Cosa rivela il report di Amnesty su Hamas: “Ha commesso crimini di guerra e contro l’umanità”

Targeting Civilians: così Amnesty International ha intitolato il suo nuovo rapporto che ricostruisce con rigore investigativo ciò che accadde il 7 ottobre 2023 nel sud di Israele. Le conclusioni dell’organizzazione non lasciano zone d’ombra: Hamas e altri gruppi armati palestinesi hanno compiuto attacchi pianificati e sistematici contro civili, commettendo crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Già nei primi giorni dopo l’attacco Amnesty aveva formulato accuse precise. "La nostra prima accusa di crimini internazionali nei confronti di Hamas risale al 12 ottobre 2023, e dal 29 ottobre 2023 abbiamo sempre sollecitato il ritorno in libertà degli ostaggi: altro che ‘prima volta', come leggo su molti organi di informazione", commenta a Fanpage.it Riccardo Noury, portavoce italiano di Amnesty, rispondendo alle critiche di chi sostiene che l’ONG si sarebbe mossa in ritardo. "Mentre documentavamo i crimini internazionali commessi da Israele nella Striscia di Gaza, incluso quello di genocidio, abbiamo continuato a svolgere ricerche e interviste su quelli commessi da Hamas e da altri gruppi armati palestinesi. L’elenco è lunghissimo: uccisione, sterminio, privazione illegale della libertà, sparizione, tortura, stupro e altre forme di violenza sessuale, oltre ad altri atti inumani. Abbiamo atteso la conclusione dell’Assemblea degli Stati Parte della Corte penale internazionale per pubblicare questo rapporto e ribadire che una pace duratura ci sarà solo se arriverà la giustizia per tutti i crimini e per tutte le vittime".
Cosa dice il report Targeting Civilians di Amnesty
Ma cosa emerge dal report Targeting Civilians di Amnesty? La ricostruzione dell'organizzazione per la tutela dei diritti umani appare tanto più dura quanto più è sorretta da materiale probatorio: testimonianze, filmati verificati, immagini satellitari e consultazioni con esperti forensi. Le storie che emergono dalle pagine del dossier sono quelle di famiglie sorprese all’alba nei kibbutz, di genitori uccisi nelle stanze di sicurezza mentre tentavano di proteggere i figli, di giovani in fuga dal Nova Festival inseguiti e abbattuti lungo le strade, di lavoratori migranti colpiti mentre cercavano riparo. L’organizzazione descrive un’operazione diffusa e coordinata, in cui combattenti delle Brigate al-Qassam, delle Brigate al-Quds e di altri gruppi armati palestinesi hanno attraversato la barriera di Gaza in diversi punti per colpire sovente comunità abitate esclusivamente da civili. L’assalto al Nova Festival, avvenuto quasi per caso quando alcuni gruppi armati imboccarono la strada che costeggiava il raduno, si trasformò nell’episodio più letale, con centinaia di persone uccise e molte altre rapite.
"Amnesty International ha documentato come, nelle prime ore del 7 ottobre 2023, le forze di Hamas e altri gruppi armati palestinesi abbiano condotto un attacco coordinato prendendo di mira principalmente località civili. Circa 1.200 persone sono state uccise, di cui oltre 800 civili, tra cui 36 bambini. Le vittime erano principalmente ebrei israeliani, ma includevano anche cittadini beduini di Israele e decine di lavoratori migranti, studenti e richiedenti asilo di nazionalità straniera. Oltre 4.000 persone sono rimaste ferite e centinaia di case e strutture civili sono state distrutte o rese inabitabili", spiega l'Ong.
La presa di ostaggi fu parte integrante dell’operazione. Amnesty documenta il rapimento di 251 persone, tra cui bambini, anziani, persone ferite gravemente e lavoratori stranieri. Alcuni ostaggi furono picchiati o maltrattati già in territorio israeliano, altri furono portati verso Gaza. In molti hanno riferito di torture fisiche e psicologiche durante la prigionia, di privazioni deliberate, di violenze sessuali e minacce costanti. Le famiglie, rimaste per mesi o anni senza informazioni, sono state sottoposte a un’altra forma di tormento, mentre video diffusi dai gruppi armati mostravano ostaggi umiliati o costretti a invocare la liberazione davanti alle telecamere.
Stupri e aggressioni sessuali commessi da miliziani di Hamas
Sul tema delle violenze sessuali, il report di Amnesty adotta un approccio prudente ma netto. La difficoltà di accedere alle vittime, la distruzione delle scene del crimine e la limitata collaborazione delle autorità israeliane hanno reso complessa un’indagine completa. Nonostante questo, il rapporto certifica alcuni casi di stupri, aggressioni sessuali e altre forme di violenza, sia durante gli attacchi sia durante la detenzione a Gaza. Episodi avvenuti al Nova Festival e in diversi kibbutz sono corroborati da testimonianze dirette, referti medici, racconti di terapeuti e materiale audiovisivo verificato. Amnesty non ha riscontrato ordini diretti della leadership di Hamas volti a incoraggiare tali abusi, ma conclude che combattenti affiliati – e talvolta uomini in abiti civili entrati in Israele in quelle stesse ore – hanno perpetrato atti che, per natura e contesto, configurano crimini di guerra e, in alcuni casi, crimini contro l’umanità.
