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Guerra in Ucraina

Come e perché Putin potrebbe usare l’atomica: parla l’analista russo Pavel Luzin

“Un attacco dimostrativo con un’arma tattica è probabile, se Mosca teme la sconfitta”. Ma le forze armate potrebbero sabotarlo: “Manca fiducia lungo la catena di comando”.  L’analista russo Luzin guida Fanpage.it in un inquietante viaggio nella dottrina militare del Cremlino.
A cura di Redazione
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Questo articolo non è firmato a tutela del nostro inviato a Mosca, dopo l'approvazione di leggi contro la libertà di stampa in Russia

Il colpo probabilmente arriverebbe dall’incrociatore Moskva, gioiello della flotta del Mar Nero. Ma invece dei suoi cruise potrebbero anche essere scelti i missili balistici a corto raggio Iskander, lasciando così l’onere e l’onore alle forze di terra. Oppure potrebbe pensarci l’aviazione, con uno dei suoi mega bombardieri TU-95. Certo è che Putin, se si sentisse alle corde in Ucraina, ha pronta sul tavolo l’opzione dell’uso di un’arma nucleare tattica per risolvere a suo favore il conflitto. La prevede l’attuale dottrina militare russa. Resta da vedere se alla volontà politica di farvi ricorso corrisponderebbero capacità organizzative e affidabilità della catena di comando.  E se l’eventuale effetto sarebbe quello desiderato.

Il concetto strategico è folle fin dalla definizione che gli è stata data, “escalation per una de-escalation”. Significa colpire per primi con una forza nucleare limitata, contando su un’immediata paralisi del nemico e quindi sulla sua capitolazione. Ed evitando così – è il tutt’altro che scontato  ragionamento – una guerra totale a colpi di missili intercontinentali. “La nozione non è fondata su calcoli precisi ma solo sulla psicologia”, nota Pavel Luzin, politologo e studioso delle forze armate russe per il think tank Riddle. “C’è dietro una sorta di ‘dogma religioso’ secondo cui il Cremlino ha gli attributi mentre le élite e le società degli antagonisti probabili e reali sono deboli e devono solo tremare”. È l’opinione di Mosca sull’Occidente.

Le armi nucleari tattiche – o “non strategiche”, come preferiscono chiamarle gli addetti ai  lavori – sono più piccole e a minor gittata rispetto alle loro sorelle maggiori. Ma non meno pestifere. Destinate a colpire obbiettivi specifici come installazioni o forze nemiche sul campo di battaglia, hanno una potenza che varia con il modello, ma che può arrivare a 10 chilotoni. La bomba di Hiroshima era di 15. Secondo la rivista Scientific American, la Russia possiede circa 2.000 testate di questo tipo. Possono essere portate sul bersaglio da diversi vettori, alcuni dei quali già utilizzati con testate convenzionali contro obiettivi ucraini in queste settimane. Un primo colpo sarebbe soltanto “dimostrativo”, quel che succederebbe dopo “del tutto imprevedibile”, spiega Luzin a Fanpage.it.

In quale circostanza Putin potrebbe decidere di usare un’arma nucleare non strategica in Ucraina? La minaccia atomica che aleggia fin dall’inizio del conflitto si concretizzerebbe solo se fosse messa a rischio la stessa esistenza della Russia, come dice il Cremlino?

In quel caso verrebbero usate armi nucleari strategiche. Ma l’utilizzo di un’arma nucleare tattica può essere deciso semplicemente se Putin ritiene che le sue forze armate siano vicine alla sconfitta sul campo. L’opzione è oggi parte integrante del pensiero militare russo. Sono state svolte esercitazioni ad hoc. Nel 2013, per esempio, si è finto un attacco nucleare tattico alla Svezia. E l’addestramento è continuato con le grandi manovre Grom del 2019 e del 2020.

Visto che la guerra non sembra proprio andare secondo i piani iniziali di Mosca, quanto  è probabile, in percentuale, che si scelga l’opzione nucleare? 

