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“Educazione siberiana” al Bellini: Miale di Mauro ci racconta l’inferno degli Urka (INTERVISTA)

In scena al Teatro Bellini di Napoli fino a domenica 9, lo spettacolo del regista Giuseppe Miale Di Mauro tratto dal best seller di Nicolai Lilin: “Educazione siberiana”. In scena nel ruolo dei due fratelli Francesco Di Leva e Adriano Pantaleo e nel ruolo del nonno Kuzja, l’attore torinese Luigi Diberti.
A cura di Andrea Esposito
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Adattare per il teatro un testo come “Educazione siberiana” non è impresa facile. Il romanzo che solo in Italia ha venduto oltre centomila copie ed è stato tradotto in venti lingue rappresenta, infatti, il tentativo di fissare in forma letteraria storie, voci, tradizioni e miti di una cultura che nasce e resta orale.

Per trasformare dunque la parola scritta in drammaturgia bisogna compiere un percorso inverso alla ricerca della vera matrice delle storie che il giovane scrittore Nicolai Lilin ha rivelato al mondo accendendo un faro su una realtà tanto sconosciuta quanto sconvolgente.

La vicenda, per chi si fosse perso sia il libro che il film, narra la storia e le tradizioni degli Urka siberiani ultimi discendenti di una stirpe guerriera: uomini che amano definirsi “criminali onesti”, membri di una comunità animata da un’etica feroce e brutale, capace però di esprimere un sistema di valori che paradossalmente si dichiara incorrotto.

Ambientato in Transnistria, regione dell’ex Unione Sovietica oggi Moldova, la storia racconta le vicende di due fratelli molto diversi tra loro: il primo è Boris, un giovane legato a doppio filo agli insegnamenti della tradizione siberiana e che cerca di somigliare in tutto ai membri più anziani della comunità. Il secondo è Yuri, un ribelle pronto a infrangere ogni regola e a tradire la sua stessa famiglia per amore del Dio denaro. A fare da guida ai due ragazzi il vecchio Nonno Kuzja, che cerca di tramandare ai suoi nipoti le tradizioni del proprio popolo nonostante la minaccia sempre più concreta e invasiva del consumismo occidentale.

“Educazione Siberiana è – secondo le parole di Miale Di Mauro – una grande tragedia moderna. Una storia di sentimenti forti: l'amore, l'amicizia, l'odio, il tradimento, i sogni. È la caduta degli ultimi testimoni di una cultura che sta scomparendo e l'ascesa dei nuovi padroni di una società alla deriva. E nel mezzo c'è la guerra. Una comunità, quella degli Urka Siberiani, criminali che si definiscono onesti e combattono il potere comunista. Simbolicamente ho stretto la comunità intorno ad un semplice ambiente familiare, costringendola a convivere con l'invadente presenza di un muro che ricorda quello di Berlino, e che proprio come quello, delimita una linea di confine. Oltre quel muro c'è la vita che i vecchi criminali detestano e alcuni giovani ambiscono. Quello che colpisce di questi criminali onesti è il loro sentimento anarchico, la loro voglia di libertà, il loro legame con la vita e la morte, che a prescindere dal giudizio personale, non si può non sentire vicino. Ecco, è da qui –  conclude il regista – che sono partito per raccontare una storia apparentemente lontana da noi, ma così vicina nei sentimenti primordiali dell'essenza umana”.

In effetti, uno degli aspetti della cultura Urka che più ha fatto breccia qui da noi è proprio legato al culto delle armi, esposte in ogni casa ai piedi delle icone religiose, e quello dei tatuaggi, vere e proprie iscrizioni che raccontano attraverso il corpo la vicenda di ognuno. Lo stesso Lilin che a quanto pare in tenera età è stato arruolato come cecchino ne ha molti su tutto il corpo, e addirittura pare se ne vada in giro per Milano, sua città adottiva, carico di armi e coltelli.

Ad ogni modo, dopo un lungo lavoro svolto a stretto contatto con l’autore, la compagnia NesT diretta da Giuseppe Miale di Mauro ha tratto il suo spettacolo che si dipana come una discesa nell’inferno dei dieci comandamenti dell’educazione degli Urka. La scenografia di Carmine Guarino suddivide il palco in due spazi distinti: in primo piano, un interno popolare quasi del tutto disadorno dove in un angolo campeggia una tiara papale zeppa di icone; in secondo piano, degli spazi aperti e desolati in cui si svolgono regolamenti di conti, violenze e brutali omicidi. Nel cast, oltre ai due fratelli interpretati da Francesco Di Leva ed Adriano Pantaleo, spicca nel ruolo del nonno Kuzja l’attore torinese Luigi Diberti.

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