Berlusconi: “Il centrodestra deve restare unito, divisi siamo condannati all’irrilevanza”

Il centrodestra deve rimanere unito e gli scontri tra Matteo Salvini e Stefano Parisi sarebbero solo liti personali, non rotture definitive. A dichiararlo durante un'intervista a Radio Anch'io è il presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi: "Parisi sta sta cercando di avere un ruolo all'interno del centrodestra ma avendo questa situazione di contrasto con Salvini credo che questo ruolo non possa averlo", ha spiegato il leader del centrodestra ed ex presidente del Consiglio. "Il centrodestra è compatto, aldilà di quello che appare negli ultimi giorni", ha ribadito Berlusconi, contestando sostanzialmente le critiche fatte da Parisi la scorsa settimana quando, commentando la manifestazione organizzata dalla Lega a Firenze, ha sostenuto: "Noi non siamo quella roba che è a Firenze oggi" e poi ha aggiunto: "È arrivato il momento. Ora dobbiamo candidarci alla guida del Paese".
Secondo Silvio Berlusconi "tutti i partiti che fanno parte della coalizione sanno che, se la rompono, si condannano all'irrilevanza. Stiamo lavorando a un programma condiviso, il resto appartiene al teatrino delle schermaglie e delle ambizioni personali. La nostra è un'alternativa liberale alla politica di sinistra e al populismo di Grillo". Sul referendum costituzionale Berlusconi è ancora della stessa idea e sostiene con convinzione il fronte del No: "È una riforma pericolosa e con la nuova legge elettorale c'è il rischio di una deriva autoritaria. È triste dirlo ma negli ultimi cinque anni abbiamo avuto cinque colpi di Stato, con governi mai legittimati dal voto popolare. Renzi vuole una legittimazione che non ha mai avuto, ma è ora che vada a casa. Se vince il No, invece, non cambierà nulla, il Paese andrà avanti come adesso".
Commentando invece il famoso Patto del Nazareno, Berlusconi spiega che quell'accordo è solamente acqua passata: "L'accordo fatto con Renzi è stato smentito da lui. Al principio avevamo provato se fosse stato possibile approvare una riforma condivisa, anche accettando compromessi, ma poi ci siamo chiamati fuori quando abbiamo capito che Renzi voleva cucirsi un abito su misura per sé e per il suo partito".