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Guerra in Ucraina

Chi ci sarà davvero ai negoziati tra Russia e Ucraina a Istanbul e cosa si deciderà

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky volerà a Istanbul, in Turchia, giovedì 15 maggio per i negoziati diretti con la Russia. Ci saranno anche gli Stati Uniti, con una delegazione di cui non farà parte Donald Trump. Non è chiaro invece chi invierà Mosca: sembra sempre più improbabile che Vladimir Putin si presenti di persona.
A cura di Luca Pons
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Mancano meno di quarantotto ore all'inizio dei negoziati fissati per il 15 maggio a Istanbul, in Turchia, tra Russia e Ucraina. L'invito all'appuntamento era arrivato a sorpresa dal presidente russo Vladimir Putin domenica scorsa, ma ora proprio Putin è quello che più probabilmente non si presenterà all'incontro. Il leader ucraino Volodymyr Zelensky ha accettato, e ha ribadito che il suo obiettivo è raggiungere un cessate il fuoco di trenta giorni. Ma anche gli Stati Uniti hanno deciso di giocare una grossa parte nell'incontro: si era ipotizzato che Donald Trump in persona avrebbe partecipato, ma oggi il presidente Usa – impegnato in un viaggio in Medio oriente – ha annunciato che ci sarà il suo segretario di Stato, Marco Rubio.

Zelensky ci sarà, Kiev: "Se Putin non viene non vuole la fine della guerra"

Nelle ultime ore le pressioni internazionali nei confronti di Putin sono cresciute. Zelensky ha insistito sulla necessità che il presidente russo sia presente, perché solo lui "ha il potere di decidere sul cessate il fuoco". Dall'Unione europea sono arrivati diversi appelli, tra cui quello dell'Alta rappresentante per gli affari esteri Kaja Kallas, che ha detto che non pensa che Putin "oserà sedersi al tavolo" con gli ucraini.

L'ufficio del presidente ucraino ha fatto sapere che l'Ucraina è " aperta a qualsiasi formato negoziale con la Russia", ma che la condizione principale deve essere il cessate il fuoco. E che, se Putin non sarà presente, sarà "il segnale definitivo del fatto che la Russia non vuole porre fine a questa guerra, che la Russia non vuole negoziati". Lo stesso Zelensky ha ribadito lo stesso messaggio: "Penso che Putin non voglia che la guerra finisca, non voglia un cessate il fuoco, non voglia negoziati".

Il leader ucraino non si è fermato, ma ha insistito per chiedere che se Putin non accetta l'incontro ci siano sanzioni internazionali. "Mi aspetto forti sanzioni contro Mosca da parte degli Stati Uniti e dell'Unione europea" , ha detto in conferenza stampa. Subito è arrivata la risposta affermativa della Germania, in particolare del cancelliere Friedrich Merz. E in Italia il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha concordato: "Ora la responsabilità di tutto è nelle mani di Mosca. Gli americani hanno fatto delle proposte, gli ucraini hanno dimostrato una volontà di accettarle. È chiaro che se non si fa né un cessate il fuoco, né ci si siede attorno a un tavolo, saremo costretti ad infliggere altre sanzioni a livello europeo alla Federazione russa".

La pressione sul presidente russo e l'attacco di Putin ai "deficienti" europei

In campo russo, naturalmente, la linea è ben diversa. Mosca – tramite il viceministro degli Esteri Sergei Ryabkov – ha detto di essere pronta a negoziati seri, e ha accusato Kiev di non esserlo. Non è ancora noto chi guiderà la delegazione russa, anche se agenzie stampa cinesi e azere hanno ipotizzato che sarà il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, insieme al consigliere del Cremlino per gli affari internazionali Yuri Ushakov.

Niente Putin, quindi, che in conferenza stampa ha detto che coloro che "vogliono male" alla Russia potrebbero adottare nuove sanzioni, che però andranno "a loro discapito", perché sono "deficienti". "Dobbiamo tenere a mente che potrebbero fare ciò di cui parlano pubblicamente, e naturalmente dobbiamo ridurre al minimo gli effetti negativi su di noi", ha concluso. Il riferimento era evidentemente all'Europa, che il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha accusato: "Il suo approccio non è equilibrato. È piuttosto a favore della guerra, mirato a continuarla. Ed è in netto contrasto con l'approccio che viene dimostrato, ad esempio, a Mosca o a Washington".

Finora non si è parlato molto dei termini concreti degli eventuali negoziati da portare avanti a Istanbul. Se l'Ucraina ha messo al centro un cessate il fuoco di trenta giorni, Mosca ha parlato della necessità di discutere "l'entrata nella Federazione russa" dei "nuovi territori", cioè quelli in parte occupate dall'esercito russo. L'annessione, insomma, delle zone conquistate militarmente. O, come ha detto il viceministro degli Esteri Ryabkov, "il riconoscimento delle realtà che si sono create negli ultimi tempi".

Cosa vogliono gli Stati Uniti di Trump

C'è poi la terza parte ‘in causa', cioè gli Stati Uniti. Come detto, dopo che nelle scorse ore si era ipotizzato che Donald Trump si presentasse di persona a Istanbul, il presidente ha comunicato che sarà presente il segretario di Stato Marco Rubio. Insieme a lui anche gli inviati speciali Steve Witkoff e Keith Kellogg.

Trump ha detto che di aspettarsi "buoni risultati" dal vertice, e ha chiesto che "l'Occidente non si faccia trascinare in una guerra infinita in Europa". Witkoff ha dichiarato che è stato fatto "molto per colmare le distanze" tra i due Paesi, con la mediazione degli Usa. E ha elencato le questioni centrali che sono ancora aperte: chi controllerà le regioni contese dopo l'eventuale chiusura del conflitto, chi gestirà la centrale nucleare di Zaporizhzhia (oggi militarmente tenuta dalla Russia, e che produce moltissima elettricità) e come l'Ucraina avrà accesso al fiume Dnipro e al Mar Nero, che è un collegamento con il Mediterraneo e con gli oceani.

Witkoff ha detto, in un'intervista a Breitbart, che il presidente Trump ha dato "un ultimatum a entrambe le parti: senza colloqui diretti e se non si terranno rapidamente, allora crede che gli Stati Uniti dovrebbero fare un passo indietro da questo conflitto, qualunque cosa ciò significhi, e semplicemente non essere coinvolti". E ha insistito: "Non è la nostra guerra. Non l'abbiamo iniziata, ma vogliamo contribuire a porvi fine. Il modo in cui ciò avviene è un cessate il fuoco: tutti interrompono la violenza e trascorriamo un po' di tempo insieme per affrontare le questioni principali, e credo che ci riusciremo".

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