La guerra certamente non va secondo i piani del Cremlino. La probabilità quindi esiste. Non saprei dire se è del 5% o del 35%. Ma si tratta di un’ipotesi realistica.

E come verrebbero usate queste armi? Si colpirebbero reparti militari, installazioni, città?

No. Il primo colpo sarebbe solo dimostrativo, psicologico. Su un’area disabitata o in mare aperto. Si tratta di far vedere che si è pronti a usare armi nucleari. Lo scopo è demoralizzare l’avversario e costringerlo ad accettare la disfatta. Il problema del concetto della “escalation per una de-escalation”, però, è che non si saprebbe che fare nel caso in cui l’avversario non fosse pronto a capitolare.

Forse stavolta si prenderebbe la mira, sparando le atomiche direttamente sul nemico?

In teoria. Ma in pratica sarebbe possibile? Non esistono esperienze pregresse. Come reagirebbero le stesse forze armate russe? Quali sarebbero le ripercussioni politiche e sociali nel Paese? E cosa farebbe la comunità internazionale? Si tratta pur sempre di armi nucleari. Fuori dalla Russia il loro utilizzo è generalmente considerato inaccettabile, una minaccia esistenziale. Chi garantirebbe a Putin, dopo un attacco del genere su Kyiv o su Kharkiv, di non trovarsi davanti una coalizione di tutte le potenze nucleari, dagli Usa alla Cina passando per Francia e Gran Bretagna – India, Pakistan e Israele compresi? Una coalizione decisa a fermare la  potenza nucleare impazzita?

Quindi la teoria della “escalation per la de-escalation” fa acqua.

È un concetto di strategia militare completamente sbagliato. Si fonda sulla sola psicologia. Esiste perché l’élite politica russa percepisce l’utilizzo di armi nucleari come non particolarmente terrificante e del tutto accettabile. Al Cremlino credono di poterle usare facilmente. Ma non basta premere un bottone. Non sarebbe Putin, dopo aver dato l’ordine, a lanciare materialmente l’attacco. Dovrebbero farlo le forze armate. E siamo sicuri che siano pronte a farlo?

Come funzionerebbe, logisticamente? I missili sono già sul terreno. Basta far arrivare le testate, giusto?

No, impossibile. Proprio per questioni logistiche, e di sicurezza, i vettori non possono essere sul teatro di guerra. Devono essere sul territorio russo, dove si trovano anche le aree di stoccaggio delle testate.

E allora da dove verrebbe sferrato il colpo?

La maggior parte di queste armi sono destinate alla marina. L’incrociatore lanciamissili Moskva (12.500 tonnellate, 500 marinai di equipaggio: è l’unità più potente della flotta del Mar Nero, ndr), sembra al momento l’unica nave con capacità nucleari. Il colpo potrebbe partire da lì. Anche i sottomarini diesel-elettrici della stessa flotta in teoria potrebbero lanciare ordigni nucleari con i loro missili Kalibr. Ma un utilizzo in questo senso è difficile dal punto di vista organizzativo.

Ma anche aviazione ed esercito hanno testate nucleari tattiche.

Certo, quelle destinate all’aviazione sono soprattutto bombe a gravità e testate per missili cruise. Si ritiene inoltre che esistano testate per il sistema di difesa antiaerea S-300. Non ho conferme, invece, sulla capacità nucleare dell’S-400 (più recente, sofisticato e potente sistema di difesa antiaerea, ndr). E poi c’è la difesa di Mosca, che fa affidamento su ordigni nucleari per eredità sovietica. Per quanto riguarda l’esercito, invece, il vettore principale è rappresentato dai missili Iskander, sia balistici che da crociera. E c’era anche una ‘artiglieria nucleare, nell’Armata rossa. Ma non si sa se le munizioni atomiche esistano ancora.  Presumibilmente, invece, sono a disposizione proiettili nucleari per le batterie di difesa costiera.

Diceva che in alcuni casi, in particolare quello dei sottomarini del Mar Nero, lanciare un attacco nucleare è tecnicamente possibile ma difficile dal punto di  vista organizzativo. Che significa?

