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Liberato lo scrittore palestinese Bassem Khandaqji: “Lottai contro l’occupazione di Israele, oggi serve altro”

Tra i prigionieri palestinesi liberati nell’accordo sul cessate il fuoco con Israele c’è anche lo scrittore Bassem Khandaqji, vincitore dell’International Prize for Arabic Fiction col libro Una maschera color del cielo.
A cura di Francesco Raiola
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Bassem Khandaqji
Bassem Khandaqji

Tra i prigionieri liberati da Israele nell'ambito dell'accordo di pace voluto da Trump tra il Governo di Netanyahu e Hamas e i palestinesi, c'è anche lo scrittore Bassem Khandaqji che nel 2023 aveva pubblicato il libro Una maschera color del cielo (scritto tra giugno e settembre del 2021), vincendo l'anno successivo – anno in cui in Italia è stato pubblicato da E/O – l'International Prize for Arabic Fiction, il più importante premio internazionale del mondo arabofono. Lo scrittore era da 20 anni prigioniero di Israele, condannato a tre ergastoli nel 2005 per l'attentato che nel novembre 2004 provocò tre morti e cinquanta feriti al Carmel Market di Tel Aviv a causa di un attacco suicida.

Per il Tribunale israeliano la colpa di Khandaqji – all'epoca uno studente universitario – era quella di aver permesso all'attentatore di entrare a Tel Aviv usando il suo tesserino da giornalista. Lo scrittore è stato arrestato e stando a quanto riportato dallo Human Rights Council dell’Onu sarebbe stato arrestato senza alcun mandato durante la notte, gli sarebbero stati negati i diritti fondamentali e avrebbe confessato la sua partecipazione solo perché torturato: confessione estorta con la violenza ma che sarebbe stata fondamentale per la condanna e il successivo isolamento durato 10 anni. Khandaqji ha denunciato di essere stato processato dal Tribunale militare a causa delle sue opinioni politiche.

In un'intervista a Repubblica lo scrittore dice che in quel periodo era in atto un'aggressione israeliana contro i palestinesi, quindi ha scelto di partecipare alla lotta contro l’occupazione e contro l’esercito israeliano pur sapendo di essere contro la legge, in quel momento, ma oggi pensa che sia fondamentale trovare un altro modo per lottare. Khandaqji ritiene – come ha detto anche lo storico Ilan Pappè a Fanpage – che la soluzione a due Stati non sia più attuabile, ma bisogna sperare nella coabitazione di due popoli in uno Stato. Lo scrittore spiega di non credere a un piano di pace che non ha ottenuto l'approvazione popolare: "Ma sono felice che si sia fermato il genocidio a Gaza, che non si sparga più sangue".

E a proposito delle violenze subite, lo scrittore palestinese non nega anzi dice che è stato picchiato quando lo hanno portato fuori dal carcere e hanno continuato poco prima della consegna, provocandogli dolori al petto. E le violenze erano continue anche prima, con picchi raggiunti quando si seppe che aveva vinto il Premio: "Mi hanno messo in isolamento e mi hanno picchiato". Il fratello di Khandaqji spiegò che il libro era stato scritto in condizioni difficili mentre lo scrittore veniva trasferito da una prigione all'altra e talvolta perdeva parte delle informazioni raccolte perché una guardia carceraria le distruggeva.

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