azov, il nazionalista Andrei Biletsky, ha affermato che "il comando russo ha deciso il massacro di prigionieri come vendetta per le azioni dell'esercito ucraino".

“La Russia non ha potuto sconfiggere Azov in un combattimento leale; quindi, sta cercando di distruggerci con il tradimento. Io, a nome delle divisioni Azov, dichiaro aperta la caccia a tutti coloro che sono coinvolti nel massacro. Ogni esecutore ordinario e ogni organizzatore, indipendentemente dalla posizione e dal luogo di residenza, sarà responsabile. Ovunque vi nasconderete, verrete trovati e sterminati", ha scritto Biletsky su Telegram.

Tutti i dubbi su quanto accaduto

Nella sua dichiarazione Podolyak ha fatto notare, tra le altre cose, il fatto che alcuni dei prigionieri di Azov siano stati trasferiti nella caserma distrutta solo pochi giorni prima del bombardamento, specificando che Kyiv “non si spiega il perché di questa decisione”.

Questa cosa è stata implicitamente confermata anche da fonti separatiste, come la Morozova, che ha però aggiunto che è stata la stessa Ucraina ad aver insistito per il trasferimento dei prigionieri Azov in questa struttura di detenzione.

Anche il vicecomandante dell'autoproclamata milizia popolare di Donetsk, Eduard Basurin, ha affermato che l'Ucraina sapeva dove erano detenuti i prigionieri. Nessuno dei due esponenti separatisti è stato comunque in grado di mostrare prove a supporto delle proprie dichiarazioni.

Francamente è alquanto improbabile che in situazioni di ostilità, una delle due parti in guerra sia in grado di chiedere al nemico dove detenere i propri prigionieri. Ma non è certo questa l’unica stranezza della vicenda.

Il corrispondente della TV di Stato russa in Donbass, Andrey Rudenko, ha pubblicato un video che mostra l'edificio distrutto della caserma nel campo di prigionia. Poche ore dopo, alcuni ex prigionieri di Yelenovka hanno dichiarato a Mediazona.Bielorussia di non riconoscere il territorio del campo di prigionia in questo video.

Tuttavia, Mediazona fa notare che ci sono due campi di prigionia diversi nelle vicinanze di Yelenovka e due dei tre ex prigionieri hanno affermato successivamente di riconoscere il territorio del campo di prigionia in un secondo video pubblicato da Rudenko, sebbene abbiano specificato che al momento in cui loro erano detenuti nel campo, quella specifica zona del campo non era destinata ad ospitare prigionieri.

Poche ore dopo, Rudenko ha pubblicato un terzo video che mostra i detriti di un razzo che secondo le autorità russe sarebbe stato lanciato da un HIMARS di provenienza americana. È impossibile determinare con esattezza dove sia stato girato questo terzo video, ma in un frammento di questo si intravede una Bibbia simile a quella già apparsa nel secondo video.

Tuttavia, come fa notare Red Intel Panda su Twitter, RIA Novosti apparentemente aveva già utilizzato gli stessi detriti in passato in un altro articolo che parlava di un attacco ucraino contro una ferrovia nella regione di Zaporizhzhya.

Il campo di prigionia di Yelenovka si trova a circa 20 chilometri dal fronte. Le autorità separatiste riferiscono regolarmente di bombardamenti da parte ucraina contro la vicina città di Gorlovka (a 10 km dalla colonia, più vicino alla linea del fronte rispetto a Yelenovka).

I filorussi avevano comunque già accusato gli ucraini di aver bombardato il campo di prigionia di di Yelenovka alla fine di giugno. All’epoca il blogger Anatoly Shariy, contro il quale è in corso un'indagine penale in Ucraina, aveva scritto (il 24 giugno) che erano in corso “da due giorni” bombardamenti ucraini mirati contro il campo di prigionia.

Nello stesso periodo anche il prigioniero britannico Aiden Eslin, condannato a morte per mercenarismo da parte di un tribunale della Repubblica di Donetsk, per aver partecipato alle ostilità dalla parte dell'Ucraina prima di essere preso prigioniero a Mariupol, ha dichiarato che le Forze Armate ucraine avevano sparato contro un "centro di detenzione preventiva a Donetsk", dove lui era detenuto. Non è ben chiaro al momento se si tratti del campo di prigionia di Yelenovka anche in quel caso.

