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Opinioni

Cattolici contro le uguaglianze: la strana polemica sull’educazione di genere

La stampa cattolica si scaglia contro il progetto di educazione di genere dell’associazione romana Scosse che ha vinto un bando del Ministero delle Pari Opportunità. Decostruire stereotipi di genere diventerebbe così “propaganda omosessualista”.
A cura di Sabina Ambrogi
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Militia Christi – movimento “cattolico” particolarmente attivo – chiama “indottrinamento omosessualista” il progetto di educazione al “genere” dell'associazione romana Scosse nel solco delle linee guida dell'Unione Europea, e dei grandi organismi internazionali. Diffonde (o anche porta a mano alle maestre, con un inquietante porta a porta, lettere allarmiste). Viene sostenuto nel contrasto da tutta la stampa cattolica1.

L'episodio implica quindi una questione nazionale di ben altra portata. L'obiettivo dell'associazione Scosse, formata prevalentemente da ragazze dai venti ai trenta, e che ha vinto un bando del Ministero delle Pari Opportunità, sarebbe quello di fornire competenze alle maestre di bambini da zero a sei anni, di alcune scuole della capitale, per decostruire “stereotipi di genere” che sono – tra le altre cose – alla base di discriminazioni sociali, del bullismo, dell'omofobia, e della violenza contro le donne. Il principio alla base di questo modello educativo, auspicato in tutti i consessi internazionali evoluti, è appunto che se il sesso si riferisce alle differenze anatomiche e biologiche tra uomini e donne, il “genere” si riferisce ai diversi ruoli che gli uomini e le donne adottano, e che sono frutto di una costruzione sociale, economica e ambientale. Vale quindi la pena decostruire alcuni messaggi provenienti dall'industria culturale (libri, immagini, marketing, obiettivi delle industrie e tradizioni di vario tipo) che fissano dei ruoli per le bambine e dei ruoli per i bambini che sono alla base di disuguaglianze e gravi disfunzioni sociali.

Per i detrattori di questo tipo di consapevolezza alla libertà imporre un ruolo prestabilito alle donne e agli uomini scongiurerebbe ogni “deriva” omosessuale e salverebbe il concetto di famiglia (non dicono quale però… Quella di Casini? Di Rosy Bindi? O di Berlusconi? Quella del Mulino Bianco? O quella di Alessandra Mussolini?). E per l'omosessualità è stato dimostrato esattamente il contrario: non è infatti frutto di una costruzione sociale, ma una normale espressione della sessualità umana. Pertanto le “terapie” contro l'omosessualità inducono l’idea che questa sia una condizione indesiderabile, una malattia da debellare. Di qui gli episodi di violenza. Egualmente per i ruoli uomo-donna: fissare ruoli sociali (il ruolo privato, materno-accuditivo-domestico, per la donna, e il ruolo pubblico, economico-sociale-politico, per l’uomo) hanno portato alla subordinazione della donna rispetto all’uomo, fino alle forme di disuguaglianze e quelle degenerate di violenza che conosciamo nelle cronache di ogni giorno.

Le iniziative di “educazione di genere” non sono solo quelle di Scosse a Roma. Dall'attivista Lorella Zanardo che lavora prevalentemente nei licei in Toscana con “Nuovi occhi per la tv” – in cui fa “rileggere” con occhi attenti le immagini della tv e ogni forma di stereotipizzazione che ne deriva, ai progetti di “Ombelico” a Milano, Torino e Roma di educazione alla sessualità con “Parole dette e non dette”, o ancora educazione ai genitori “E se non fosse la cicogna”. Tutte queste associazioni, va anche detto, che hanno anche reagito allo smarrimento delle ondate di pornografia che provengono dalla tv di stato e privata, da internet, dal marketing o dalla politica, e che si sono riversate sui minori senza che in cambio siano stati forniti né agli insegnanti né alle famiglie né ai ragazzi stessi strumenti adeguati per capire e orientarsi. Con delle contraddizioni pericolose quindi: da una parte si obbligano i ragazzi a delle diete da forzati del sesso compulsivo, dall'altra aleggia ovunque il tabù del sesso da parte degli educatori e delle famiglie. Questo vuoto ha creato negli anni gravi disfunzioni sulle quali si può lavorare solo con un processo di consapevolezza, certo non di repressione né di censura, che sono appunto le grandi madri della violenza.

