Gaza, tra i prigionieri palestinesi rilasciati da Israele c’è anche il direttore dell’ospedale Al-Awda

Ieri, dopo quasi dieci mesi di detenzione, è stato liberato anche il dottor Ahmed Muhanna, direttore dell'ospedale al-Awda, uno degli ultimi presìdi sanitari rimasti attivi nel nord della Striscia di Gaza durante le fasi più cruente dell'invasione militare israeliana.
Era stato arrestato nel dicembre 2023, nel corso di una violenta incursione militare da parte delle IDF all'interno dello stesso ospedale, dove continuava a lavorare nonostante la struttura fosse ormai al collasso. Quando la maggior parte della popolazione e del personale medico era già stata costretta ad abbandonare l'area, Muhanna era infatti rimasto. L'al-Awda accoglieva centinaia di feriti ogni giorno, e la sua presenza rispondeva a una necessità immediata: senza medici, nessuno avrebbe ricevuto cure. Dopo il suo arresto, infatti, gran parte dell'ospedale ha smesso di funzionare.
Come altri operatori sanitari, Muhanna è stato sequestrato e trattenuto nelle carceri israeliane senza che venisse formalizzata alcuna accusa né avviato un procedimento giudiziario. Il suo nome compariva da mesi nelle liste dei detenuti in attesa di rilascio. Solo ieri è riuscito però a fare ritorno a Gaza.
Gli operatori sanitari liberati e quelli ancora prigionieri

Il suo nome figura tra 55 operatori sanitari palestinesi rilasciati nelle ultime ore da Israele nell’ambito della prima fase del cessate il fuoco a firma Trump; secondo l’organizzazione Healthcare Workers Watch, almeno 44 di loro erano stati arrestati direttamente all’interno degli ospedali in cui lavoravano. Tra i liberati ci sarebbero almeno 24 infermieri, 7 medici, 2 paramedici. Ma altri 115 operatori sanitari restano ancora prigionieri, molti dei quali in condizioni fisiche e psicologiche estremamente gravi. "Il rapimento sistematico del personale sanitario è un crimine di guerra", ha dichiarato il dottor Muath Alser, cofondatore dell'associazione Healthcare Workers Watch, denunciando una strategia che ha decapitato il sistema sanitario palestinese nel momento in cui era più necessario. In alcuni casi, ha aggiunto, i detenuti sono morti sotto tortura, e i loro corpi non sono mai stati restituiti alle famiglie.

Il rilascio del dottor Muhanna è una notizia che porta un soffio d'aria in una terra ancora violentemente oppressa. Ma è anche un promemoria amaro: gli ospedali di Gaza, oggi completamente rasi al suolo, sono stati trattati come obiettivi militari, e chi lavorava per salvare vite è stato accusato, imprigionato o fatto sparire.
I nomi mancanti: il caso del dottor Hussam Abu Safiya
Ma non tutti i medici previsti nella lista degli scambi sono tornati. È il caso del dottor Hussam Abu Safiya, primario di pediatria dell’ospedale Kamal Adwan, a Beit Lahia. Il suo nome figurava tra quelli annunciati per la liberazione. Ma ieri, dagli autobus arrivati a Khan Younis, non è mai sceso. La moglie, Albina, di origine kazaka, ha raccontato a Repubblica il vuoto di quelle ore: "Avevo capito che sarebbe stato rilasciato. Ero felice. Ma poi non l’ho visto". Lo chiama ‘il dottore', come fanno tutti a Gaza, dove il suo volto è diventato simbolo. In un video virale si vedeva arrampicarsi sulle macerie del suo ospedale, sfidare i carri armati israeliani per chiedere di restare al fianco dei suoi piccoli pazienti. Era il 27 dicembre 2023. L’ospedale era già distrutto e lui si rifiutava di evacuare: "Ci sono troppi bambini da curare". Per questo è stato arrestato.
Da allora è detenuto in base alla legge israeliana sui "combattenti illegali" – una norma che giustifica la detenzione a tempo indefinito senza processo, senza prove rese pubbliche, e senza accesso all’assistenza legale. Amnesty International segue il suo caso: il suo team legale denuncia maltrattamenti e condizioni di salute estremamente critiche. E ora il suo nome è rimasto sospeso, una promessa non mantenuta, una presenza invisibile che continua ad abitare le liste incomplete della giustizia.
Una tregua fragile con una sanità in ginocchio

Il cessate il fuoco attualmente in vigore doveva porre fine ai bombardamenti. Ma le vittime non sono affatto cessate: secondo fonti locali, i cecchini israeliani continuano infatti a colpire civili nei pressi delle zone di confine, e quindi, a violare sistematicamente il cessate il fuoco. I pochi ospedali ancora in piedi restano al collasso, con carenze gravissime di personale, attrezzature e medicinali. E Gaza continua a sopravvivere in un limbo di distruzione e assedio, con oltre due milioni di persone intrappolate in una crisi umanitaria senza precedenti, e un intero sistema sanitario che fatica ancora a respirare.