Il Servizio di Sicurezza Ucraino (SBU) da parte sua ha smentito categoricamente la versione russa pubblicando online una telefonata intercettata tra due presunti soldati russi che discutono dell’attacco a Yelenovka poche ore dopo, che confermerebbe (condizionale d’obbligo) il fatto che siano stati gli stessi russi a commettere l’attacco per sbarazzarsi dei prigionieri.

Qui è possibile trovare la traduzione in inglese di questa conversazione, di cui però è impossibile stabilire l’autenticità.

Una cosa è comunque sicura: i missili GMLRS degli HIMARS sono universalmente riconosciuti per la loro precisione. Se davvero fossero stati gli ucraini ad attaccare il campo di prigionia, si può escludere che si sia stato un errore. Ed a meno di voler credere alla versione russa, è difficile immaginare un motivo valido per cui gli ucraini abbiano voluto uccidere deliberatamente i propri commilitoni prigionieri con un attacco del genere.

Inoltre, si vuole dare retta alla versione separatista, le vittime dell’attacco sono stati esclusivamente prigionieri di guerra ucraina. Come è possibile, quindi, che non siano rimaste neppure ferite delle guardie del campo di prigionia, se chi ha compiuto l’attacco non sapeva chi si trovasse in quel momento nell’edificio? È una coincidenza molto difficile da spiegare.

Come afferma Illia Ponomarenko, giornalista del Kyiv Indipendent su Twitter: “C’è davvero bisogno di dire che non ha senso che l'Ucraina uccida i propri combattenti in prigionia nelle mani del nemico? Soprattutto quando si tratta di difensori di Azovstal così ampiamente idolatrati in Ucraina e non solo, e il cui rilascio è richiesto a gran voce dall'opinione pubblica?

Anche la probabilità di un ‘errore’ è molto bassa. Il campo di prigionia di Olenivka (il nome ucraino della città, ndt) si trova nel mezzo della steppa e non ci sono potenziali obiettivi militari nelle sue vicinanze. È davvero una strana ‘coincidenza’ il fatto che un ‘HIMARS ucraino’ abbia colpito proprio l’edificio dove erano detenuti i soldati prigionieri di Azovstal.

A mio modesto parere, ciò che è accaduto nella prigione di Olenivka è stata un'esecuzione di massa. Quel nuovo edificio era un braccio della morte, e i russi non hanno mai avuto intenzione di tenere in vita quei combattenti di Azovstal”.

Le orribili torture nei confronti di un prigioniero ucraino

Tutto questo è accaduto ad un solo giorno di distanza dalla pubblicazione online di un orribile video di torture commesse da soldati russi nei confronti di un prigioniero di guerra ucraino. Questo video è stato considerato autentico da Bellingcat.

La vittima del video indossa una tuta mimetica di tipo ucraino e viene mostrata imbavagliata, con le mani legate dietro la schiena. Giace inerme sul pavimento, mentre un soldato russo usa un taglierino per tagliargli prima i vestiti e poi castrarlo brutalmente mentre gli grida insulti degradanti in russo. Nel video si vedono almeno altri due uomini che sembrano essere soldati russi che tengono fermo il prigioniero durante questa orribile tortura.

I canali Telegram filo-ucraini hanno affermato che la vittima è stata poi uccisa con un colpo alla testa, ed il cadavere dell’uomo castrato sia stato legato e trascinato nel fango.

Il soldato russo torturatore è apparso in un separato filmato della TV russa a Severodonetsk, mentre imbraccia un fucile di precisione Dragunov e cammina all’interno dell’impianto Azot, con lo stesso cappello e lo stesso braccialetto che mostra nel video della brutale tortura.

In un post pubblicato sul canale Telegram di RIA Novosti, l'agenzia di stampa russa aveva identificato l'uomo come parte del battaglione ceceno "Akhmat" dell'esercito russo. (Inizialmente si pensava facesse parte del gruppo di mercenari di PMC Wagner).

