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Stefano Bollani: “Ho realizzato il sogno di portare in tv giovani artisti”

Stefano Bollani torna in tour con il Danish Trio, ma a Fanpage.it parla delle sue passioni, di jazz, di Brasile, di via dei Matti n.0 e del sogno di portare i giovani in tv.
A cura di Francesco Raiola
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Stefano Bollani
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Stefano Bollani si sta preparando a tornare in tour con una delle sue formazioni, forse la più longeva come spiega a Fanpage,.it, ovvero il Danish Trio assieme a Jesper Bodilsen al contrabbasso e Morten Lund alla batteria. Il musicista italiano ha incontrato i musicisti scandinavi nel 2002, quando era in Svezia con Enrico Rava e da subito ha trovato una magia che li ha portati a incidere otto album tra cui "Mi ritorni in mente" e "Gleda", entrambi usciti per l’etichetta danese Stunt Records, e Stone in the Water, pubblicato dall’etichetta tedesca ECM oltre a Joy in Spite of Everything (ECM), inciso a New York con il supporto del chitarrista Bill Frisell e del sassofonista Mark Turner. Stefano Bollani ha parlato del suo amore per il jazz, per il Brasile e Napoli, ma anche di via dei Matti n.0, programma in onda su Rai3.

Ricomincia la gleda (gioia) del Danish trio, me ne parli?

Gleda è un termine norvegese che sta per "gioia" ed è anche il titolo di un nostro album in cui abbiamo suonato e arrangiato brani della tradizione scandinava. È un nostro album di qualche anno fa, perché noi ci conosciamo dal 2002, suoniamo insieme da 22 anni, è il mio gruppo più longevo in assoluto, anche grazie al fatto che passiamo lunghi periodi senza vederci, quindi ognuno fa altre esperienze, poi quando il trio riappare ognuno apporta qualcosa di nuovo.

Come si inserisce questo nei tuoi vari progetti?

Non ha bisogno di inserirsi perché è il filo rosso che porta avanti la mia attività, con Jesper e Morten suoniamo in trio da quando ci siamo incontrati, ma abbiamo fatto altre cose con altri musicisti, per cui in tutto abbiamo registrato, credo, otto dischi, suonando con Bill Frisell, con Mike Turner, con Enrico Rava. Insomma, è un gruppo aperto a molti nuovi stimoli, è un gruppo dove il leader c'è e non c'è, anzi c'è a turno, perché ognuno può decidere in qualsiasi momento di far andare la musica in un'altra direzione, di cambiare brano, eccetera.

Rava è anche la persona che vi ha fatto incontrare, no?

Sì, Rava prese un premio a Copenaghen e gli chiesero di suonare con una sezione ritmica danese ed erano Jesper e Morten: io andai con lui a Copeneghen, li ho incontrati e il primo giorno di prova suonavamo già come suoneremo ora in tour, nel senso che c'era già la magia. Dopodiché siamo cambiati molto, perché siamo cambiati noi tre singolarmente, nel frattempo, ma la magia è sempre stata la stessa. Io non ricordo una sola sera con questo trio in cui non si sia creata.

E come siete cambiati?

Siamo cambiati senza accorgercene, perché c'è sempre stato il piacere di suonare insieme, suonare qualsiasi cosa. Quindi poteva essere Billie Jean di Michael Jackson o un canto svedese. Ci pensavo in questi giorni, non ho capito qual è stato il percorso del trio. A me sembra una magnifica bolla in cui ci rifugiamo e in cui ci adagiamo come su una nuvoletta, perché io so che potrei suonare Tanti auguri a te con Jesper e Morten e succederebbe qualcosa di magico.

Il Danish Trio (ph Valentina Cenni)
Il Danish Trio (ph Valentina Cenni)

Nord Europa, Brasile, Italia, Francia, tu sei un pellegrino musicale: esiste un posto musicale della tua anima, in particolare?

Sono tanti: uno è Napoli, l'altro è Rio de Janeiro. Questi due prima, poi ti metterei anche Parigi, perché la Parigi dei primi del 900 per me è importantissima, con Ravel, Debussy e ovviamente New York, perché la New York degli anni '50, dei bopper, di Charlie Parker, è stata fodnamentale.

Cosa ti piace del jazz scandinavo?

Posso dirti cosa credo di aver preso dalla Scandinavia, perché il processo non è mai conscio per quello che mi riguarda, per cui non penso "prendo questa cosa qua", è semplicemente che a un certo punto mi entra nel vocabolario, quindi improvvisando mi viene fuori una cosa che prima non c'era… Poi, di Morten amo l'estrema duttilità e questo non credo sia scandinavo o europeo o tedesco, è proprio universale, però è anche vero che loro nel loro bagaglio culturale hanno una maggiore tendenza ai paesaggi, alla contemplazione, soprattutto Jesper, che quando scrive, scrive delle cose inizialmente che hanno delle melodie molto pacate, che sono più una atmosfera. Questa tendenza è molto interessante per me perché io tendo alla melodia, a molti accordi e a suonare tanto, di conseguenza ci dobbiamo incontrare in mezzo. Questo è molto bello.

E invece del Brasile cosa ami?

Del Brasile adoro la presenza che la musica ha nella loro vita, dovrebbe farci da esempio, perché per loro tutto è musica, per loro il samba è una musica che tiene insieme le classi povere, quelle colte, i neri, i bianchi. Chico Buarque, che rispetto al samba ha un'origine molto nobile, è figlio di un grande letterato ed è un poeta, ma è amatissimo da qualsiasi classe sociale. Quindi l'idea che la musica tenga tutti insieme e che sia parte del rito credo sia unico al mondo.

