Chi riconosce lo Stato Palestinese, chi no e perché occorre prima fermare il colonialismo di Israele

Il massacro in corso di Israele a Gaza sta accelerando nelle ultime settimane il processo di riconoscimento dello Stato di Palestina da parte di Paesi che finora avevano avuto una posizione contraria o ambigua: dopo la Francia con Macron e il Regno Unito con Starmer, infatti, anche il Canada ha recentemente annunciato che il prossimo settembre riconoscerà l'indipendenza palestinese, facendo così salire a 150 su 193 i membri dell'ONU che assumeranno questa posizione, valida oggi però – è importante sottolinearlo – più sul piano simbolico e politico che su quello concreto. L'Italia ha fatto sapere che al momento non riconoscerà lo Stato di Palestina. Secondo Meloni sarebbe "troppo presto".
A quasi quattro decenni dalla proclamazione unilaterale dello Stato di Palestina da parte di Yasser Arafat il tema del riconoscimento internazionale resta quindi al centro del dibattito geopolitico globale, anche se l'evoluzione degli ultimi decenni ha reso la questione sempre più complessa: entro quali confini dovrebbe sorgere lo Stato di Palestina? E chi provvederà a far rispettare il diritto internazionale e cacciare le centinaia di migliaia di coloni israeliani che occupano illegalmente gran parte della Cisgiordania?

Quali Paesi riconoscono o riconosceranno presto lo Stato di Palestina
Partiamo dal 15 novembre 1988: quel giorno, durante la prima intifada, il leader dell'OLP Yasser Arafat proclamò ad Algeri uno Stato palestinese indipendente con Gerusalemme capitale. L’Algeria fu il primo Paese a riconoscerlo, seguita da numerosi altri, soprattutto nel mondo arabo, in Asia, Africa ed Europa orientale. Tra il 2010 e il 2011, anche diversi Paesi sudamericani, come Argentina, Brasile e Cile, sostennero la causa palestinese durante la crisi del processo di pace in Medio Oriente.
Di fatto, ad oggi sono 147 gli stati che già riconoscono la Palestina. Altri quattro Paesi dovrebbero formalizzare il riconoscimento a settembre 2025.
In Europa hanno già riconosciuto la Palestina Svezia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Cipro, Slovenia (2024), Irlanda (2024), Spagna (2024), Norvegia (2024), Armenia (2024), Islanda, Albania e Serbia. Lo faranno a settembre 2025 Francia, Regno Unito e Malta.
Nel resto del mondo hanno già riconosciuto la Palestina:
- Africa: quasi tutti i paesi, tra cui Egitto, Sudafrica, Algeria, Nigeria, Tunisia, Kenya.
- Asia: Russia, Arabia Saudita, Iran, Iraq, Indonesia, Pakistan, India, Cina, Vietnam, Malesia.
- America Latina: Brasile, Argentina, Messico, Venezuela, Bolivia, Cile, Cuba.
- Caraibi: Barbados, Giamaica, Trinidad e Tobago, Saint Vincent e Grenadine.
- Oceania: Papua Nuova Guinea, Vanuatu.
Lo farà a settembre 2025:
- Canada
I Paesi che dicono no allo Stato Palestinese e perché
Ad oggi, 46 Paesi non riconoscono ufficialmente lo Stato di Palestina. Tra questi figurano: Stati Uniti, Germania, Italia, Giappone, Corea del Sud, Australia, Paesi Bassi, Austria, Finlandia, Danimarca, Belgio, Svizzera, Grecia, Portogallo, Lettonia, Lituania, Estonia. Molti di questi stati giustificano la loro posizione con argomenti diplomatici e strategici, tra i quali la necessità di una soluzione negoziata bilaterale con Tel Aviv e la sicurezza di Israele, considerato un alleato strategico, soprattutto nel contesto NATO e occidentale.
L’Italia ha finora scelto una linea diplomatica prudente, sostenendo il principio della soluzione a due Stati ma ritenendo prematuro il riconoscimento unilaterale, finché non ci sarà una ripresa del negoziato israelo-palestinese in sede multilaterale. Il nostro Paese si sta distinguendo in questi anni come uno dei più fedeli alleati di Israele, con cui commercia ancora armamenti e a cui ha affidato gran parte della sua cybersicurezza.

