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Part-time, una vergogna italiana: siamo tra i peggiori d’Europa e a pagare sono le donne

Secondo gli ultimi dati Eurostat, l’Italia è il paese europeo con il tasso più elevato di persone che lavorano part-time perché non riescono a trovarsi un impiego a tempo pieno o perché devono accudire figli e familiari a carico. Ad avere la peggio sono soprattutto le donne: in tutta l’Ue sono 31,2 milioni.
A cura di Ida Artiaco
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Quando si parla di mercato del lavoro, l'Italia è da qualche anno fanalino di coda in Europa. A confermare questo trend negativo del nostro Paese ci ha pensato Eurostat. Secondo gli ultimi dati resi noti dall'ufficio statistico con sede a Kirchberg, in Lussemburgo, il nostro Paese è quello con il tasso più elevato di persone che lavorano part-time perché non riescono a trovarsi un impiego a tempo pieno, rappresentando il 66 per cento del totale. Peggio di noi è riuscita a fare solo la Grecia, mentre un gradino sopra ci sono Cipro e Bulgaria. Quelli con meno problemi sono invece estoni (solo il 6% deve accontentarsi del part-time), belgi, cechi e sloveni (tutti 7%) e olandesi (8%). Ad avere la peggio sono poi, all'interno di questo vasto gruppo di persone, le donne. Ma il dato, per nulla confortante, è da analizzare sulla base di quelli comunitari.

In Europa 31,2 milioni di donne sono costrette al part-time

Nel 2018 coloro che hanno avuto un impiego part-time sono stati un quinto di tutti i lavoratori nell’Ue, per un totale di 31,2 milioni di donne e 9,5 milioni di uomini tra i 20 e i 64 anni. Ovvero il 19% del totale degli occupati. La maggior parte di questi afferma di non trovato un impiego a tempo pieno, e di essersi per questo accontentati del part-time, mentre il 24% lavora meno ore per accudire bambini o parenti malati. Sono soprattutto le donne che sono portate a fare questa scelta. Quelle che hanno dovuto rinunciare all'impiego full-time sono il 32,4%, di contro al 7,9% degli uomini. Nello specifico in Italia, il 14% delle persone che scelgono il lavoro part-time lo fanno proprio per prendersi cura di figli e disabili, il 4,8% per aver responsabilità familiari e l'1,9% perché impegnati in corsi di formazione o educazione.

Boom dei part-time involontari: a pagare sono sempre le donne

Anche se Eurostat non ne fa menzione, non si può non ricordare un altro fenomeno sempre più diffuso nel nostro Paese, che è quello dei part-time involontari. Basti pensare che in dieci anni il numero di persone costrette ad accettare un impiego a orario ridotto è più che raddoppiato (+107,8%), passando da 1,3 milioni del 2008 a 2,8 milioni dello scorso anno. A pagare, questa volta secondo dati Istat, sono ancora una volta le donne: 6 su 10 non lavorano a tempo pieno spesso non per propria scelta, ma per ordine delle aziende. Le donne che lavorano in Italia sono 9,8 milioni, di cui il 19,5% è in part time involontario. Un dato, questo, aumentato del 97% rispetto a quello del 2008, quando le lavoratrici in part-time obbligato erano poco più di un milione. E il numero di donne che non riesce a trovare lavoro se sposate e con figli è ancora più alto, il tutto a fronte di un tasso occupazionale femminile che è tra i più bassi in Europa e di un problema di divario di salari ancora difficile da scardinare.

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