Nestlé taglia 16mila posti di lavoro nel mondo: timori anche in Italia

Un terremoto sta scuotendo il colosso svizzero dell’alimentare Nestlé. La multinazionale, proprietaria di marchi iconici come KitKat, Purina, Baci Perugina, Nescafé e molti altri, ha annunciato un piano di riduzione del personale da 16mila unità nei prossimi due anni, pari a circa il 6% della forza lavoro globale. La misura, spiegano dall’azienda, punta a "ridurre i costi e accelerare la crescita delle vendite", ma apre scenari inquietanti anche per l’Italia, dove il gruppo impiegava oltre 4.600 persone (dati del 2022).
Il nuovo amministratore delegato Philipp Navratil, subentrato da poche settimane a Laurent Freixe, ha dichiarato che l’azienda "deve cambiare più velocemente per restare competitiva". E per farlo, ha aggiunto, "sarà necessario prendere decisioni difficili ma indispensabili, nel pieno rispetto delle persone coinvolte".

Navratil, arrivato alla guida dopo un avvicendamento controverso – Freixe stesso venne licenziato per non aver dichiarato una relazione con una collaboratrice – ha scelto di accelerare il piano di tagli ai costi già avviato dal suo predecessore con l'intento di sforbiciare circa 3,2 miliardi di euro. L’obiettivo: liberare risorse per sostenere l’innovazione e rafforzare i marchi strategici del gruppo.
La decisione di tagliare 16mila posti di lavoro arriva nonostante l’azienda abbia registrato una forte accelerazione della crescita nel terzo trimestre del 2025, con un fatturato di 65,87 miliardi di franchi svizzeri nei primi nove mesi dell’anno e una crescita organica del 3,3%. L’anno scorso però, nello stesso periodo, il fatturato era stato di 67,15 miliardi e il colosso lamenta quindi vendite al ribasso.
I rischi per l’Italia
Nel nostro Paese, Nestlé è presente attraverso marchi noti come Sanpellegrino, Purina, Nespresso, Nestlé Health Science e CPW. Le dieci sedi operative, tra cui la storica centrale di Assago (Milano), generano un fatturato di 1,7 miliardi di euro. Il gruppo, in una nota pubblicata sul suo sito, rivendica anche un impatto economico significativo: nel 2022, il "valore condiviso" creato in Italia "ha raggiunto 4,2 miliardi di euro, pari allo 0,22% del PIL, con ogni dipendente che contribuisce a generare otto posti di lavoro indiretti".
Tuttavia, con la prospettiva dei 16mila tagli globali, anche l’Italia potrebbe trovarsi a rischio. Pur non essendo ancora chiaro se e in quale misura i tagli coinvolgeranno le strutture italiane, le preoccupazioni crescono tra i lavoratori e i sindacati. Le prossime settimane saranno decisive per capire se anche il nostro Paese rientrerà nei piani di riduzione.
La CGIL: "Tagli frutto della finanza speculativa, serve risposta sindacale europea"
Angelo Francesco Paolella, Segretario Nazionale FLAI CGIL, ha commentato a Fanpage.it: "L’annuncio di Nestlé di 16mila esuberi a livello mondiale, di cui 4mila operai e 12mila impiegati, quadri e dirigenti, è l’ennesimo segnale di un modello economico ormai dominato dalla finanza speculativa. Al momento non ci sono informazioni precise sugli impatti che questa decisione potrà avere nei singoli Paesi, Italia compresa, ma è evidente che ci troviamo di fronte a scelte dettate esclusivamente da logiche finanziarie, senza alcuna attenzione alle conseguenze sociali e occupazionali. È un meccanismo che avevamo già visto un anno fa con Unilever. La finanza decide, e a pagarne il prezzo sono i lavoratori".
Il sindacalista ha aggiunto che "come FLAI CGIL, insieme alle altre organizzazioni sindacali, ci stiamo già attivando per costruire una risposta forte, a partire da una presa di posizione comune a livello europeo, ma anche in coordinamento con le organizzazioni sindacali extraeuropee, comprese quelle americane. Non possiamo accettare che la gestione puramente finanziaria delle grandi multinazionali distrugga progressivamente il lavoro e la dignità di chi lo svolge. Nestlé parla di un processo che si svilupperà tra il 2026 e il 2027, ma il vero tema è l’impostazione: le attività produttive sono sempre più controllate dalla finanza speculativa, e questo modello va messo in discussione prima che sia troppo tardi".