Il 29 luglio, i media ucraini hanno espresso diverse versioni sull'identità del presunto colpevole. Diverse fonti sostengono che si tratti di Vitaliy Aroshanov o Arslan Aroshanov. Entrambi sono elencati nel sito web di "Peacemaker" come membri di formazioni armate filorusse durante la guerra in Ucraina orientale, dove vengono definiti fratelli nati a Elista, la capitale della Calmucchia.

Il media russo Astra ha contattato Vitaly Aroshanov, che, secondo i giornalisti, dopo aver preso parte alle operazioni di combattimento, è stato recentemente colpito da un proiettile ed è in cura in Russia. Quando gli è stato chiesto del video della tortura del prigioniero, ha risposto al giornalista: "No comment, e non chiamatemi più, altrimenti mi lamenterò di voi con le autorità”.

A supportare l’ipotesi che si possa trattare di uno dei due fratelli c’è anche l’account Twitter di Geolitics che ha geolocalizzato il video della tortura a Severodonetsk – il che suggerisce, inoltre, che il filmato potrebbe essere vecchio di alcune settimane, dal momento che i combattimenti si sono in gran parte fermati da quando la Russia ha conquistato la città a fine giugno.

Ad eccezione di alcuni utenti che hanno condannato questa brutalità, la maggior parte degli utenti russi sembra aver espresso consensi sull'accaduto, o quantomeno dubitare delle intenzioni di chi ha caricato il video, afferma il sito web War Translated.

Il politico filorusso ex-ucraino Dimitriyev, ad esempio, ha condannato apertamente questo filmato, ma il suo ragionamento ha puntato sul profilo etnico dei presunti responsabili. "Ci saranno altri mongoli, o turchi, ceceni e molti altri a fare queste cose".

Tale commento, secondo War Translated, ha provocato una serie di risposte da parte di diversi commentatori militari, la maggior parte delle quali di natura molto radicale, che hanno criticato Dimitriyev per la sua "debolezza".

Per esempio, l’account Telegram "Za Pobedu" sostiene che il soldato ucraino castrato fosse un pedofilo. Prizrak Novorossii, un altro famoso account Telegram con oltre 150 mila follower, ha citato "Za Pobedu" e condannato in generale il video, pur continuando a chiedere l'annientamento degli "ucronazi" in generale. "Bisogna distruggere sistematicamente tutti gli ucronazi, completamente e senza pietà".

Alcuni "esperti" come Andrey Medvedev, con oltre 100 mila follower, dubitano della veridicità del video, lasciando intendere che si tratti di un falso ucraino. Dubbi simili sono espressi da Rybar, utente con oltre 600 mila follower su Telegram, i cui messaggi lasciano a tratti pensare che abbia già assistito a una tortura del genere nella sua vita e che ora sia un esperto, viste le critiche da lui esposte, afferma War Translated.

In generale, la maggior parte dei commentatori russi mette comunque in dubbio l'autenticità del video, il che non sorprende. Ciò che invece sconvolge è la reazione degli utenti russi abituali a queste notizie, come si può vedere dagli screenshot apparsi in rete, in cui si deride il soldato ucraino “senza palle”.

Il video delle torture ha suscitato ovviamente orrore a Kyiv, dove i funzionari governativi hanno promesso giustizia: "Tutto il mondo deve capire: La Russia è un Paese di cannibali che amano la tortura e l'omicidio. Ma la nebbia della guerra non aiuterà a evitare la punizione dei carnefici. Noi identifichiamo tutti. Cattureremo tutti", ha twittato Podolyak.

Venerdì 29 luglio, l’ufficio del Procuratore Generale dell'Ucraina ha annunciato l'apertura di un procedimento penale per il video in cui "persone in uniforme delle forze armate russe torturano un prigioniero con l'uniforme di un soldato delle forze armate ucraine". L'inchiesta è in corso a carico di ignoti per "violazione delle leggi e dei costumi di guerra".

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Daniele Angrisani, 43 anni. Appassionato da sempre di politica internazionale, soprattutto Stati Uniti e Russia. 
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