video suggerito
video suggerito

La nuova vita di Alessio Bernabei: “Mi odiavo, dopo Amici ero l’idolo delle ragazzine e mi sono lasciato andare”

Alessio Bernabei racconta il suo nuovo percorso da solista, dopo la pausa con i Dear Jack: “Mi sono ritrovato a scrivere cose molto personali, distanti dai suoni e dalle melodie della band”. Qui l’intervista.
A cura di Vincenzo Nasto
54 CONDIVISIONI
Alessio Berbabei da solista e al tempo dei Dear Jack
Alessio Berbabei da solista e al tempo dei Dear Jack

Solo pochi giorni fa, Alessio Bernabei annunciava l'inizio di un nuovo percorso da solista, dopo il ritorno con i Follya e il primo disco della band pubblicato nel 2023. Il post su Instagramrecitava: "Qualche anno fa ho sentito il bisogno di sparire. Era tutto troppo. Adesso sento l’esigenza di raccontare quello che ho dentro in maniera personale. Tornare a raccontarmi come Alessio Bernabei". Dopo una grande esperienza ad Amici 14 da frontman dei Dear Jack, il cantante si era allontanato dal gruppo per intraprendere un primo percorso da solista, salendo anche sul palco del Festival di Sanremo 2016. Come racconta nell'intervista, arriva la crisi d'identità: "Negli anni ho dovuto indossare molte maschere nel mondo della musica, non riuscendo a trovare spesso ciò che ero". Qui l'intervista ad Alessio Bernabei.

Come nasce questo nuovo percorso da solista?

Non era previsto nei miei piani, anche perché rispetto a tanti anni fa, quando eravamo Dear Jack, avevamo trovato una nostra quadratura, un nostro equilibrio. Questo disco nasce dagli ultimi anni in cui ho intrapreso un nuovo percorso autoriale, più che da cantante. Ho cominciato a scrivere anche per altri artisti ed è stata una palestra. Mi sono ritrovato a scrivere cose molto personali, distanti dai suoni e dalle melodie up-tempo della band.

Quando hai deciso che era arrivato il momento di riprendere il percorso da solista?

Hanno pesato anche alcuni problemi logistici con la band. Da 4 siamo diventati 3, con vite molto distanti e diverse. Eravamo in 2 a Milano e il batterista in Abruzzo, quindi non c’era la possibilità di investire tutto nel progetto. Dopo i 30 anni tutto diventa un casino: o vivi il gruppo unito, per esempio come i Coldplay, altrimenti è difficile trovare degli spazi in cui ritrovarsi. Poi ero in disaccordo con il fatto che della band apparissi solo io, anche nelle interviste, perché siamo un corpo unico. Parlando tra di noi, ho sentito l'esigenza di esprimergli questa mia volontà, di esprimermi da solo, mantenendo comunque la band come progetto parallelo.

Nel trailer del nuovo singolo, Primo Caffè, si intravede il tuo volto mascherato. Sarà un percorso malinconico quello da solista?

Non voglio fare programmi rigidi, ma sì, alcuni pezzi sono molto più introspettivi e malinconici. Il concetto del pagliaccio non è legato semplicemente all’immaginario del clown triste, ma anche al fatto che negli anni ho dovuto indossare molte maschere nel mondo della musica, non riuscendo a trovare spesso ciò che ero. Questo è stato negli anni un mio limite, anche il pubblico non riusciva a trovare una coerenza nei miei lavori. Ora voglio mostrarmi per quello che sono, senza più filtri.

C'è qualcosa che ti recrimini?

Mi odiavo, non riuscivo mai a essere coerente con me stesso. Ero l'idolo delle ragazzine appena uscito da Amici e mi sono lasciato trascinare dall'industria. Io ho cominciato a 14 anni con una band con una visione chiara, curata in ogni minimo dettaglio e poi mi sono lasciato andare alla discografia. Questa cosa mi ha fatto molto male perché non sentivo di essere davvero me stesso. Mi ha fatto bene prendere porte in faccia, dovevo ritornare a essere l'Alessio di quando avevo 14 anni.

Hai vissuto momenti complessi, anche legati alla popolarità. C’è stato un evento che ha segnato la tua consapevolezza attuale?

Sì. Dopo Amici ho vissuto lo stress della popolarità, che a vent’anni è difficile da gestire. Ti trovi catapultato in una realtà che non conosci e ti senti travolto, anche dalle persone che ti chiedono una foto. È figo, però è anche un trauma. A un certo punto volevo solo sparire per ritrovare il piacere di fare musica. La spina si è staccata nel 2018, quando ho sbagliato completamente un Ep.

Cosa avevo influito?

Ero in una relazione super tossica che mi ha praticamente distrutto, sia dal punto di vista personale che professionale. Mi ricordo che registravo questo Ep mentre piangevo per lei, e questa cosa mi ha fatto litigare con la mia etichetta: io non volevo uscire con questo progetto e neanche loro erano convinti della bontà, per questo mi hanno messo in "panchina". Ho fatto uscire dei pezzi, come Trinidad: non c'entravo niente con quella roba estiva.

Poi?

Poi è arrivato il Covid e si è resettato tutto, mi sono fermato anche io. Dopo mi sono ritrovato in un'altra situazione super tossica, sono dimagrito 12 chili, perdevo i capelli e sono dovuto andare in terapia a causa della fase depressiva: questo mi ha fatto fare i conti con me stesso.

C’è stato un periodo in cui hai pensato al ritiro?

Ritiro no, ma mi volevo allontanare da tutto. La musica è sempre stata la mia salvezza. Da ragazzino soffrivo di attacchi di panico, ero molto sensibile e mi sentivo male molto spesso. Un amico mi fece scoprire la chitarra: da lì in poi, il punk rock degli anni 2000 è entrato nella mia vita, mi ha salvato. Quando la musica è diventata un lavoro, quella leggerezza si è persa. Ho dovuto superare la paura di perdere tutto dicendomi che, anche se non potessi più vivere solo di questo, farei comunque musica in qualche forma.

Qual è il tuo sogno, adesso?

Se me lo avessi chiesto 4 o 5 anni fa, ti avrei detto riempire gli stadi. Ora il mio sogno è la serenità. Voglio essere felice di fare questo lavoro, che sia davanti a 200.000 persone o in un locale da cento. Non cerco più di essere Vasco o Battiato, voglio solo vivere bene la mia musica e la mia vita.

54 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views