Qual è lo status della Palestina all'ONU
Lo status della Palestina presso le Nazioni Unite è da anni al centro del dibattito internazionale. Attualmente, il territorio gode dello status di "Stato osservatore permanente non membro", una posizione che le consente di partecipare ai lavori dell’Assemblea Generale e delle principali agenzie dell’ONU, ma senza diritto di voto. Un riconoscimento simbolico, ma non equiparabile all’adesione formale riservata ai 193 Stati membri.
La Palestina ha ottenuto questo status nel 2012, grazie a una risoluzione approvata dall’Assemblea Generale con una larga maggioranza (138 voti a favore, 9 contrari e 41 astensioni, tra cui l'Italia). Fino ad allora, partecipava ai lavori dell’ONU come semplice entità osservatrice. Con la nuova designazione, ha guadagnato il diritto di intervenire nei dibattiti e presentare documenti, ma resta esclusa dalle votazioni ufficiali. Un’eccezione temporanea avvenne nel 2019, quando alla Palestina furono momentaneamente concessi ulteriori poteri procedurali.
Il tema dell’ammissione come Stato membro a pieno titolo è tornato d’attualità nell’aprile 2024, quando la Palestina ha rinnovato la sua richiesta al Segretario Generale dell’ONU. La procedura, prevista dalla Carta delle Nazioni Unite, prevede che il Consiglio di Sicurezza valuti la domanda e, in caso di esito positivo, la raccomandi all’Assemblea Generale, che delibera con una maggioranza qualificata di due terzi. Tuttavia, il nodo resta politico: al Consiglio di Sicurezza, infatti, ogni dei cinque membri permanenti – tra cui gli Stati Uniti – può esercitare il diritto di veto, com’è accaduto nel 2011, quando la richiesta palestinese fu bloccata.
Oggi, la bandiera palestinese sventola fuori dal Palazzo di Vetro a New York, ma non tra quelle dei membri effettivi. Il sogno di un seggio pieno all’ONU resta, per ora, simbolico. Ma ogni nuova richiesta rappresenta un segnale politico forte: la Palestina non intende rinunciare alla sua battaglia diplomatica per il riconoscimento internazionale.
Il riconoscimento della Palestina da solo basta?
Il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte di un numero crescente di Paesi è un passo politico simbolico, ma non risolve le questioni più urgenti sul terreno. Prima fra tutte: i confini.
I confini riconosciuti dello Stato di Palestina, secondo il diritto internazionale e varie risoluzioni ONU (es. 242 e 338), sono quelli precedenti alla guerra del 1967, ovvero Cisgiordania (West Bank), inclusa Gerusalemme Est, e Striscia di Gaza
La Cisgiordania è frammentata da check-point, muri e strade riservate ai coloni israeliani, in violazione del diritto internazionale. Le colonie, considerate illegali dalle Nazioni Unite, si sono moltiplicate, rendendo sempre più irrealizzabile una contiguità territoriale palestinese. Anche Gerusalemme Est, che dovrebbe essere la capitale di uno Stato palestinese, è di fatto annessa da Israele. I coloni – spesso con la complicità tacita delle autorità – si sono resi responsabili di espropri, attacchi a civili palestinesi e distruzione di proprietà, alimentando tensioni costanti.

Il riconoscimento formale, quindi, non ferma l’espansione degli insediamenti, né garantisce la sovranità effettiva di un popolo ancora sotto occupazione. Il 7 ottobre 2023, l’attacco di Hamas e la successiva risposta militare israeliana su Gaza hanno solo aggravato la situazione, facendo crollare ogni residua fiducia nel processo di pace. In questo contesto, il riconoscimento senza una pressione internazionale concreta su Israele rischia di rimanere un atto puramente simbolico, incapace di cambiare la realtà di milioni di palestinesi privati di diritti fondamentali.
Senza fine all’occupazione, rispetto del diritto internazionale e una soluzione politica credibile, nessuno stato palestinese sarà possibile.