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Speciale Elezioni europee 2019

Brexit, con un rinvio anche Londra potrebbe partecipare alle elezioni europee

Domani il Consiglio Ue dovrà decidere se accogliere o meno la richiesta di proroga della Brexit, avanzata da Theresa May. Ma se il Regno Unito sarà ancora un membro dell’Ue, e se l’accordo di recesso non sarà stato ratificato entro il 22 maggio, Londra dovrà organizzare le elezioni per il Parlamento europeo.
A cura di Annalisa Cangemi
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Alla vigilia del vertice dei capi di Stato Ue, dopo oltre due anni di negoziati, la soluzione del complesso dossier sulla Brexit sembra tutt’altro che scontata. E la decisione che verrà presa domani dal Consiglio europeo straordinario potrebbe essere determinante anche per le ripercussioni sulla composizione del nuovo Parlamento europeo. Dopo il sì della Camera dei Comuni e della Camera dei Lord, che hanno approvato in pochissimo tempo la legge anti-no deal che obbliga la May a chiedere un rinvio della Brexit oltre il 12 aprile (termine oltre il quale dovrebbe scattare l'uscita di Londra dall'Ue senza accordi), la premier britannica chiede ancora tempo: insiste su un rinvio breve, al 30 giugno, con l'obiettivo di un’uscita entro il 22 maggio, in modo da evitare che il Regno Unito partecipi alle elezioni europee 2019. Ma se il Regno Unito sarà ancora un membro dell'Ue il 23 e 26 maggio 2019, allora secondo la legge dell'Ue dovrà organizzare le elezioni per il Parlamento europeo.

Ma se la Gran Bretagna fosse costretta a partecipare alle elezioni di maggio, la geografia dell’emiciclo potrebbe comportare scenari molto diversi da quanto hanno mostrato fino ad ora le proiezioni dei principali istituti di sondaggio. I seggi dei britannici non sarebbero dunque ridistribuiti tra i 27 Paesi membri (l'Italia con la Brexit ne guadagnerebbe 3, passando da 73 a 76). Gli eurodeputati al momento sono 751, solo in caso di uscita del Regno Unito dall’Ue si passerebbe a 705 europarlamentari. A questo punto risulterà sì indebolita la grande coalizione PPE-SD, ma i socialisti risulterebbero rafforzati, grazie alla presenza dei Laburisti.

Fonti accreditate hanno riferito a Fanpage.it che nonostante lo stallo non sarebbe più contemplato un ‘no deal', cioè una Brexit senza accordo: quindi o si approva l'accordo, o si blocca la Brexit. Tertium non datur.

In risposta alla richiesta della premier britannica Theresa May, il Consiglio europeo sembrerebbe disposto a concordare il rinvio (la data fissata per l'uscita dall'Ue doveva essere lo scorso 29 marzo) per permettere la ratifica dell'accordo di divorzio. È quanto contenuto nella bozza di conclusioni del vertice straordinario sulla Brexit, di cui l'Ansa ha preso visione. Nel documento però non è specificata la data di estensione massima della proroga: la decisione la dovranno prendere i leader domani. "Quello che sappiamo è che uscendo dall’Europa le relazioni con i Paesi membri peggiorano, solo rimanendo insieme possiamo rispondere a sfide internazionali – hanno spiegato fonti vicine al capo negoziatore della Ue per la Brexit Michel Barnierla decisione del Consiglio di domani dipenderà dalle motivazioni che May esporrà nel chiedere il rinvio".

Barnier, che secondo alcune voci, da lui smentite, era stato indicato come possibile alternativa a Manfred Weber (spitzenkandidat del PPE per la Commissione Ue), oggi è intervenuto da Lussemburgo: "Vogliamo dare al Regno Unito tutte le ultime chance per riuscire" in un divorzio ordinato.

Cosa c'è al momento sul tavolo? Il pacchetto proposto dall’Ue, e siglato da May, comprende un corposo accordo di recesso, di 600 pagine, che stabilisce i termini per un divorzio ordinato. In questo documento i negoziatori hanno cercato di dare una risposta alle incertezze giuridiche che inevitabilmente si apriranno per 4 milioni e mezzo di cittadini (un milione e mezzo di cittadini britannici che vivono in uno degli Stati membri, e 3 milioni e mezzo di europei). Viene specificato che la Gran Bretagna è obbligata ad attenersi al bilancio settennale, rispettando gli impegni economici programmati fino al 2020. È stato pattuito poi un periodo di transizione, da 21 mesi fino a un massimo di 4 anni, per permettere al Regno Unito di ricostruire un proprio apparato burocratico. In questo periodo finestra la Gran Bretagna resterebbe chiaramente nel mercato unico e nell’unione doganale.

"Quel che è certo è che su questo accordo di recesso non ci sono margini di contrattazioni", hanno ribadito le fonti. Ci sarebbe poi un altro accordo politico, di 26 pagine, in cui viene definito il quadro delle future relazioni, da costruire in un secondo momento, solo dopo la separazione. Su questo livello da parte dell'Ue c’è invece una maggiore apertura: l'idea sarebbe quella di attendere un'uscita ordinata, per ricostruire poi delle nuove relazioni con il Regno Unito, a partire da una nuova base giuridica. Una delle ipotesi è quella avanzata dai Laburisti, che spingono verso un'unione doganale (uno Stato che ha seguito questo modello è la Turchia). E questo elemento di novità sarebbe ben visto da Bruxelles. Del resto altri Paesi, che non fanno parte dell'Ue, in questo momento intrecciano con l'Europa relazioni o commerciali, alla luce di accordi economici più o meno stringenti.

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