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Yara, indagini su manomissione prove, la difesa di Bossetti: “Fatto grave, rilevante per il processo”

La procura di Venezia ha iscritto al registro degli indagati il presidente della Prima sezione penale del Tribunale di Bergamo e la funzionaria dell’Ufficio corpi di Reato. L’avvocato Claudio Salvagni, responsabile della difesa di Massimo Bossetti: “Se accertato è un fatto grave con grande rilevanza processuale”
A cura di Gabriella Mazzeo
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"Se le 54 prove contenenti Dna sono state dolosamente o colposamente distrutte, si tratta di una grave mancanza e di un dettaglio che ha grande rilevanza sul processo costruito in questi anni". Lo ha detto l'avvocato Claudio Salvagni, legale che si occupa della difesa di Massimo Bossetti, il muratore di Mapello condannato all'ergastolo per l'omicidio di Yara Gambirasio, la 13enne scomparsa il 26 novembre 2010 e trovata morta il 26 febbraio 2011. La procura di Venezia ha iscritto al registro degli indagati il presidente della Prima sezione penale del tribunale di Bergamo, Giovanni Petillo, e la funzionaria responsabile dell'Ufficio corpi di Reato. I due sono accusati di frode in processo e depistaggio in merito alle prove contenenti il Dna del presunto assassino di Yara ritrovate sulla scena del delitto. "Dobbiamo vedere cosa accadrà, come proseguiranno le indagini – ha detto a Fanpage.it Salvagni -. Bisogna capire se ci sarà un'archiviazione o un rinvio a giudizio. Ho appreso dai giornali l'iscrizione al registro degli indagati di Venezia, che è un atto posto in garanzia dei soggetti sottoposti a indagine".

La difesa dell'ex muratore di Mapello ha sempre lamentato di non aver avuto accesso diretto alle tracce di Dna trovate sugli slip dell'adolescente e sui leggins. Era infatti emerso a dibattimento che la prova regina del caso che fa riferimento all'Ignoto 1, non fosse più utilizzabile in quanto "definitivamente esaurita". "Questa informazione avuta in Corte d'Appello è stata confermata dalla Cassazione" spiega Salvagni. Successivamente è emersa la disponibilità di questi 54 campioni di Dna, il cui utilizzo però non sarebbe stato possibile perché materiale poi deteriorato. "In seguito alla nostra richiesta sullo stato di conservazione di queste prove, il pubblico ministero ne ha chiesto la confisca".

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La richiesta di informazioni sullo stato di conservazione delle prove avanzata dalla difesa era stata giudicata inammissibile dal giudice di Bergamo. Ora dovrà pronunciarsi nuovamente la Cassazione. "Abbiamo già fatto ricorso alla Cassazione una prima volta dopo la sentenza di inammissibilità del giudice di Bergamo. Abbiamo vinto, eppure Bergamo ha respinto la nostra richiesta di nuovo. Per questo abbiamo dovuto ricorrere una seconda volta alla Cassazione, davanti alla quale saremo il 7 aprile. Sull'inammissibilità ogni sviluppo dipende da questo procedimento, non certo dall'indagine di Venezia ora aperta. Chiaramente, se emergesse che qualcuno ha compromesso le prove dolosamente o colposamente, sarebbe molto grave e soprattutto avrebbe una rilevanza processuale non indifferente".

Secondo la difesa dell'ex muratore attualmente all'ergastolo per l'omicidio di Yara Gambirasio, le continue richieste di perizia su quelle prove non sono mai state accolte. "Quando finalmente possiamo accedervi, ci dicono che le prove non ci sono – ribadisce l'avvocato al telefono -. Tutto è un po' strano e oggettivamente i fatti sono quelli che ho riferito. Abbiamo appreso di uno spostamento dei 54 campioni da Milano all'ufficio corpi di reato di Bergamo dalla stampa, ma allo stato dei fatti non sappiamo come sia avvenuto questo spostamento e come siano state conservate le prove".

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