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Loredana Bertè: “L’idea di avvicinarmi alla morte mi dà fastidio perché mi sto divertendo”

Loredana Bertè racconta il suo essere un’artista libera e anticonformista che vive oggi un periodo felice: “La morte? Ci penso, ma ho tanti progetti”
A cura di Redazione Music
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Loredana Bertè – ph Marco Alpozzi:Lapresse
Loredana Bertè – ph Marco Alpozzi:Lapresse

Libera sempre, ma anche fragile, sicuramente iconica, una rockstar irripetibile. È Loredana Bertè. E confermiamo tutti gli aggettivi che la descrivono nella sinossi del suo libro "50 volte bellissima" uscito per Rizzoli. Una biografia in testo e immagini: "Per i miei cinquant’anni di carriera ho voluto regalarmi un album di ricordi, perché alla fine io sono anche ciò che è stato scattato e che resterà per sempre. La fotografia, come l’arte in generale, ha questo potere magico di fermare il tempo e renderlo eterno" ha scritto Bertè per lanciare questo suo nuovo lavoro che accompagna una lunghissima carriera musicale.

A Vanity Fair, la cantante ha ripercorso la sua vita, le sue idee, la sua musica. Il dolore per la perdita della sorella Mimì, Mia Martini, con cui fa i conti ancora oggi, gli amici che l'hanno abbandonata quando più aveva bisogno di loro, le poche persone care che ha al suo fianco, la sua manager e Renato Zero (che è più un fratello che un amico). Sembra una Bertè molto sincera, come sempre, che più che aver fatto pace con se stessa, spiega, vive un momento molto felice della sua vita. Ed è il motivo per cui le dà fastidio il pensiero della sua morte: "L’idea di avvicinarmi alla morte, di dover lasciare questa Terra, è proprio fastidiosa. Purtroppo sono in quella fase della vita in cui inizi a pensarci" ha detto.

Un pensiero che l'accompagna da un paio di anni in maniera insistente, che vorrebbe scacciare perché sta vivendo un periodo felice: "Ho tanti progetti, ho la fortuna di vivere di un lavoro che mi piace e che è sempre stata la mia passione. Sì, diciamo pure che mi sto divertendo". Ma fermandosi ancora un istante su questo tema, Bertè si lascia andare a un pensiero, al come vorrebbe essere ricordata, ovvero come "un’artista anticonformista, libera e generosa che ha dato tutta sé stessa al suo pubblico e al palco". È un periodo in cui ci tiene molto a sottolineare il suo impegno civile, come su Gaza.

Durante i suoi concerti porta sul palco "Rap di fine secolo", una canzone che parlava proprio di genocidi in cui dicevano: "Così non si può proprio andare avanti, cerchiamo almeno di limitare i danni, non stare fermi sulla traiettoria di chi ci vuole cambiare la storia. Guerre e guerre di religione e genocidi di popolazioni, fame, peste e carestia e l'America per polizia". Oggi spiega che "si sta normalizzando l’impensabile. Per esempio, lo sterminio dei bambini davanti agli occhi di tutti, a Gaza. Vederli morire di fame e di stenti è un dolore immenso, inaccettabile". Non è un caso che tra i ribelli in circolazione, oltre a Vasco Rossi metta coloro che si sono imbarcati sulla Flotilla.

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