Gaza, il racconto di Sami: “I centri di distribuzione degli aiuti sono trappole di morte. Non vogliono aiutarci”

"I centri di distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza sono trappole di morte", dichiara a Fanpage.it Sami Abuomar, operatore umanitario gazawi di ACS, l’Ong italiana che da anni opera dentro la Striscia. "Ci attirano con il cibo e poi veniamo ammazzati, in quattro distribuzioni diverse hanno ucciso 147 palestinesi, e ferito circa 600 persone. La gente si accalca perché siamo affamati e l’esercito israeliano comincia a sparare perchè le cose non sono organizzate bene”, continua.
Ieri la Gaza Humanitarian Foundation (GHF), l’organizzazione sostenuta dagli Stati Uniti recentemente scelta come responsabile della distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza, ha annunciato la chiusura temporanea di tutti i suoi punti di distribuzione per "lavori di aggiornamento e miglioramento dell’efficienza".
"Questa agenzia americana non sa come lavorare", continua Abuomar al telefono con Fanpage.it. "Dicono che oggi sono chiusi per migliorare i punti di distribuzione, ma dopo una settimana se non sanno ancora come fare vuol dire che non lo sapranno fare neanche dopo. Prima c’era l’UNRWA (agenzia delle Nazioni Unite, ndr) che faceva la distribuzione degli aiuti a Gaza, aveva 400 punti di distribuzione, quando arrivavano gli aiuti ricevevamo dei messaggi personali che ci dicevano che il giorno e l’ora in cui dovevamo ritirare il nostro pacco. Questa agenzia americana ci ha gettati nel caos”.
Sempre ieri l’esercito israeliano ha fatto sapere che le strade che conducono ai centri di distribuzione degli aiuti umanitari sono da considerarsi "zone di combattimento" e ha invitato la popolazione a evitarle, ma secondo l’operatore umanitario i punti di distribuzione sono stati chiusi per incapacità e mancanza di aiuti: "A sud di Rafah hanno chiuso perché non riescono a distribuire, non hanno più aiuti da distribuire, non perché la strada è pericolosa. La verità è che non riescono a fare le distribuzioni. Hanno finito tutto, sono mal organizzati. La gente preferisce morire di fame che andare a prendere gli aiuti”, spiega, aggiungendo: "I punti di distribuzione sono delle trappole dove si rischia la vita e basta. 400mila persone vanno in un posto per prendere da mangiare, vengono rinchiuse dentro una rete, ammassate, umiliate, obbligate a spogliarsi per avere un pacco di farina. Questa è una cosa umiliante e disumana”.
“Come umanitari di Gaza nessuno di noi è stato coinvolto dalla Gaza Humanitarian Foundation, loro lavorano solo con i soldati israeliani. Le organizzazioni umanitarie che lavorano a Gaza, le organizzazioni internazionali e quelle delle Nazioni Unite non sono state mai coinvolte dall'agenzia americana e anche se fosse non vogliono essere coinvolte in questa mattanza”, ci tiene a specificare Abuomar .
Intanto, al Nord della Striscia non arriva niente: "Avevano provato a fare un punto di distribuzione a nord del corridoio Netzarim, ne hanno aperto uno per prova, ma hanno distribuito pochissima roba e sono stati uccisi 14 palestinesi”, conclude, sottolineando che "al Nord adesso non sta arriva niente, dicono di voler aprire un altro punto di distribuzione ma lì ci sono quasi un milione di persone. Se apri un solo punto di distribuzione così, senza nessuna organizzazione, significa che sarà il caos, un milione di persone morte di fame che si accalcheranno. Abbiamo capito che loro non vogliono darci cibo, ci vogliono ammazzare e basta".