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Sergio Rubini: “Quest’aria di censura non mi piace. L’arte deve essere contro, altrimenti è propaganda”

Sergio Rubini è la voce di Wolverine nella quarta stagione della serie Audible Original Marvel’s Wastelanders: Wolverine. Fanpage.it lo ha intervistato.
A cura di Francesco Raiola
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Sergio Rubini
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Attore, regista, sceneggiatore, doppiatore, Sergio Rubini è uno degli attori più amati del Cinema italiano. Forse non tutti sanno che è anche uno degli artisti che ha messo la sua voce al servizio di audiolibri e podcast, come successo in queste settimane in cui ha prestato la voce a Wolverine per la quarta stagione della serie Audible Original "Marvel's Wastelanders: Wolverine" che si può ascoltare su Audible. In questi ultimi mesi lo abbiamo visto protagonista in Felicità, l'esordio alla regia di Micaela Ramazzotti, e nella serie Rai Gloria, con Sabrina Ferilli, ma la sua voce ha dato vita a tanti personaggi della narrativa, avendo letto audiolibri come "Cecità" e "Sostiene Pereira". A Fanpage.it ha raccontato il suo rapporto con Wolverine, appunto, e con la Marvel in generale, cosa significa usare solo la voce per raccontare una storia, le difficoltà attraversate nei mesi scorsi e anche qual è il ruolo dell'artista anche nella società contemporanea.

Qual è il suo rapporto con Wolverine?

Affettuosa amicizia, rispetto e anche un po’ di soggezione. Amicizia perché lo trovo umano fragile. Ho tanti punti in comune come la sua fragilità. Di soggezione perché ha i coltelli e la capacità di dire la propria con convinzione e io sono assediato dai sospetti. Anche Wolverine lo è ma poi arriva a un certo punto in cui diventa forte e non ce n’è per nessuno.

E il suo rapporto con la Marvel, in generale, invece?

Non avevo un grande rapporto, la conosco, è nell’immaginario di tutti. Mi piaceva Captain America. Poi però con più profondità ci sono entrato con questa esperienza e ne sono rimasto affascinato. Dentro i racconti Marvel c’è un che di esistenziale, filosofico. A parte l’ironia, la prima lettura superficiale e più leggera del supereroe, ma dentro c’è anche qualcosa di mitologico, sembra che i personaggi debbano superare delle prove che ricordano un po' Ulisse quando deve sfuggire le Sirene. Anche in “Marvel’s Wastelanders: Wolverine” ci sono dei momenti in cui i personaggi devono superare prove di tipo esistenziale, non solo fisiche e questa cosa mi ha particolarmente colpito.

Spazia tra recitazione, doppiaggio, regia etc. Non le chiedo una classifica, ma qual è la difficoltà principale del prestare la voce a un podcast/audiolibro?

Difficoltà è quella di non innamorarsi della recitazione, della propria voce, della melodia della propria voce e di mantenere quella verità di quando reciti davvero e cerchi di riprodurre la vita fino in fondo. Sul set se devi saltare devi saltare davvero. Lavorando con la voce c’è il rischio di dare di meno, di fare tutto finto ma poi comprendi l’importanza di essere veri anche li. Quindi la difficoltà è quella di riuscire attraverso la voce a restituire sempre la verità.

In più non avere il proprio corpo in aiuto è una difficoltà ancora maggiore, no?

Leggere un podcast implica una preparazione più severa. Affrontare un personaggio su un set vuol dire conoscere la sua storia e cercare delle movenze specifiche ma hai tanti altri aspetti che ti aiutano, come il corpo, appunto, o il contesto, mentre quando fai un podcast sei solo tu con la tua voce e un microfono, senza nessun aiuto e l'ascoltatore è anche più severo. Un conto è quando ti vede, vede la tua fisicità, la materialità. La voce è un distillato di quello che siamo e l’ascoltatore si concentra molto di più sulla voce. Bisogna prepararsi e fare bene. Non si può bluffare quando si ha solo con la voce.

Sergio Rubini
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Come sceglie i progetti in cui serve solo la sua voce? Riesce a viverlo come un mestiere, quindi a mettere da parte il gusto personale?

La lettura a voce alta è una lettura implacabile. Se la scrittura non funziona non c’è verso di farla funzionare. Mi è capitato di maneggiare dei titoli che non funzionavano e che quindi ti restituiscono poco. Un conto è leggere un racconto, magari anche un racconto superficiale ma di cui ti affezioni alla storia, lo leggi, te lo immagini in un certo modo. La lettura minore è come se con la lettura a voce alta si amplificasse. Anche per questo mi sono piaciuti i racconti Marvel, perché hanno dei dialoghi scritti bene, profondi, ironici ma senza essere superficiali., quindi quando la letteratura è minore la voce alta ne amplifica gli aspetti. Quindi cerco sempre di scegliere delle cose che siano belle altrimenti diventa brutto e la tua voce non può riparare una scrittura minore.

