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I gioielli rubati al Louvre valgono 88 milioni di euro. La procuratrice: “Impossibile venderli”

La procuratrice di Parigi Laure Beccuau ha stimato in circa 88 milioni di euro il valore degli otto gioielli rubati dal Louvre. Una cifra “impressionante”, ha detto, ma non paragonabile al danno storico. I pezzi, troppo riconoscibili, sono impossibili da vendere o smontare senza essere scoperti.
A cura di Biagio Chiariello
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Otto gioielli del tesoro napoleonico, un valore stimato di 88 milioni di euro, un’operazione lampo durata sette minuti. È il bilancio dell’audace furto avvenuto domenica scorsa nella Galerie d’Apollon del Louvre, dove sono custoditi alcuni dei pezzi più preziosi della corona di Francia.

Secondo quanto comunicato dalla procuratrice di Parigi Laure Beccuau, la stima del valore economico – elaborata dai curatori del museo – “è impressionante, ma non paragonabile al danno storico”. I ladri, ha aggiunto, difficilmente potranno trarre profitto dal bottino: i gioielli sono unici e immediatamente riconoscibili, impossibili da piazzare anche sul mercato nero. “Se pensano di smontarli per fondere i metalli o rivendere le pietre, otterranno solo una minima parte del loro valore”, ha ammonito Beccuau.

I preziosi rubati appartengono alla collezione imperiale e reale francese. Tra i pezzi scomparsi figurano la collana di zaffiri e diamanti di Maria Amalia e Ortensia di Beauharnais, un diadema e una spilla dell’imperatrice Eugenia tempestati da migliaia di gemme, oltre a orecchini e collier di smeraldi appartenuti a Maria Luisa d’Austria.

Il furto è stato compiuto da quattro persone a volto coperto, entrate nel museo attraverso una finestra dopo aver raggiunto un balcone con un montacarichi rubato pochi giorni prima a Louvres, un comune a nord-ovest di Parigi. L’apparecchiatura era stata sottratta a un privato aggredito da un gruppo di sconosciuti durante la vendita del macchinario online. I ladri hanno utilizzato smerigliatrici e strumenti da taglio per rompere i vetri blindati delle teche e fuggire con i gioielli.

Mentre le indagini proseguono – e gli inquirenti non escludono la presenza di complici interni o di una soffiata – il museo parigino si è affrettato a respingere le polemiche sulla sicurezza. In una nota diffusa a France Presse, la direzione del Louvre ha difeso le nuove teche installate nel 2019, definite “un notevole progresso tecnologico” rispetto ai vecchi modelli degli anni Cinquanta, ormai obsoleti.

Anche la ministra della Cultura Rachida Dati ha confermato in Parlamento che “il dispositivo di sicurezza del Louvre ha funzionato” e che “ognuno si assumerà le proprie responsabilità”. Tuttavia, secondo il Canard Enchaîné, l’uso delle nuove teche avrebbe reso più facile l’effrazione rispetto ai vecchi sistemi blindati, che in caso di allarme potevano chiudersi ermeticamente come cassaforti.

Il furto, che ha lasciato il mondo dell’arte sconcertato, colpisce al cuore la memoria storica della Francia. “Si tratta di un patrimonio inestimabile, più che di un tesoro economico”, ha dichiarato Marina Rosa, ex coordinatrice del Comitato nazionale per il bicentenario di Napoleone. “Nessun museo o collezionista li comprerebbe mai: sono troppo celebri per non essere riconosciuti”.

Un dettaglio, tuttavia, consola gli storici: tra i gioielli intatti figura il celebre diamante Regent, uno dei più noti al mondo, rimasto al suo posto nella vetrina principale. Ma la perdita dei pezzi rubati – simboli di potere, arte e storia francese – rappresenta una ferita profonda per il Louvre e per l’intero patrimonio culturale europeo.

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