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Di Maio difende il decreto Dignità: “Sulla pelle dei giovani non si lucra più”

Dopo il primo via libera del Parlamento sul decreto Dignità e il contemporaneo addio di Foodora all’Italia, continuano le polemiche politiche, ma il ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico ribatte: “Vogliono darmi colpe che non ho, con il decreto diciamo che sulla pelle dei giovani non si può più lucrare”.
A cura di Redazione
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L'annuncio da parte della multinazionale Foodora dell'abbandono dei mercati italiano, francese, australiano e olandese perché "troppo difficili" si era innestato nel pieno delle polemiche sui contenuti del decreto Dignità. Il provvedimento del Governo Conte, fortemente voluto dal vicepresidente del Consiglio e ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio, ha superato il primo scoglio parlamentare della Camera dei deputati e si appresta ad arrivare al Senato per la conversione definitiva tra mille polemiche e contestazioni. Non solo da parte dell'opposizione, ma anche di parte degli imprenditori e dei commercianti che lo giudicano eccessivamente rigido e troppo punitivo nei confronti di quelle aziende che hanno comunque bisogno di ricorrere a contratti a termine. Nelle ultime ore si è discusso molto anche di un tweet, poi reso inaccessibile (e su cui permane un certo scetticismo circa la veridicità delle accuse), di un utente che si rivolgeva direttamente al vicepremier: "Buonasera Ministro @luigidimaio, ci tengo a farle sapere che, anche grazie a lei e al suo decreto dignità, oggi mi hanno confermato che da settembre sarò finalmente un disoccupato. Non è che per caso @Tboeri aveva ragione? Ma tanto io aspetto il suo reddito di cittadinanza, no?"

Al complesso delle questioni ha risposto Luigi Di Maio con un breve post pubblicato sul blog delle stelle, con il quale respinge al mittente le accuse di aver contribuito all'addio all'Italia da parte di Foodora e rivendica il contenuto del decreto Dignità:

La dignità di tutti i lavoratori, compresi quelli della gig economy, è il tema che più mi sta a cuore. Come primo atto da ministro ho subito incontrato i riders e con loro abbiamo portato avanti un tavolo con i loro datori di lavoro, ossia le piattaforme digitali che si occupano di fare le consegne a domicilio.

Gli operatori in questo mercato in Italia sono qualche decina e li ho incontrati e sentiti tutti. Parliamo di un mercato promettente, ma ancora in crescita e come spesso succede in questi casi non tutti i concorrenti sopravvivono. E' il mercato. Tra ieri e oggi si sta cercando di dare al mio impegno per la dignità dei lavoratori la colpa del fatto che una di queste piattaforme, Foodora, sta lasciando l'Italia. E' vero che Foodora va via, ma qualcuno sa davvero il perchè? Vi do qualche informazione in più. Foodora lascia non solo l'Italia, ma anche la Francia, l'Australia e l'Olanda perchè, spiega l'azienda: "il mercato è troppo difficile". Quindi non per le tutele dei lavoratori che noi vogliamo aumentare.

Pensate che il mercato in cui ha deciso di investire Foodora è quello tedesco, dove i riders vengono assunti come subordinati e quindi con salario e tutele minimi.
Quello che spinge le aziende a investire più o meno è la legge della domanda e dell'offerta, non la presenza dei diritti dei lavoratori.

Sulla pelle dei nostri giovani non si lucra più.

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