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Disse: “Stato non c’è, giro armato”. Procedura di trasferimento per il giudice Mascolo

La I commissione del Consiglio Superiore della Magistratura ha aperto una procedura di trasferimento per incompatibilità ambientale e funzionale per il giudice Angelo Mascolo, gip al tribunale di Treviso, a causa delle sue dichiarazioni di qualche giorno fa.
A cura di Susanna Picone
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“Questo Stato non è più nelle condizioni di garantire la sicurezza dei cittadini. Anzi semplicemente lo Stato non c'è più. D'ora in poi faccio da me: quando esco di casa mi metto in tasca la pistola”. Dopo queste dichiarazioni, che avevano fatto discutere, sul caso del giudice trevigiano Angelo Mascolo è intervenuto il Consiglio superiore della magistratura. La Prima Commissione, presieduta dal laico del Pd Giuseppe Fanfani (vice presidente è il togato di Unicost Luca Palamara), ha aperto la procedura di trasferimento d’ufficio per incompatibilità e ha disposto non solo la sua convocazione, perché si possa difendere, ma anche quella del presidente del tribunale di Treviso, Aurelio Gatto, e del prefetto Laura Lega. Le audizioni di Gatto e Laura Lega sono state fissate per la prossima settimana. Poi verrà sentito lo stesso Mascolo. Al magistrato di Treviso la Commissione contesta l'incompatibilità sia ambientale sia funzionale. Il giudice aveva scritto una lettera ai quotidiani dopo che, una notte, era stato inseguito da un’auto che aveva sorpassato.

Le parole del giudice – Come si legge sul Mattino di Padova, il giudice trevigiano ha risposto alle critiche che gli aveva rivolto il presidente dell’Ordine degli avvocati di Treviso. “Sono spiacente che quanto ho scritto nel famoso editoriale possa essere suonato poco rispettoso verso la classe forense”, così Mascolo, “ciò non era assolutamente nelle mie intenzioni, che erano solo quelle di evidenziare le gravi problematiche conseguenti a carico di un cittadino a seguito dell’esercizio di una azione penale. Tra le quali vi sono le spese processuali che sono indiscutibilmente gravose, non certo per colpa del difensore, che comunque ha diritto di essere giustamente retribuito per la sua opera, ma (ed un tanto credevo fosse sottinteso) a causa della gravosa, costosissima e spesso inutile mole di adempimenti cui il difensore stesso è costretto. Spero di aver chiarito l'equivoco”.

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