Il quadro giuridico tracciato dal rapporto non lascia spazi interpretativi: omicidi intenzionali, rapimenti, violenze sessuali, torture, attacchi indiscriminati con razzi e bombardamenti di aree civili costituiscono violazioni gravi del diritto internazionale umanitario. L’elemento della sistematicità, insieme alla scelta deliberata di colpire comunità civili, consente ad Amnesty di qualificare l’operazione come un attacco diffuso e coordinato contro una popolazione civile, dunque un crimine contro l’umanità. Le responsabilità, afferma l’organizzazione, sono individuali ma radicate all’interno di un’organizzazione strutturata che ha pianificato o tollerato tali condotte.
"L'atroce record di violazioni israeliane contro i palestinesi, compresi decenni di occupazione illegale, apartheid contro i palestinesi e il genocidio in corso contro i palestinesi a Gaza, non può in alcun modo giustificare questi crimini. Né esonera i gruppi armati palestinesi dai loro obblighi ai sensi del diritto internazionale. Le violazioni commesse dai gruppi armati palestinesi nel contesto degli attacchi del 7 ottobre 2023 devono essere riconosciute e condannate come crimini atroci. Hamas deve inoltre restituire incondizionatamente il corpo rimasto a Gaza di una persona uccisa durante gli attacchi non appena verrà ritrovato", ha affermato Amnesty.
Cosa dice il report sugli israeliani uccisi dall'IDF il 7 ottobre
Amnesty International affronta anche la questione della cosiddetta Direttiva Hannibal, un protocollo israeliano volto a impedire la presa di ostaggi a ogni costo: "Hamas – spiega l'ONG – ha affermato che molti civili israeliani sono stati uccisi dal fuoco israeliano" in applicazione di questa direttiva. "In alcuni casi, civili israeliani sono stati effettivamente uccisi dalle forze israeliane in caso di identificazione errata e/o in applicazione della Direttiva Hannibal. Nel contesto di due degli attacchi documentati da Amnesty International, quelli di Be'eri e Nahal Oz, rispettivamente 12 e 3 persone sono state uccise dal fuoco militare israeliano, secondo le indagini militari israeliane. Tuttavia, nella stragrande maggioranza dei casi, i responsabili delle uccisioni negli attacchi documentati da Amnesty International erano combattenti palestinesi. L'organizzazione ha indagato in dettaglio su episodi in cui sono morte circa 100 persone, confermate come civili o presumibilmente civili, concludendo che sono state uccise dai combattenti".
Il contesto: l'occupazione israeliana e il genocidio a Gaza
Il rapporto non isola però i crimini del 7 ottobre dal contesto più ampio in cui si inseriscono. Amnesty dedica ampio spazio alla situazione nei territori palestinesi occupati, sostenendo che Israele continua a commettere il crimine di genocidio contro la popolazione di Gaza anche dopo l’annuncio del cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi israeliani superstiti. Le condizioni di vita imposte ai palestinesi, afferma l’organizzazione, non sono sostanzialmente cambiate: la fame resta diffusa, gli aiuti umanitari insufficienti, le infrastrutture vitali distrutte o impossibili da riparare, le epidemie in espansione e gli sfollati soggetti a trasferimenti forzati continui. Dall’annuncio del cessate il fuoco almeno 370 persone, tra cui 140 bambini, sono state uccise in nuovi attacchi israeliani, mentre negli ultimi due anni oltre 70.000 palestinesi hanno perso la vita e più di 200.000 sono stati feriti, molti in modo permanente.
Amnesty sottolinea che la prosecuzione del genocidio avviene in un contesto segnato da decenni di apartheid e occupazione illegale, dalla proliferazione delle colonie in Cisgiordania e da un sistema di violenze e intimidazioni ai danni delle comunità palestinesi da parte di coloni e militari. L’organizzazione ricorda inoltre che Israele ha ignorato tre decisioni vincolanti della Corte internazionale di giustizia e non ha perseguito alcuno dei responsabili politici e militari delle dichiarazioni o degli atti che configurano il crimine di genocidio. A questa impunità interna si aggiunge quella internazionale: la comunità globale – osserva Amnesty – non ha esercitato la pressione necessaria per fermare gli attacchi o per imporre l’adesione al diritto internazionale, contribuendo di fatto alla prosecuzione delle atrocità.
Pace duratura se i crimini non resteranno impuniti
Il rapporto si chiude con un messaggio che riguarda entrambi i fronti: la giustizia non è divisibile. Le vittime del 7 ottobre e le vittime di Gaza non possono essere schierate l’una contro l’altra, né la sofferenza di un popolo può giustificare l’annientamento dell’altro. Per Amnesty, l’unica via d’uscita dalla spirale di violenza è un sistema di responsabilità che valga per tutti, senza eccezioni, e che riconosca la piena dignità di ogni vittima, indipendentemente dalla sua nazionalità. Una pace duratura, insiste Amnesty, arriverà solo quando i crimini – da qualunque parte siano stati commessi – non resteranno più impuniti.