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Il governo triplica le tasse sulle auto aziendali, ma a rimetterci saranno i lavoratori

Un articolo della legge di Bilancio prevede un innalzamento delle tasse sulle auto aziendali in fringe benefit: il valore delle vetture su cui verranno pagate le imposte non sarà più calcolato al 30% ma al 100%. Una tassazione triplicata che ricadrebbe direttamente sui cittadini e che ha già scatenato proteste e polemiche.
A cura di Stefano Rizzuti
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La manovra su cui il governo ha trovato l’accordo introduce una vera e propria stretta sulle auto aziendali in fringe benefit. Una norma che vale circa 513 milioni di euro e che interviene sulle auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti. Fino ad oggi queste vetture concorrono alla formazione del reddito per il 30% del loro valore. Ma da gennaio la tassazione varrà per l’intero valore. Lo sconto, con tassazione al 30%, rimarrà solamente per i veicoli utilizzati da agenti e rappresentanti di commercio. Secondo le prime stime questa norma coinvolge due milioni di lavoratori dipendenti e saranno proprio loro a pagare il costo di questo provvedimento. Secondo quanto spiegano fonti di governo la stretta serve per motivi di copertura finanziaria della manovra, ma in seguito alle polemiche nate potrebbe esserci una importante modifica durante la discussione in Parlamento.

Per i dipendenti che utilizzano auto aziendali – esclusi agenti e rappresentanti di commercio – i mezzi in fringe benefit verranno calcolati per il loro valore pieno che viene stabilito su una percorrenza convenzionale di 15mila chilometri l’anno e sulla base dei costi chilometrici indicati da tabelle dell’Aci. La misura sembrava essere nata, inizialmente, come incentivo per le aziende ad acquistare auto ibride o elettriche, ma non è stata operata, finora, nessuna distinzione in tal senso: per tutte le vetture, quindi, la tassazione viene triplicata.

Perché la tassa sulle auto aziendali ricade sui lavoratori

La nuova tassazione riguarda chi ha un’auto aziendale concessa dai datori di lavoro come benefit. Ed essendo considerata tale è come se facesse parte della retribuzione anche se non viene data in denaro. Per questo viene tassata. Finora era soggetto a tassazione un importo pari al 30% della cifra che dipende dal costo chilometrico. Quest’ultimo varia in base alle vetture, considerando una percorrenza media di 15mila chilometri. Con questa norma la tassazione non sarà più del 30%, ma l’imponibile su cui vengono calcolati Irpef, tributi locali e contributi previdenziali aumenterà e diventerà pieno.

Quanto incide l’aumento delle tasse sulle auto aziendali

Un esempio dell’incidenza di questa norma viene riportato da Repubblica, prendendo il caso di un dipendente che utilizza un’Audi A 1 che ha un costo chilometrico di 0,4082 euro. Per un fringe benefit annuale di 1.836,9 euro. Che diventerebbero, con la nuova norma, 6.123 euro. Quindi sulla base di questo valore verrebbero ricalcolate tutte le imposte relative, che verrebbero sostanzialmente triplicate. Il Corriere, invece, ipotizza che questa tassa porterebbe un dipendente a pagare mediamente duemila euro in più di imposte l’anno.

Come funziona oggi il fringe benefit

Ad oggi le auto aziendali vengono tassate al 30% perché si considera imponibile solo la parte relativa all’uso privato e personale del lavoratore (che viene quindi stimato rispetto al 30% del totale dell’utilizzo della vettura). Il restante 70% del valore dell’auto, invece, viene considerato come relativo all’uso fatto per motivi lavorativi e per questo il lavoratore non deve pagarci tasse. Per questo motivo Aniasa, l’Associazione dei noleggiatori, ritiene che si tasserebbe l’uso lavorativo e non personale dell’auto e sostiene che in questa maniera “si uccide il settore e si penalizzano i lavoratori. Questa misura affossa definitivamente il mercato dell’auto e colpisce in busta paga oltre due milioni di lavoratori”. Inoltre, una ulteriore conseguenza è che i lavoratori potrebbero preferire una propria auto rispetto a una aziendale con la conseguenza di uno stop anche al mercato dell’automobile, considerando che le aziende cambiano i propri veicoli molto più di frequente di un privato cittadino.

La maggioranza chiede un cambio della norma

Se da una parte c’è il sottosegretario all’Economia, Alessio Villarosa, che ai microfoni di Radio 1 assicura che la tassa sulle auto aziendali non riguarda tutte le società ma solamente le più grosse e solo “oltre un certo numero di auto”, dall’altra c’è chi all’interno della maggioranza chiede di eliminare o cambiare radicalmente questa norma. Stefano Buffagni, sottosegretario allo Sviluppo economico del M5s, chiede di “migliorare immediatamente la norma perché su quelle voci le tasse i lavoratori già le pagano”. Dello stesso avviso Italia Viva che con il suo leader, Matteo Renzi, ha promesso di lottare in Parlamento contro questa tassa.

Sempre da Italia Viva il senatore Eugenio Comincini, membro della commissione Bilancio, assicura: “Sulle auto aziendali il gruppo Italia Viva si impegnerà in Parlamento per eliminare anche questa inutile tassa che danneggia lavoratori e aziende. Abbiamo fatto questo Governo per evitare nuove tasse: dopo IVA, gasolio, cedolare secca, tax cellulari, sistemeremo anche questa”. Battaglia che potrebbe essere portata avanti anche dal Pd, stando alle parole di Emanuele Fiano: “Tassa sulle auto aziendali? Direi che serve un ripensamento: rischiamo di far pagare un inutile balzello a molti lavoratori. La cancelliamo in Parlamento?”.

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