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Perché le compagnie aeree stanno cancellando molti voli quest’estate

Boom di prenotazioni post Covid e i licenziamenti durante i lockdown hanno generato un problema di personale per le compagnie aeree. Il risultato è il caos negli aeroporti di quest’estate con voli cancellati e in ritardo. L’Italia però è un’eccezione.
A cura di Tortuga
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Quanti di noi, in seguito a due estati a singhiozzo a causa della pandemia, vedevamo quest’estate come la stagione del fatidico ritorno alla normalità? Non siamo ancora in una situazione di cosiddetto “liberi tutti”, tuttavia le più rilassate misure sanitarie parevano presentare una situazione che permettesse di vedere con più ottimismo alle vacanze estive, magari facendo il viaggio che da due anni posponevamo.

A questo proposito, gli italiani dovranno fare i conti con la crisi inflazionistica spinta dai conflitti che interessano Russia e Ucraina, la quale sta dilagando sistematicamente in tutti i settori: l’aumento generalizzato dei prezzi, infatti, non ha risparmiato nessuno, nemmeno le compagnie aeree, vedutesi costrette ad alzare i prezzi, ma non soltanto. Gli svariati lockdown a cavallo tra il 2020 e il 2021 infatti, hanno causato licenziamenti del quale vediamo le conseguenze soltanto ora.

Secondo quanto riferito dall’ISTAT, i prezzi esercitati dalle compagnie aeree hanno subito un sovrapprezzo non di poco conto. A essere aumentate sono quasi tutte le tratte, da quelle intercontinentali alle internazionali, ma anche quelle nazionali. Per il periodo maggio-giugno 2022, le tariffe su voli inter-europei sono aumentate fino al 91% rispetto all’anno scorso, seguite dalle tariffe intercontinentali, aumentate del 35.7% e quelle nazionali del 15.2%. Il low-cost, insomma, è solo un lontano ricordo.

Il fattore scatenante di questo aumento è, come menzionato prima, l’impennata del costo del carburante, nella fattispecie del kerosene, aumentato vertiginosamente dallo scoppio del conflitto, con prezzi al barile arrivati ad un incremento di più dell’80% rispetto a dodici mesi fa:

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Perché i voli vengono cancellati: tutta colpa dell'inflazione?

Certamente la ripresa del turismo fa segnare quest'anno un vero e proprio boom delle prenotazioni.

L’incremento della domanda è in contrasto con lo scenario post-pandemico delle compagnie aeree: queste ultime, tornano a volare dopo esser rimaste praticamente ferme per due anni, generando un aumento dei prezzi per tutto il settore, che risulta più evidente nella stagione estiva quando aumenta il bacino di utenza e quindi anche le segnalazioni di inconvenienti come ritardi, lunghe code ai bagagli e cancellazioni dei voli stessi. Gli stessi addetti ai lavori spiegano che normalmente le tariffe estive vengono pianificate a cavallo tra primo e secondo trimestre ma, data l’incerta situazione bellica e l’ondivago andamento dei contagi nei paesi EU, era dunque inizialmente impossibile stimare l'impatto di questi due macro-fattori, cogliendo di fatto impreparati i gestori dei servizi.

Gli scioperi dei lavoratori aeroportuali

Non va inoltre dimenticato che molte compagnie, in seguito alla drammatica riduzione dei trasporti dovuta alla pandemia di COVID-19, sono ricorse al licenziamento di parte dei propri dipendenti di terra e di bordo – per esempio, il 39% dei posti di lavoro persi causa pandemia negli Stati Uniti è rappresentato da lavoratori del mondo del trasporto aereo, costituendo di gran lunga il settore che più ha accusato strascichi, dati USTravel. Le riassunzioni non sono state tempestive ne adeguate in numero per vari motivi: innanzitutto, il personale aeroportuale necessita di contrattualizzazione che ha delle tempistiche non indifferenti – possono volerci anche sei mesi tra assunzione e rilascio del nulla osta sicurezza, stima Aci Europe -, rallentando l’effettiva entrata in operatività del dipendente. In secondo luogo, gli addetti che sono stati licenziati in pieno lockdown possono aver trovato altro impiego, oppure possono non essere più disposti ad accettare tale lavoro alle stesse condizioni correndo oltretutto il rischio di perderlo nuovamente nella stessa maniera a causa di una repentina risalita di contagi o di nuove varianti del virus. Lo staff attuale, pesantemente ridotto, affronta ora numeri pre-COVID nella domanda di beni e servizi e si vede quindi costretto ad indurre scioperi, protestando per il peggioramento delle proprie condizioni di lavoro – anche qui, l’inflazione gioca un ruolo determinante, a causa del costo della vita più elevato – e per i turni diventati insostenibili, con pause ridotte all’osso e grandi quantitativi di stress.

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E in Italia?

È bene menzionare che l’Italia sta riuscendo a far fronte meglio di altri Paesi ai disagi del settore aereo: grazie, infatti, al sostegno da 800 milioni di euro approvato con la legge di bilancio del 2020, è stata in grado di mantenere e ripristinare il personale aeroportuale e di far fronte alle numerose presenze di viaggiatori negli scali italiani. Tuttavia, essendo il traffico aereo europeo un ecosistema interconnesso, le ripercussioni economiche sul turismo si sentono anche nel nostro Paese. Questa inusuale combinazione di circostanze, che vede le compagnie inabili a catturare quella che per loro sarebbe una ghiotta occasione di profitto, risulta in uno stallo che di fatto causa pesanti disagi ai viaggiatori.

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