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Editoria a pagamento: è giusto dare un prezzo al talento?

Sono tanti gli aspiranti scrittori che sognano, un giorno, di veder pubblicate le loro opere. Un sistema complesso, che negli anni si è sempre più specializzato nell’offrire a tutti la possibilità di approdare in libreria. Dietro pagamento, molto spesso.
A cura di Federica D'Alfonso
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In un paese dove sei persone su dieci non ha letto nemmeno un libro nell’ultimo anno, sono altrettanti gli aspiranti scrittori che sognano di vedere sugli scaffali di una libreria la propria opera. Un sogno che molto spesso si paga a caro prezzo: sono tantissime le difficoltà per chi sceglie di affidarsi alle piccole o medie case editrici, ma tante sono le insidie nascoste dietro le strade che solo apparentemente facilitano la lunga scalata alla gloria letteraria. Dal tanto criticato mondo delle case editrici a pagamento al tecnologico “PoD”, guadagnare sui sogni degli scrittori (molte volte mediocri) è all’ordine del giorno.

L’editoria a pagamento è il principale nodo intorno a cui si concentrano le critiche sia dell’editoria “ufficiale” sia dei lettori più attenti: sul web esistono tantissime testimonianze di chi ha tentato di smantellare questo “sistema”, e tanti sono quelli che tentano di mettere in guardia gli aspiranti scrittori dalle promesse, in molti casi disattese, dell’EaP. Ma cosa vuol dire “editoria a pagamento”?

Il significato di questa locuzione è molto chiaro: la pubblicazione, mediante il pagamento a carico dell’autore, del proprio romanzo. Le modalità di questo pagamento possono variare: si va da un contributo che oscilla fra i 500 e i 2 mila euro alla richiesta di acquisto di un minimo di copie. In questo modo le imprese azzerano i costi di stampa e di promozione e riducono al minimo i “rischi” connessi alla sfida editoriale, facendola ricadere interamente sulle spalle del molto spesso ignaro scrittore. I sostenitori di questo sistema, che non sono pochi, rivendicano “l’opportunità per tutti”: ma è davvero giusto concedere la possibilità a tutti a queste condizioni?

Tecnologia e self publishing

Un’altra strada percorribile dagli aspiranti scrittori è quella del “PoD”, ovvero del Print on Demand. Si tratta di un sistema di pubblicazione su richiesta che permette di stampare libri basandosi solo ed esclusivamente sull’effettiva necessità di chi richiede il servizio. Si ha a che fare anche in questo caso di un sistema con indubbi vantaggi ma che negli anni, ampliando sempre di più il pubblico al quale si rivolge, ha suscitato non poche perplessità.

Il PoD nasce e trova il suo primo sviluppo nel mondo dell’editoria scientifica, per andare incontro alle necessità dei numerosissimi ricercatori che non accedono, per svariati motivi, alle grandi pubblicazioni scientifiche ufficiali, ma è utilizzato grandemente anche dalle piccole case editrici per pubblicazioni di nicchia o per soddisfare l’esigua domanda di libri fuori catalogo.  I vantaggi sono molti anche per gli aspiranti scrittori, i quali non sono costretti a dover fare i conti con la tanto temuta figura dell’editore: basta essere disposti a sostenere le spese di impaginazione e i costi del rilascio del codice ISBN. L’ordine viene effettuato via web, e anche il colosso Amazon negli ultimi anni ha messo a disposizione dei suoi utenti, attraverso la piattaforma CreateSpace, la possibilità di vedere pubblicati i propri sogni. Si tratta certo di uno strumento utilissimo per chi non ha intenzione di entrare nel circolo vizioso dell’editoria tradizionale, ma negli anni è divenuto anche questo un sistema basato sul guadagno (seppur ridimensionato) sulla pelle degli scrittori.

Scrivere in molti casi è una passione, qualcosa alla quale non si riesce a rinunciare. L’esigenza di raccontare il proprio mondo interiore, in qualsiasi forma esso si manifesti, è fondamentale. La questione resta aperta e spinosa però nel momento in cui su questa esigenza si tenta di guadagnare a tutti i costi.

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