Cecità, Sostiene Pereira, Una storia semplice, Stoner e Le nostre anime di notte sono i libri che lei ha letto: qual è quello a cui è più legato e come mai?

Sono legato a "Cecità" e a "Sostiene Pereira”. Cecità non va mai a capo, non c’è punteggiatura. È un libro la cui lettura è funambolica, molto complessa e riuscire a leggerlo è complesso. Ma è un libro bellissimo e riuscire a non perdersi nella complessità e arrivare all’ascoltatore con la bellezza del libro e non con la complessità tecnica della lettura è un'impresa. Lo stesso per "Sostiene Pereira" perché ha questo intercalare (sostiene Pereira) che è ripetuto almeno 4000 volte. Diventa quasi una locuzione e ripeterla senza stancare e stancarsi nel leggerla, trovandola sempre nuova, giusta e opportuna e non facendolo diventare un intercalare privo di significato è un’impresa complessa. Questi due libri nascondono una complessità tecnica che se superata si trasforma in un valore aggiunto del libro. Penso di aver raggiunto un bel risultato e ne sono molto affezionato.

Qual è il libro che ha più amato ascoltare e quello che ha più amato leggere?

Ce ne sono tanti, non vorrei fare torto a nessuno. Ho amato ascoltare i libri letti da Margherita Buy, da Lo Cascio, da Fabrizio Bentivoglio. Da colleghi della mia generazione ma anche di colleghi più giovani come Claudio Santamaria. Sono quelli che mi hanno colpito di più.

Un progetto audio che le piacerebbe percorrere che sia podcast o audiolibro?

I classici, i grandi classici. Mi piace l’idea del librone, del grande tomo, perché è un’avventura per il lettore e per l’ascoltatore. Io amo molto la letteratura classica, i russi, i francesi, gli inglesi. Mi piacciono le operazioni piramidali in cui si parte da lontano e ci vuole tempo per arrivare in coda. Mi piace da protagonista, ma anche da fruitore, leggere libri interminabili. Vorrei leggere un Tolstoj, un libro di 2000 pagine.

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Che rapporto hai da ascoltatore, invece, con gli audiolibri e i podcast?

Io li ascolto, mi piace viaggiare in macchina e se viaggio metto un audiolibro. Ad esempio ora devo leggere un libro ma ho delle giornate molto impegnative e se di quel libro ci fosse la versione audiolibro avrei risolto il problema perché lo ascolterei mentre viaggio. Io non sono da podcast o audiolibri in poltrona ma più da podcast e audiolibri mentre faccio altre cose.

Dopo Gloria e Felicità come sarà questo 2024 per lei?

Spero che sia bello. Quello passato è stato un anno complicato. Ho dovuto fare molte cose, ho avuto momenti complessi nella mia vita familiare e spero che questo sia l’anno del risarcimento. Ogni volta ci aspettiamo che l’anno nuovo sia migliore, è una vecchia storia a cui noi uomini siamo affezionati. Io con molto entusiasmo mi aspetto che quest’anno sia l’anno del risarcimento.

In ambito musicale, dopo Sanremo, si è tornati a discutere del ruolo dell’artista nella vita sociale del Paese: l’artista può farsi megafono di certe posizioni oppure pubblicamente deve limitarsi a recitare/cantare e basta?

L’artista prima di essere artista è un cittadino. Anzi, l’artista proprio perché è pubblico deve avvertire la responsabilità di non essere qualunquista. Tacere equivale al qualunquismo che è un atto di vigliaccheria. Dire la propria invece è opportuno. Un artista già dice la propria nelle sue opere. Quindi censurare un artista significa censurare anche le sue opere, e questo non va bene, non si fa ed è anche impossibile perché vuol dire censurare l’arte.

Sono convinto che l’arte è sempre “contro”, quando l’arte è “d’accordo” diventa propaganda. L’arte si fa perché si è contro qualcosa che si vuole aggiustare. Non contro in maniera violenta ma è un atto di denuncia. Quello che sento in giro in questi giorni non mi piace affatto. Queste battaglie che hanno a che fare con la soppressione del pensiero sono sempre battaglie perse. L’uomo è fatto per essere libero e torna sempre a esprimere il suo pensiero.

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