95 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Colpo di stato in Myanmar, il mondo intero chiede la scarcerazione di Aung San Suu Kyi

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, si è unito al coro di coloro che a livello internazionale hanno chiesto l’immediata scarcerazione di Aung San Suu Kyi all’indomani del colpo di stato dell’esercito birmano che ha preso il potere in Myanmar. L’inquilino della Casa Bianca ha minacciato di ripristinare le sanzioni contro il Paese. Intanto, oggi si riunisce il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dove con ogni probabilità la Cina si opporrà a prese di posizioni dure, per discutere della questione birmana.
A cura di Ida Artiaco
95 CONDIVISIONI
Immagine

Si moltiplicano le richiesta di scarcerazione di Aung San Suu Kyi all'indomani del colpo di stato dell’esercito birmano che ha preso il potere in Myanmar e dichiarato lo stato di emergenza per un anno, assumendo di fatto il controllo del Paese. Insieme alla leader del partito che ha la maggioranza nel parlamento, cioè la Lega nazionale per la democrazia (Lnd), e che di fatto è al capo del governo, sono stati portati in prigione centinaia di parlamentari. Tra coloro che hanno alzato la voce chiedendo l'immediata messa in libertà della 75enne Premio Nobel per la Pace c'è anche il presidente Usa, Joe Biden, che ha minacciato di ripristinare le sanzioni contro il Myanmar, allentate solo al tempo di Barack Obama, dopo che il Paese aveva iniziato a uscire da una dittatura militare pluridecennale, affermando che i militari "non hanno il diritto e il potere di annullare la volontà del popolo".

L'esercito, infatti, da diverse settimane continuava a denunciare irregolarità durante le elezioni legislative dello scorso novembre, vinte in modo schiacciante proprio dalla Lnd con l'80% delle preferenze. Una situazione che è degenerata fino al colpo di stato del primo febbraio. Non ci sono indicazioni precise sul luogo in cui sarebbe attualmente detenuta Aung San Suu Kyi, anche se fonti a lei vicine affermano che si trova agli arresti domiciliari, così come il presidente Win Myint. "Siamo stati informati che stanno bene. Tuttavia siamo preoccupati. Sarebbe un sollievo se potessimo vedere una loro foto a casa", ha detto un parlamentare all'agenzia di stampa AFP, in condizione di anonimato.

Immagine

La leader birmana, giorni prima di essere arrestata, aveva già esortato i suoi sostenitori a "protestare contro il colpo di stato", avvertendo che le azioni dei militari avrebbero rimesso il paese sotto una dittatura. Tuttavia, per le strade del Paese sembra esserci una strana calma. Le strade sono rimaste tranquille lunedì sera e martedì mattina, con le truppe che pattugliavano tutte le principali città e il coprifuoco notturno in vigore. I sistemi di comunicazione che erano stati interrotti dopo il colpo di stato sono tornati martedì mattina, così come le connessioni telefoniche e Internet. Intanto, proprio oggi il dossier sul Myanmar finirà sul tavolo del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dove con ogni probabilità la Cina si opporrà a provvedimenti drastici. Già lunedì, il regime di Pechino si era mostrato contrario alla netta condanna espressa da Onu, Ue, Usa, Giappone. E il ministero degli Esteri ha dichiarato che "tutte le azioni della comunità internazionale devono contribuire alla stabilità politica e sociale del Myanmar, così da prevenire che le tensioni si inaspriscano". Ma la situazione è tutt'altro che tranquilla. A conferma di ciò, alcune multinazionali che avevano cominciato a investire nel Paese hanno interrotto la produzione, come nel caso della giapponese Suzuki.

95 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views