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Bombardato ospedale MSF in Sud Sudan: “Era l’unica struttura sanitaria per 110mila persone”

Medici Senza Frontiere ha fatto sapere che la struttura sanitaria era geolocalizzata e che dunque la sua posizione era nota alle parti in conflitto: “L’ospedale di Old Fangak è l’unico ospedale della contea di Fangak e serve una popolazione di oltre 110.000 persone, che già avevano un accesso estremamente limitato all’assistenza sanitaria”.
A cura di Davide Falcioni
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Almeno sette persone sono state uccise e una ventina ferite in un attacco aereo condotto contro la cittadina di Old Fangak, nel nord del Sud Sudan. Lo ha riferito Medici Senza Frontiere (MSF), denunciando la distruzione dell’unico ospedale funzionante nell’area, colpito sabato mattina da due elicotteri da guerra.

"Il bombardamento del nostro ospedale a Old Fangak – ha spiegato Mamman Mustapha, capomissione di MSF in Sud Sudan – ha causato danni ingenti, tra cui la distruzione totale della farmacia che è stata rasa al suolo. Qui erano conservate tutte le nostre forniture mediche per l'ospedale, compromettendo gravemente la nostra capacità di fornire cure. Condanniamo con forza questo attacco, che è avvenuto nonostante la geolocalizzazione di tutte le strutture di MSF – compreso l'ospedale di Old Fangak – fosse stata comunicata a tutte le parti in conflitto. L'ospedale di Old Fangak è l'unico ospedale della contea di Fangak e serve una popolazione di oltre 110.000 persone, che già avevano un accesso estremamente limitato all'assistenza sanitaria".

La struttura sanitaria colpita rappresentava dunque un punto di riferimento essenziale per l'intera comunità locale. Secondo MSF, l’assalto è cominciato intorno alle 4:30 del mattino, quando due elicotteri hanno sganciato una bomba sulla farmacia dell’ospedale, incendiandola, e hanno poi aperto il fuoco sulla cittadina per circa 30 minuti. Ore dopo, altri attacchi hanno colpito un mercato locale, provocando morti, ferito e la fuga della popolazione civile.

Sotto accusa il governo

Le autorità locali di Old Fangak, roccaforte del movimento d’opposizione SPLM-IO guidato da Riek Machar, hanno puntato il dito contro l’esercito governativo. "Solo l’esercito ha la capacità per condurre un attacco del genere", ha dichiarato il commissario della contea, che ha anche riferito ad Al Jazeera che l’aereo impiegato era di proprietà governativa. Fonti locali confermano che un’altra struttura di MSF nella regione era stata attaccata e saccheggiata due settimane prima. Non sono giunte dichiarazioni ufficiali da parte delle forze armate sud sudanesi, mentre il portavoce del governo ha affermato che le indagini sono ancora in corso.

Il Sud Sudan, un Paese sull’orlo del baratro

L’episodio si inserisce in un contesto già gravemente instabile. Il Sud Sudan, indipendente dal 2011 dal Sudan, è nuovamente a rischio guerra civile dopo il fallimento dell’accordo di condivisione del potere tra il presidente Salva Kiir e il suo ex alleato e rivale Riek Machar. I due leader, rappresentanti rispettivamente dei principali gruppi etnici Dinka e Nuer, avevano già guidato fazioni opposte nella guerra civile del 2013-2018, costata circa 400mila vite.

Dallo scorso marzo, Machar è stato posto agli arresti domiciliari con l'accusa di sovversione. Molti altri esponenti dell’opposizione sono stati incarcerati. Nel frattempo, l’esercito governativo, con l’appoggio di forze ugandesi, ha intensificato gli attacchi nelle aree controllate dall’opposizione, in particolare negli Stati di Jonglei e Alto Nilo.

Allarme internazionale

L’attacco a Old Fangak rappresenta una delle più gravi escalation recenti. Venerdì, diverse ambasciate occidentali, tra cui quella statunitense, hanno lanciato l’allarme sulla rapida deteriorazione della situazione politica e militare nel paese, chiedendo la liberazione immediata di Machar e un ritorno urgente al dialogo. Anche la Farnesina sconsiglia sul sito Viaggiare Sicuri di recarsi in Sud Sudan: "Alla luce dei più recenti sviluppi nello Stato dell'Upper Nile e del progressivo, ulteriore deterioramento delle condizioni di sicurezza in tutto il Sud Sudan, si invitano i connazionali ancora presenti a valutare l'opportunità di lasciare il Paese, non appena possibile".

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