“Lavoriamo prevalentemente sui simboli, sulla ridefinizione dello spazio per bambini, sul significato delle immagini, e dei giochi” dice la presidente di Scosse, Monica Pasquino, 35 anni e un dottorato in filosofia. La nostra associazione esiste dal 2011 e comprende delle ragazze dai venti ai trenta”. Si tratta di un aggiornamento professionale per maestre d'asilo sulle immagini che passano ai bambini attraverso albi illustrati e gioco simbolico. Aiutiamo a analizzare il materiale scolastico che è pieno di insidiose informazioni di ruoli maschio – femmina. Per esempio i sussidiari sono pieni di bambine che stanno a casa con la mamma ad accudire la casa, e a mimarne la cucina, i bambini sono invece fuori con papà, per costruire, inventare e ragionare”. Questa è una prima idea di donna esclusa dalla vita e dalla costruzione della società che le bambine si vedranno ripetere in mille declinazioni fino all'età adulta, quando cioè dovranno maturare delle scelte. “Poi anche nelle favole, o nella narrazione per l'infanzia, è sempre pieno di donne che sono belle, ovviamente bianche, e che devono essere salvate da qualcuno”. Ma se le insidie sono nelle pieghe del linguaggio: perché dire a un bambino “piangi come una femminuccia”?, si continua nella simbolizzazione degli spazi e nelle grandi suddivisioni ghettizzanti dei colori rosa e azzurro assegnate da subito”.

Un esempio di come agisce questa stereotipizzazione lo abbiamo avuto proprio in questi giorni in cui si è parlato di parità di genere, e di accesso alla cariche pubbliche delle donne equivocate ovunque come “quote rosa”, cioè piccoli ghetti per donne cooptate da altri uomini. Per non parlare di “sfide rosa” appena due donne in politica si scontrano tra loro che in realtà è un modo per diminuire la connotazione politica della sfida tra donne e riportarla sul piano della bagarre tra comari. L'esperienza di Scosse e gli attacchi ricevuti si iscrivono in qualcosa di anche più ampio e oscurantista. L' "Istituto A.T. Beck" di terapia cognitivo-comportamentale, sostenuto dall'Unar (ufficio antidiscriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio) ha di recente messo on line una documentazione per le scuole dal titolo “Educare alla diversità a scuola” (costo del progetto 24 mila euro) con cui si intendeva fornire uno strumentario non banale e soprattutto non repressivo costruito da espertissimi professionisti su come capire e poi combattere il perché del bullismo, del bullismo omofobo, o la violenza di genere.

E' partita l'accusa del cardinale di Genova, e presidente della Cei, Arnaldo Bagnasco contro quei volumi, amalgamando il tutto in un proclama pauroso: “instillano preconcetti contro la famiglia e la fede religiosa”. Sulla stessa linea è intervenuto – e questo è veramente inquietante – il sottosegretario all'Istruzione Gabriele Toccafondi che ne ha bloccato la diffusione. L'accusa maggiore, che coincide appunto con quella di Bagnasco, è il timore che fornendo consapevolezza si normalizzi l'omosessualità che invece si “combatte” con un'educazione all'interno delle famiglie. Quindi no all'educazione sulle identità di genere e come si formano, e no soprattutto all'educazione sessuale nelle scuole, che invece limiterebbe la violenza, la prostituzione tra ragazzine e favorirebbe la cura di sé, e la contraccezione.

Note

Si vedano in tal senso gli articoli de L'Avvenire, Il Tempo, Radio Vaticana, Tempi e Romasette.

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Autrice televisiva, saggista, traduttrice. In Italia, oltre a Fanpage.it, collabora con Espresso.it. e Micromega.it. In Francia, per il portale francese Rue89.com e TV5 Monde. Esperta di media, comunicazione politica e rappresentazione di genere all'interno dei media, è stata consigliera di comunicazione di Emma Bonino quando era ministra delle politiche comunitarie. In particolare, per Red Tv ha ideato, scritto e condotto “Women in Red” 13 puntate sulle donne nei media. Per Donzelli editore ha pubblicato il saggio “Mamma” e per Rizzoli ha curato le voci della canzone napoletana per Il Grande Dizionario della canzone italiana. E' una delle autrici del programma tv "Splendor suoni e visioni" su Iris- Mediaset.
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