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Chieti, uccide a coltellate moglie e amica: fermato dai carabinieri ancora sporco di sangue

L’episodio a Ortona, l’uomo di 60 anni fermato ancora sporco di sangue al volante dell’auto al cui interno sono stati trovati due coltelli intrisi di sangue. La moglie, Letizia Primiterra, si era rivolta a un centro antiviolenza.
A cura di Antonio Palma
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Brutale duplice omicidio nel primo pomeriggio di giovedì a Ortona, in provincia di Chieti. Un uomo ha ucciso a sangue freddo due donne  in due diversi raid a colpi di coltello prima di essere fermato dai carabinieri. Le vittime sono la moglie dell'uomo, che sembra da poco avesse deciso di interrompere la loro relazione, e un'amica della donna a cui l'uomo imputava parte della fine del suo rapporto con la moglie. Secondo le prime notizie, il 60enne Francesco Marfisi, originario di Lanciano, è stato fermato dai militari dell'arma mentre era ancora sporco di sangue e con l'intenzione di fare un'altra vittima, un'altra amica della moglie.

Come racconta il quotidiana locale Il Centro, la moglie dell'assassino, la 47enne Letizia Primiterra, si era rifugiata a casa di un'amica dopo la separazione dall'uomo e lì sarebbe stata raggiunta e uccisa a coltellate. Il 60enne avrebbe suonato al citofono di casa chiedendo alla moglie di scendere per parlare. Appena vista la donna però l'avrebbe pugnalata mortalmente nell'androne del palazzo. A questo punto, ancora sporco di sangue, si sarebbe recato a casa della più cara amica della 47enne in contrada Tamarete, Laura Pezzella, uccidendo anche lei. Nella sua furia omicida l'uomo avrebbe ferito anche la figlia, incinta al quinto mese.

Mentre partiva l'allarme dei carabinieri, Marfisi con gli abiti completamente insanguinati si è messo in macchina tornando nel luogo del primo delitto con l'intento probabilmente di uccidere anche l'amica che aveva ospitato la moglie. Fortunatamente sul posto però ha trovato i carabinieri che lo hanno arrestato. Nella sua auto i militari avrebbero ritrovato anche due coltelli da macellaio sporchi di sangue. Portato in caserma ha ammesso il duplice delitto.

Letizia aveva paura del marito e aveva chiesto aiuto. “C'erano dei segnali gravi. La signora si era rivolta a un servizio sul territorio per segnalare di essere vittima di maltrattamenti. Ora ci sentiamo di esprimere un grande sgomento e dobbiamo capire dove non è stata compresa”, ha detto l'avvocato Francesca Di Muzio, presidente di Donn-è, Centro antiviolenza di Ortona. Al servizio delle vittime di abusi e violenze, l'associazione ha una sede nel centro di Ortona e dal 2013 uno sportello nell'ospedale Bernabeo grazie a un accordo con la Asl. Ma Letizia Primiterra si era rivolta a un altro dei tanti servizi attivi in città. “Non l'abbiamo presa in carico direttamente noi, quindi conosco la vicenda per quanto mi è stato riferito – ha detto Di Muzio – ma esiste una rete fra le associazioni ed evidentemente in questo caso qualcosa non ha funzionato, specialmente a livello di valutazione del rischio. Dobbiamo ripensare il modo di lavorare, di fare formazione dei nostri operatori. Gli strumenti per prevenire ci sono, ma dobbiamo evidentemente pensare a un'attenzione maggiore. I casi di violenza non sono semplici. E comunque non esiste il raptus; quello di oggi è l'epilogo tragico di uno schema che si ripete in molti casi di femminicidio”. Di Muzio ha aggiunto che è necessario ripartire da quanto accaduto per continuare a lavorare sulla prevenzione della violenza di genere e non sottovalutare le richieste di aiuto.

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