Che le autorità politiche non si fiderebbero dell’equipaggio di un sottomarino di dimensioni limitate (la flotta del Mar Nero non dispone dei giganteschi sottomarini nucleari, ndr), mancante di un addestramento specifico e che in immersione sfuggirebbe a un controllo diretto.

Si spieghi meglio.

Nella Russia post-sovietica il Cremlino non ha mai avuto fiducia nelle forze armate. Si è così creato un sistema in cui qualsiasi arma nucleare deve essere controllata dalla leadership politica  – o dai più alti gradi dell’esercito – dalla fabbricazione fino allo smantellamento. Sarebbero gli ufficiali del 12° direttorato principale del ministero della Difesa (il direttorato responsabile di tutti gli armamenti  nucleari in Russia, ndr) a consegnare di persona le testate al reparto che le dovrebbe poi utilizzare, e a controllare ogni fase del  processo. Putin vuole esser certo che l’ordine venga eseguito. E che possa essere in ogni momento cancellato. Ecco perché difficilmente verrebbe scelto un sottomarino della flotta del Mar Nero. Per ragioni analoghe non si affiderebbe un attacco nucleare tattico a cacciabombardieri a due posti, come il Su-24  o il Su-34. Servono più persone a bordo, per esser certi dell’obbedienza degli operatori. Devono crearsi una solidarietà e una psicologia collettiva, alla fine della catena di comando. E devono esser presenti anche ufficiali del 12° direttorato. Ciò sarebbe possibile su un bombardiere strategico a lungo raggio, come il TU-95, o sui più recenti TU-142. Ed è certamente possibile nelle brigate missilistiche di terra titolari degli Iskander. Ma l’ipotesi più praticabile resta quella dell’incrociatore Moskva. Che in ogni momento è in comunicazione diretta con il Cremlino e con tutti i comandi intermedi.

Quanto è lunga la catena di comando, per l’utilizzo di un’arma nucleare tattica?

Parecchio. Putin, il ministro della Difesa Shoygu, il capo delle forze armate Gerasimov, i vertici del 12° direttorato, i responsabili dello stoccaggio della testata, gli ufficiali che devono predisporla per l’uso, fino al capo del reparto che deve far fuoco. E in ogni momento, man mano che si scende di livello, è possibile un sabotaggio. Nessuno si accorgerebbe se uno specialista anziché predisporre l’arma per l’uso previsto la rende invece innocua.

Quindi una cosa è la volontà politica e altra cosa è implementarla.

Il punto debole è la mancanza di fiducia tra potere politico e forze armate e tra le gerarchie militari. E poi – da quel che apprendo direttamente – nelle forze armate il morale è a terra, specialmente tra i gradi meno alti. Pensare di implementare un’offensiva nucleare in queste condizioni è davvero poco realistico. Ma al Cremlino si ritiene che si possa fare.

La retorica nucleare abbonda nelle dichiarazioni ufficiali del Cremlino ma è addirittura onnipresente nella propaganda dei media, in Russia. Per la maggior parte della gente è diventato normale pensare che si possa utilizzare l’atomica. Che sta succedendo alla società russa?

È in atto un imbarbarimento della società. La gente vuole proprio sentirla, questa propaganda. Perché ha bisogno di credere a qualche favola, per esorcizzare la paura e la demoralizzazione striscianti. C’è un degrado dell’istruzione, della cultura e della civiltà. I russi sono in preda a una dissonanza cognitiva: anche chi ripete le parole dei propagandisti e trova normale e giusto l’eventuale uso di armi nucleari in fondo sa benissimo che il massacro di Bucha è davvero avvenuto e che in Ucraina si stanno commettendo crimini di guerra. Eppure dicendo che si tratta di fake news si rende partecipe degli stessi crimini. Se anche la guerra decretasse la fine dell’attuale leadership politica, imbarbarimento e frammentazione continueranno a prevalere a lungo, nella società russa.

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