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Aveva un debito con l’Inail di 220 euro: per questo venerdì si è suicidato un artigiano ligure

Il Secolo XIX ha ricostruito le circostanze che hanno indotto Mauro Sari, artigiano ligure, a darsi fuoco venerdì: non riusciva a pagare una rata all’Inail.
A cura di Davide Falcioni
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Quanto vale la vita di un uomo? Quella di Mauro Sari, artigiano 47enne suicidatosi venerdì, appena 220 euro. L'uomo si era dato fuoco a Vado Ligure, e solo oggi si conoscono le vere ragioni del gesto estremo. Appena 24 ore prima, gli era scaduta una rata di 220 euro che avrebbe dovuto versare all'Inail per mantenere il Durc, il certificato sulla regolarità contributiva necessario per lavorare regolarmente. Lo andava ripetendo spesso, a parenti e amici. “Senza il Durc non posso lavorare, non so come fare”. Anche alla moglie Maria Grazia. Ma il documento unificato di regolarità contributiva, Mauro Sari l’aveva ancora. Era tutto in regola. I contributi che non era riuscito a versarsi in qualità di piccolo imprenditore di una ditta individuale – la cosiddetta “autoliquidazione” – ammontavano a poco meno di mille euro. L’artigiano aveva ottenuto una rateizzazione in quattro tranche. La seconda rata – di appena 220 euro – era scaduta il 16 maggio scorso. E i soldi per pagare non c’erano. Il giorno dopo – tempi che non possono essere solo una coincidenza – Sari ha deciso di farla finita.

A rivelare i dettagli è Il Secolo XIX, che spiega come la conferma delle cirostanze che hanno portato l'uomo a suicidarsi sia arrivata dagli uffici Inail di Roma e Savona. Mauro Sari era in regola con i pagamenti. Solo un giorno di ritardo per il pagamento della seconda rata. Ventiquattro ore forse tragicamente decisive nel maturare la decisione di togliersi la vita. "Abbiamo fatto una verifica – spiega il direttore dell’Inail di Savona Enrico Tommasi – e abbiamo appurato che non c’era alcuna situazione debitoria nei nostri confronti. E il Durc ha dato esito positivo: significa che Sari ne era ancora in possesso".

Spiega Il Secolo XIX: "Il viaggio tra i gironi infernali della burocrazia e della crisi era partito a febbraio: il 18 di quel mese scade la prima rata. L’artigiano non riesce a pagare in tempo ma due mesi dopo, l’11 aprile, salda l’importo della prima tranche. Un ritardo che non comporta il ritiro del Durc. Gli restano da pagare, in base al piano di rateizzazione concordato con l’Inail, 660,15 euro. In tre rate: entro il 16 maggio, il 16 agosto e il 16 novembre. Maggio arriva in fretta. E Mauro non ha i 220 euro per pagare. Condivide – mostrando una dignità che fa venire i brividi – con la famiglia e gli amici l’angoscia di non poter pagare la seconda rata. Anche per questo, stando a testimonianze e coincidenze temporali, matura la decisione di farla finita".

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