Qual è invece la tua passione musicale più lontana dall'immagine che abbiamo di te?

Ah, interessante, sai che non lo so? Fammi degli esempi.

Il metal.

Ah, ecco, mi sarebbe piaciuto risponderti metal ma no, però posso dirti il rock inglese. Per esempio, ho un amore per Joe Cocker, ma anche per George Harrison dei Beatles, ma forse loro sono un po' scontati…

Sì, non ti immaginiamo così lontano dai Beatles…

No, dai Beatles no, mi rendo conto, però devi sapere che George Harrison è proprio una mia passione forte, oltre alla produzione dei Beatles, perché è un musicista che per me è molto importante e anche per la storia della musica, per mille motivi.

Sei il volto del jazz in Italia, è una responsabilità non da poco, la senti?

No, non la sento perché per fortuna non mi ha eletto nessuno per rappresentare nessuno e quindi io non mi permetterei mai di dire "a nome dei jazzisti italiani…".

Ovvio che non ti prendi il carico di questa cosa, però sei il più riconoscibile dal grande pubblico anche per la tua presenza in tv, per i programmi in radio che hai fatto. 

Esatto, mi prendo solo la gioia e quindi, sì, ti dico che sono contento di quello che stai dicendo, certo.

Mentre in Inghilterra si contamina il jazz con il Rap, l'urban, con la World, e anche negli Stati Uniti si contamina sperimentando, in Italia qual è la situazione?

Guarda, questa è una domandona, anche perché io non ho davvero il tempo di seguire da dentro la scena del jazz, ahimè, essendo sempre in giro. Ovviamente quello che a me piace fare è cercare di scovare quei talenti che mi entusiasmano e cercare di portarli in tv e quindi questo è un momento in cui mi piace molto: speriamo di fare una 4ª edizione di Via dei Matti n.0 proprio per questo, per puntare ancora di più sui giovani musicisti, perché sono tantissimi e molti di loro bucano il video, nel senso che in quei pochi minuti che hanno e che abbiamo a disposizione per loro molti sono in grado di arrivare. Forse proprio perché è una generazione che è cresciuta con i social, dove tutto è più veloce, e in effetti sono sono più bravi della mia generazione, che aveva più difficoltà ad arrivare in tv e fare un brano breve, trovare il brano che piace, presentarsi… loro sono più svegli, in tutto questo.

Questa cosa ci porta a quello che avete fatto con via dei Matti n.0, ovvero portare nelle case degli italiani dei suoni non convenzionali. La scommessa, immagino, è vinta, il programma ti ha dato la possibilità anche di sperimentare e di portare anche nomi meno conosciuti perché avevi una forza che ti eri conquistato prima, no?

Sì esatto, questa è l'idea e l'idea era anche "Che bello avere una sera Renato Zero e la sera dopo Gaia Trionfera che suona il violino e ha vent'anni", perché sono due artisti in momenti diversi della loro carriera, semplicemente, tutto qua. E non è una questione di notorietà, è una questione di percorso che stanno conducendo, bellissimo. Questo è il nostro sogno realizzato: poter vedere tutte queste persone in fila, una per sera, indipendentemente dal tipo di musica che fanno, per cui io posso avere Piero Pelù ma anche il Liber Cantus Ensemble che canta in coro o la Banda Osiris.

Questo a dimostrazione che se tu crei fiducia nel pubblico puoi fare anche cose interessanti.

Ognuno immagina il proprio pubblico, ognuno cade in questa trappola, questa cosa impossibile di immaginare il mio pubblico. Io però, appunto, immagino il pubblico migliore possibile e immagino un pubblico che ha voglia di vedere uno nuovo che non conosce, quindi io arrivo e ti dico "guarda, c'è questo ragazzo, Samuele, che suona la fisarmonica, è fantastico, non lo conoscevi" e appena finito il programma hai la possibilità, grazie ai mezzi moderni, di andarti a cercare tutto su di lui. Sì, questo è assolutamente bello.

Come è nata l'idea di via dei Matti e come l'hai portata in Rai in un orario come il vostro? 

In realtà, come per altri casi, ad esempio per Sostiene Bollani, di qualche anno fa è stata una richiesta della RAI, quindi devo dire che è l'iter più semplice di tutti perché sono loro che mi hanno proposto di fare un programma. E ci hanno proposto questo orario meraviglioso, che devo dirti la verità è stata un'idea della Rete, anzi di Franco di Mare che dirigeva Rai tre e non sappiamo come ringraziarlo. Poi noi abbiamo inventato il programma, abbiamo deciso che cosa fare, però intanto l'idea era: perché in quella fascia non facciamo musica? Vuoi occupartene tu? Una manna dal cielo, caro mio.

Tutte le date del Danidh Trio

  • 15 marzo: BRESCIA – Teatro Grande
  • 16 marzo: GENOVA – Teatro Carlo Felice
  • 18 marzo: VARESE – Teatro di Varese
  • 20 marzo: PISA – Teatro Verdi
  • 21 marzo: SPOLETO – Teatro Nuovo
  • 23 marzo: CREMONA – Auditorium Giovanni Arvedi
  • 25 marzo: MILANO – Teatro Arcimboldi
  • 27 marzo: BOLOGNA – Europa Auditorium
  • 29 marzo: COURMAYEUR – Auditorium Mont Blanc 500 posti
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