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Cosa dice di preciso la Costituzione francese sull’aborto e qual è la differenza tra diritto e libertà

La Francia ha inserito nella sua Costituzione il diritto all’aborto, o meglio: la libertà garantita ad ogni donna ad accedere all’interruzione volontaria di gravidanza. Per fare chiarezza sulla formula e sulle conseguenze concrete ci siamo rivolti ad Anna Maria Lecis Cocco Ortu, professoressa di Diritto Pubblico all’Università Sciences Po Bordeaux.
Intervista a Prof.ssa Anna Maria Lecis Cocco Ortu
Professoressa di Diritto Pubblico all'Università Sciences Po Bordeaux 
A cura di Annalisa Girardi
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Dopo un lungo iter, il Congresso francese ha approvato il progetto di legge firmato da Emmanuel Macron per inserire il diritto all'aborto in Costituzione. O meglio, per riconoscere la libertà garantita ad ogni donna ad accedere all'interruzione volontaria di gravidanza. La scelta delle parole non è casuale, ma figlia di un lungo dibattito tra le forze politiche. Ne abbiamo parlato con Anna Maria Lecis Cocco Ortu, professoressa di Diritto Pubblico all'Università Sciences Po Bordeaux.

"Si è molto discusso di questa differenza tra diritto e libertà – ci ha spiegato la professoressa – Il progetto di legge di iniziativa presidenziale di Emmanuel Macron che è stato approvato partiva in origine da proposte parlamentari, di iniziativa dell'opposizione. A partire dal giugno 2022, quando c'era stata la famosa sentenza statunitense che ha ribaltato la Roe vs. Wade, sono state diverse proposte di costituzionalizzazione del diritto all'aborto, proprio per evitare le possibili marce indietro che si erano osservate in altri Paesi, come appunto gli Usa ma anche Polonia e Ungheria. In particolare il partito di sinistra di Jean-Luc Mélenchon,  La France Insoumise, aveva avanzato una proposta che sorprendentemente era stata approvata anche in Senato. I senatori di maggioranza, quindi di destra, avevano però cambiato la formulazione, parlando non di diritto all'aborto, ma di libertà".

Per Anna Maria Lecis, però, il nocciolo della questione non sta tanto nell'uso della parola ‘diritto' piuttosto che di ‘libertà': "Il punto non è tanto di differenza tra la parola diritto e libertà. Da un punto di vista giuridico e costituzionale, nonostante il dibattito politico abbia molto insistito su questo, stanno a significare lo stesso tipo di protezione. Il punto è che a ‘libertà' si aggiunge la parola ‘garantita'. Questo è stato il compromesso trovato dal presidente della Repubblica: si è inserita tra le competenze del legislatore quella a legiferare sulle condizioni in cui si esercita questa libertà, cioè a ricorrere all'aborto, ma si aggiunge che questa libertà debba essere garantita. Quindi il legislatore può decidere come declinare questa libertà, a condizione però che venga garantita".

Concretamente questo significa che toccherà al Consiglio costituzionale vigilare affinché le leggi e i provvedimenti in materia rispettino questo principio: "Avere inserito questa libertà garantita in Costituzione significa che ora c'è un limite che viene esplicitamente posto al legislatore. Finora il diritto all'aborto era nella legge, cioè c'era una legge che riconosceva la libertà di abortire, ma inserendolo in in Costituzione si fa in modo che un domani, quando il Consiglio costituzionale si troverà a esaminare delle leggi che intervengono in materia, questo verificare che non ci siano violazioni di quel principio. Questo non significa che da oggi ogni legge che pone delle condizioni in materia di interruzione di gravidanza sarà automaticamente dichiarata incostituzionale, ma che il Consiglio di volta in volta dovrà valutare se queste condizioni limitano in maniera significativa questa libertà o no", spiega la professoressa.

Che poi fa un esempio pratico: "Ad esempio, ora la pratica dell'interruzione di gravidanza viene rimborsata dal sistema sanitario francese. Se un domani il legislatore volesse abrogare il rimborso da parte del sistema sanitario nazionale, una tale disposizione si potrebbe considerare contraria alla Costituzione proprio perché non permetterebbe di garantire la libertà di accesso". Chiaramente, sottolinea l'esperta, "l'iscrizione in Costituzione non protegge da qualsiasi marcia indietro, in uno stato di diritto anche la Costituzione può essere cambiata, però appunto le condizioni diventano più difficili, non basta più una maggioranza politica semplice".

Secondo Anna Maria Lecis in questo storico voto c'è anche un'ambizione, da parte della Francia, di voler tracciare la via per il futuro: "La Francia è il primo Paese a includere la libertà di abortire esplicitamente in Costituzione. In quelle di altri Paesi si trovano formule generali, come la tutela dei diritti riproduttivi e della salute riproduttiva, però la Francia è il primo a riconoscere la libertà costituzionalmente garantita. Tra gli obiettivi di Macron c'è proprio quello di rendere la Francia un faro in questo senso. La Costituzione è un documento in cui una società proclama quelli che considera i suoi principi fondamentali e la Francia, con questa scelta, sta elevando al più alto livello normativa la protezione dell'aborto, anche con l'obiettivo di elevarsi a faro rispetto ad altri Paesi, per mostrare che è possibile andare in questa direzione, contraria alle marce indietro che invece si sono registrate altrove".

Potrebbe quindi accadere anche in Italia? "Va anche detto che è vero che i Paesi si guardano l'un l'altro, ma sicuramente su queste questioni è difficile che ci siano processi di emulazione. Sono temi riguardano la specificità culturale e storica di ogni Paese. In Italia chiaramente siamo ben lontani dal poter parlare del riconoscimento in Costituzione di questo diritto, che ancora appena viene riconosciuto nell'applicazione della legge. Ma perlomeno la Francia punta a riaprire un dibattito, adesso un precedente c'è", conclude la professoressa.

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