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“Così Mosca paga politici all’estero”. Parla Shekhovtsov, esperto dei rapporti tra Putin e le destre Ue

I finanziamenti “passano attraverso accordi commerciali e arrivano a singoli individui”. E se i politici amici fanno approvare leggi pro-Cremlino, “il compenso raddoppia”. Sotto, ci sono i fondi neri dell’Fsb.
Intervista a Anton Shekhovtsov
Accademico e scrittore ucraino autore di Russia and the Western Far Right: Tango Noir”
A cura di Riccardo Amati
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“Solo 300 milioni? Credo proprio che la Russia abbia pagato di più” Anton Shekhovtsov ha pochi dubbi sulla veridicità di quanto comunicato dal segretario di Stato americano Anthony Blinken alle ambasciate statunitensi: Il Cremlino ha finanziato candidati, politici e partiti in oltre venti Paesi dall’Asia all’Europa passando per l'Africa e, forse, per l'America Latina. L'esperto è però scettico sulla cifra totale dell’operazione. Troppo conservativa rispetto alla realtà, dice.

Shekhovtsov, autore di “Russia and the Western Far Right: Tango Noir” (Routledge, 2017) è considerato il maggior esperto mondiale dei rapporti fra la destra radicale dell’Occidente e la Russia di Vladimir Putin. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente mentre era in viaggio da Vienna, dove dirige il Centro per l’integrità democratica, a Firenze, dove parteciperà a una conferenza. “I soldi del Cremlino vanno più a singoli politici o ai loro amici che ai partiti. E il passaggio di denaro avviene soprattutto attraverso accordi commerciali che appaiono in tutto legali”, spiega a Fanpage.it.

Le sembra verosimile il contenuto del rapporto Blinken, per quel poco che finora se ne sa?

Certamente sì. Anche se vista la sua portata geografica e il periodo che copre (dal 2014, ndr), ritengo la cifra di 300 milioni di euro estremamente conservativa. Credo che la Russia abbia speso molto di più, per influenzare la politica di altri Paesi. Sarà interessante vedere gli sviluppi, soprattutto in relazione ai partiti e ai politici in Europa. Anche perché al momento l’unico finanziamento accertato da parte di Mosca a un partito europeo è quello corrisposto nel 2014 all’allora Front National (poi ribattezzato Rassemblement National, ndr) di Marine Le Pen. E tra l’altro si trattò di un prestito bancario, almeno in teoria da restituire.

Un semplice prestito bancario appare un po’ naif come sistema per finanziare segretamente “agenti” stranieri. Infatti quell’operazione fu scoperta, Le Pen dovette ammetterla e poi arrampicarsi sugli specchi per giustificarla. 

Infatti non è così che avvengono normalmente i finanziamenti da parte di Mosca.

E come avvengono? 

I modi che i russi utilizzano per trasferire soldi agli “amici” che fanno lavoro politico pro-Putin all’estero sono diversi: la cripto valuta, i cui movimenti non sono rintracciabili o i contanti, in alcuni casi. Sacchi di denaro. Vale soprattutto per quei Paesi dove i controlli e i servizi di sicurezza sono più corruttibili e meno efficaci. Un milione di euro in contanti non prende mica tanto spazio. Ma il modo più sicuro, e secondo me privilegiato dal Cremlino perché legale o quasi, è quello che prevede “normali” contratti commerciali.

Ovvero?

Per esempio, un’azienda russa che opera in un dato Paese estero può essere foraggiata dall’Fsb (il servizio segreto russo erede del Kgb sovietico, ndr), da altri servizi o dalla stessa amministrazione presidenziale affinché trasferisca denaro ad una fazione politica in quello Stato. O meglio — come avviene più frequentemente — a un preciso leader politico o a persone vicine al leader. Dare soldi direttamente al partito è più rischioso perché troppo ovvio: può essere più facilmente scoperto da indagini giudiziarie o giornalistiche.

Quindi le relazioni personali contano parecchio, in questo sistema. Ma come fa un’azienda russa che opera in un Paese estero  a incanalare verso un personaggio politico o verso suoi sodali i fondi avuti dal Cremlino senza destare sospetti?

Per esempio: prendiamo un’azienda italiana che finanzia in modo legale e trasparente un partito politico in Italia. Tutto dichiarato. Tutto normale. A un certo punto, la leadership di quel partito politico fa un viaggio in Russia e intraprende un’attività di lobbying per investimenti commerciali che favoriscano l’azienda italiana che la finanzia. E finisce che l’azienda ottiene sontuosi contratti con società statali o private russe. A condizioni più favorevoli di quelle di mercato, perché a monte ci sono i soldi dell’Fsb — o comunque del Cremlino. Che fa allora l’azienda? Semplice: dà ancora più soldi al partito che già sponsorizzava e che gli ha fatto avere i contratti in Russia. O, a volte, paga sottobanco esponenti o “consulenti” dello stesso partito, In questo modo, i soldi del Cremlino sono arrivati agli “amici” stranieri”, dopo qualche passaggio. È così che funziona, nella maggior parte dei casi.

All’hotel Metropol di Mosca nell’ottobre 2018 il leghista Gianluca  Savoini si stava forse discutendo un affare di questo genere? La magistratura sta ancora indagando.

Quello del Metropol fu un incontro di basso livello, ma probabilmente più manipolatorio rispetto al tipo di lobbying e di “affari” di cui ho appena detto. Più ambiguo ed inconcludente. Ciò che descrivevo è invece un'attività che permette finanziamenti indiretti in modo quasi trasparente e — paradossalmente — proprio per questo difficilmente individuabile e quindi efficace. Sono figure di più alto livello rispetto a quelle che si incontrarono al Metropol, ad organizzare il supporto del Cremlino alle persone e alle organizzazioni che promuovono il regime di Putin all’estero.

E come stanzia il Cremlino i fondi da destinare ai suoi “amici” all’estero? Catherine Belton in “Putin’s People” (William Collins, 2020, ndr) parla di fondi neri costituiti da parte di aziende e di individui ai vertici del potere attraverso attività illegali, quando non criminali, in Russia e all’estero.

Ritengo che esistano effettivamente fondi neri derivanti da attività illegali. E potrebbero talvolta esser stati usati per finanziarie partiti politici e personalità pro-Putin all’estero. Ma questo tipo di fondi vengono soprattutto “investiti” per rafforzare reti criminali globali o comunque transnazionali. E per finanziarie le cosiddette “misure attive” dei servizi di sicurezza: azioni illegali di spionaggio.

Come utilizzano i partiti europei pro-Putin i soldi che arrivano dalla Russia? 

Nel caso del Fronte nazionale di Le Pen, erano soldi che arrivavano direttamente al partito e servirono specificamente per la campagna elettorale del 2016. Ma più frequentemente, come dicevo, i finanziamenti sono per singoli individui, non per il partito. É molto raro che sia direttamente un partito a riceverli. Quello del Fronte nazionale è un caso quasi unico. Quei soldi furono spesi per manifesti, comizi e pubblicità elettorali. Quando – come quasi sempre succede – il beneficiario dei finanziamenti è un singolo politico, gli si richiedono servizi ad hoc. Come promuovere risoluzioni o proporre leggi di cui il Cremlino possa beneficiare. E sappiamo dai risultati di alcune investigazioni che il pagamento è in due tempi: prima si viene pagati, per esempio, per proporre una legge. E poi, se la legge è approvata, per il politico pagato da Mosca il compenso raddoppia.

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