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Cosa sta succedendo in Somalia, il laboratorio del terrore

Cosa sta accadendo in Somalia, il paese che è uno dei laboratori terroristici più pericolosi al mondo e che in questi giorni è stata teatro di sanguinosi attacchi. Le autorità locali puntano il dito proprio contro la milizia al Shabaab, ma dal 2015 anche l’Isis è attiva in Somalia.
A cura di Augusto Rubei
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"Mai vista tanta devastazione". Le parole del direttore del servizio ambulanze di Mogadiscio, Abdulkadir Abdirahman, tracciano un quadro completo dell'attacco compiuto sabato scorso a Mogadiscio. Il bilancio, tutt'ora provvisorio, è devastante: oltre 300 morti e centinaia di feriti. A memoria di cronista, non si ricorda un attentato più sanguinoso in Somalia dall'inizio dell'insurrezione del gruppo jihadista al Shabaab, nel 2006.

Le autorità locali puntano il dito proprio contro la milizia somala, ma dal 2015 anche l'Isis ha piantato le sue bandierine proclamando, nel Puntland,  "lo Stato islamico in Somalia" (Abnaa ul-Calipha). Il Paese, già dilaniato da un lungo intreccio di guerre e carestie, è uno dei laboratori terroristici più pericolosi al mondo. È in Somalia che al Qaeda studia e dà impulso a nuove modalità di attacco. Affida il dossier agli inizi degli anni 2000 a Fazul Abdullah Mohammed, ex fedelissimo di bin Laden. E nel giorno della sua morte le teste di cuoio Usa gli trovano addosso una chiavetta Usb. Dentro c'è un documento in lingua inglese che invita i martiri a compiere operazioni letali, ma a basso costo.

Obiettivi “soft” (come alberghi, centri commerciali, villaggi turistici o navi da crociera): in sintesi luoghi chiusi, che rendono più difficile il lavoro delle forze di sicurezza. E armi low tech: granate e kalashnikov. Un metodo che abbiamo visto seguire al Bataclan, a Parigi con l'assalto alla redazione di Charlie Hebdo, a Bruxelles e ancora prima in Tunisia o al Westgate di Naiorbi, nel 2013. Proprio in Kenya la firma era di al Shabaab, che quel giorno inaugurò il primo live tweet di un attacco terroristico. Questo per dare l'idea del potenziale jihadista dietro la milizia.

Che nel tempo ha aperto quartier generali in Scandinavia, in particolare in Svezia. Ed è da Stoccolma che viene la sua ex autorità religiosa Al-Qādir Mū'min, oggi passato tra le fila dell'Isis. La situazione sul terreno è infatti cambiata d recente. Dopo che Ahmad Umar, alias Abu Ubaidah, è salito ai vertici di al Shabaab ha provato a prendere in mano le cose, avviando un sottile processo di "rebranding" e intraprendendo un cammino verso l'istituzione di un'entità statale vera e propria. L'ingresso dell'Isis e la defezione di Al-Qādir Mū'min hanno però cambiato le regole del gioco. Ora c'è uno scontro aperto tra le due cellule, che come spesso accade finirà per allargare il perimetro del terrore. L'attacco di sabato lo dimostra.

Intanto gli Usa e Donald Trump hanno iniziato a mostrare un certo dinamismo. A marzo Washington ha fornito ulteriori supporti logicisti e militari a alle autorità somale, già fiancheggiate dalla missione Amisom. Bisogna chiedersi tuttavia se un'accelerata militare riuscirà a portare la pace in un Paese dove la piaga della siccità solo a novembre 2016 ha prodotto più di mezzo milione di sfollati. Evidentemente no.

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