Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

Emergenza maltempo a Gaza, alluvione spazza via le tendopoli: “Non abbiamo più nemmeno vestiti asciutti”

A Gaza è tornato l’inverno che ha portato maltempo e nubifragi, con il risultato che molte tende e baracche in cui la popolazione si è rifugiata sono state allagate o addirittura spazzate via. I racconti a Fanpage.it: “Situazione sempre più disastrosa”.
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Alluvione a Khan Younis.
Alluvione a Khan Younis.
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La luce spacca il cielo nero, il rumore dei tuoni si confonde con quello dei caccia, poi la pioggia che sradica tutto, persino il muro di apartheid che separa la Cisgiordania dalla storica. Stamattina ci si sveglia così a Betlemme, tra le strade allagate e la gioia nel vedere la natura che frantuma i confini. Non è lo stesso a Gaza, dove centinaia di tende sono state distrutte. Di nuovo. Dove non esiste più gioia, neanche per la pioggia che nutre il terreno.

“Ogni volta che piove la situazione è sempre più disastrosa”, racconta a Fanpage.it Wessam Alaramin dalla sua tenda allagata a Deir Al balah, “La nostra tenda è di nuovo invivibile, ora stiamo provando a sistemarla per la notte, non abbiamo altro luogo dove andare”.

Le tende degli sfollati sulla costa di Gaza sono state spazzate via dal vento e dall'acqua del mare, i teli di plastica sono volati via e i giacigli di fortuna in cui i gazawi sono costretti a dormire da più di due anni sono stati sommersi dalle onde.

“Da bambini, cantavamo all'inverno: ‘Oh Signore, che piova, oh Signore, che le vecchie si asciughino’. Questo dicevano i nostri nonni, ed è così che abbiamo imparato ad amare la prima pioggia, a cantare e ridere, a camminare per strada, a bere il caffè al tepore dei bar, a preparare panini con castagne e formaggio sulla brace. L'inverno era gioia, era nostalgia e calore. Ma quest'anno, l'inverno è arrivato mentre siamo in tenda, sfollati nei campi. La gioia si è trasformata in paura e la sicurezza è andata perduta”, ci scrive invece Sami Abuomar, operatore umanitario rifugiato a Khan Younis. “L'aggressione israeliana ha lasciato migliaia di famiglie senza casa, costrette a fuggire e a vivere in semplici tende. Con la prima pioggia, le tende si sono allagate o sono volate via, il terreno si è trasformato in fango e i materassi sono fradici… Non abbiamo nemmeno più vestiti asciutti”, continua.

Abeer, una vedova trentenne, racconta: "Mi ero sistemata nella mia tenda, ero abituata a usarla come rifugio, ma la prima pioggia mi ha fatto tornare al punto di partenza. Tutto era allagato, persino la speranza".

Anche chi vive in rifugi di fortuna o baracche sta soffrendo il freddo e i nubifragi nella Striscia. Le case che non sono state completamente distrutte necessitano di riparazioni. Ma a Gaza non ci sono materiali da costruzione e, se li trovi, i prezzi sono esorbitanti. A Gaza non entra legna, non entra lamiera. A Gaza è imposta la condizione di sfollato, è negato il ritorno a casa perché non ci sono più case e non possono essere ricostruite.

“Dicevamo sempre che la pioggia è una benedizione, ma a Gaza l'inverno è diventato una dura prova – conclude Abuomar – non perché la pioggia sia un male, ma perché il tetto non è un tetto, la casa non è una casa e la tenda non è sicura. La gente non vuole molto, vuole solo vivere sotto un tetto, poter cantare di nuovo di gioia quando piove, senza paura”.

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