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Conflitto Israelo-Palestinese

Il piano di Israele per la popolazione di Gaza: deportare 2,3 milioni di persone nel Sinai, Egitto

Un documento del Ministero dell’Intelligence israeliano propone la deportazione dei 2,3 milioni di residenti nella Striscia di Gaza nel nord della Penisola del Sinai, in territorio egiziano. “Va detto ai palestinesi che ‘Allah ha voluto che perdeste questa terra a causa della leadership di Hamas: non c’è per voi altra scelta se non quella di trasferirvi in ​​un altro luogo'”.
A cura di Davide Falcioni
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Deportare 2,3 milioni di palestinesi dalla Striscia di Gaza al Sinai, in territorio egiziano. È una delle opzioni suggerite dal Ministero dell'Intelligence israeliano per la gestione della popolazione gazawi al termine della guerra, secondo un documento redatto lo scorso 13 ottobre e pubblicato ieri da Wikileaks. Il dicastero ha raccomandato che le forze di sicurezza di Israele trasferiscano tutti i residenti della Striscia di Gaza nel Nord Sinai, un'operazione estremamente complessa che tuttavia garantirebbe al meglio gli interessi degli israeliani.

Come spiega nel dettaglio la rivista israeliana Mekomit, che ha pubblicato integralmente il documento, il ministero dell'Intelligence ha ipotizzato tre alternative per il futuro dei palestinesi di Gaza.

  1. "Alternativa A": la popolazione rimane a Gaza e subentra il governo dell'Autorità Palestinese;
  2. "Alternativa B": la popolazione rimane a Gaza ed emerge un governo arabo locale alternativo ad Hamas;
  3. "Alternativa C": evacuazione della popolazione civile da Gaza al Sinai.

L'esistenza di questo documento non indica necessariamente che le raccomandazioni verranno prese in considerazione dal sistema di sicurezza israeliano e dal governo. Nonostante il suo nome, infatti, il Ministero dell'Intelligence non è responsabile di alcun organismo di intelligence, ma prepara autonomamente studi e documenti politici che successivamente vengono distribuiti per l'esame da parte del governo e degli organismi di sicurezza senza tuttavia essere vincolanti. Il budget annuale del dicastero è di circa 25 milioni di shekel (circa 5 milioni di euro) e la sua influenza è considerata relativamente bassa.

L'ipotesi peggiore: uno stato indipendente palestinese

Fatta un'analisi "costi-benefici" il documento raccomanda che Israele intervenga "per evacuare la popolazione di Gaza nel Sinai", ovvero in territorio egiziano. Qui, in un'area del nord della penisola, dovrebbero essere realizzate tendopoli e nuove città che accoglierebbero la popolazione deportata. Andrebbe inoltre prevista una sorta di "zona cuscinetto" che non consenta alla popolazione di riavvicinarsi al confine israeliano. Secondo il documento del Ministero tale piano dovrebbe vedere il coinvolgimento di altri Paesi del mondo, in primis gli Stati Uniti.

Infatti, rispetto alla C, "le alternative A e B presentano notevoli carenze, soprattutto in termini di implicazioni strategiche", oltre che una "mancanza di fattibilità a lungo termine", si legge nel documento. Nessuna delle due opzioni fornirebbe, infatti, il "necessario effetto deterrente", e non consentirebbe "un cambiamento di mentalità, portando nel giro di pochi anni agli stessi problemi e minacce che lo Stato di Israele si è trovato ad affrontare dal 2007 a oggi". Inoltre un governo dell'Autorità Nazionale Palestinese (opzione A) costituirebbe "l'alternativa più pericolosa" delle tre, perché potrebbe "portare alla creazione di uno Stato palestinese". "Non è possibile che il risultato di questo attacco (il massacro di Hamas del 7 ottobre, ndr) sarà una vittoria senza precedenti per il movimento nazionale palestinese", circostanza che "aprirà la strada alla creazione di uno Stato indipendente", si legge nel documento.

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Il piano di Israele per la popolazione di Gaza: deportarla in Egitto

Nel dossier – come spiega sempre Mekomit – si propone quindi di spostare l'intera popolazione della Striscia di Gaza in Egitto. Per farlo andrebbe promossa ima campagna dedicata ai cittadini gazawi che "li motiverà ad accettare il piano" inducendoli a rinunciare definitivamente alle loro terre. "I messaggi dovrebbero ruotare attorno al concetto di perdita della terra, devono cioè far capire che non c'è più alcuna speranza di ritornare nei territori che Israele occuperà nel prossimo futuro, che questo avvenga o meno. Va detto ai palestinesi che ‘Allah ha voluto che perdeste questa terra a causa della leadership di Hamas: non c'è per voi altra scelta se non quella di trasferirvi in ​​un altro luogo con l'aiuto dei vostri fratelli musulmani'".

Un piano del genere, tuttavia, andrebbe fatto "digerire" non solo ai palestinesi, ma anche al resto del mondo. Anche a questo ha pensato il Ministero dell'Intelligence suggerendo al governo una campagna che spacci all'opinione pubblica occidentale e ai loro governi la deportazione di 2,3 milioni di uomini, donne e bambini come una mossa "umanitaria", una decisione presa nel loro interesse.

L'Egitto rifiuta i profughi palestinesi

C'è però un "piccolo" problema: il Sinai sorge in Egitto e verosimilmente il Cairo potrebbe non volerne sapere niente di fornire ai profughi palestinesi un pezzo del proprio territorio nazionale. Anche a questa eventualità ha pensato il Ministero dell'Intelligence nel suo documento, che sostiene che toccherebbe agli Stati Uniti far ingoiare il rospo agli egiziani. Sempre gli USA inoltre dovrebbero chiedere uno sforzo ai Paesi europei, in particolare Grecia e Spagna, affinché accolgano i rifugiati palestinesi.

Le possibilità di attuare un piano del genere, equivalente alla pulizia etnica di Gaza, sono pressoché nulle. Come ricorda la rivista israeliana Mekomit infatti il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha recentemente dichiarato di opporsi fermamente all'apertura del valico di Rafah per assorbire la popolazione civile di Gaza. Ha inoltre aggiunto che lo spostamento dei palestinesi da Gaza al Sinai minaccerebbe la pace con Israele. Come se non bastasse né gli Stati Uniti né l'Europa sarebbero mai stati informati delle intenzioni di Tel Aviv.

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