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Yara, il cognato di Bossetti: “Massimo innocente, assurdo che i campioni di Dna siano inutilizzabili”

Il cognato di Massimo Bossetti, Agostino Comi, ha ribadito che la famiglia lo ritiene innocente nell’ambito del caso Yara Gambirasio: “È un lavoratore, non è ricco, diciamo così, il colpevole ideale. La faccenda del dna è stata studiata a tavolino”.
A cura di Ida Artiaco
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"Noi già dall'inizio siamo molto delusi da tutta questa faccenda del dna perché non si è data mai la possibilità a Massimo di potersi difendere. Perché bastava già dall'inizio fare un'altra prova. Invece non si è data mai la possibilità di far nulla". A parlare è Agostino Comi, cognato di Massimo Bossetti, condannato in via definitiva per l'omicidio di Yara Gambirasio, l'adolescente di Brembate di Sopra comparsa e poi trovata cadavere a gennaio del 2011.

In una intervista a Telelombardia, ha commentato la richiesta di archiviazione da parte della Procura di Venezia del fascicolo aperto dal procuratore aggiunto Adelchi D'Ippolito in seguito alla denuncia presentata dallo stesso Bossetti: secondo i pm veneziani non c’è mai stato un tentativo di depistare le indagini da parte dei colleghi di Bergamo, un giudice e una funzionaria del Tribunale bergamasco: "Non è emersa alcuna prova di un piano orchestrato allo scopo di depistare eventuali nuove indagini difensive, lasciando intenzionalmente deperire il Dna di Ignoto 1".

Secondo Comi, si trattava di un "dna che fin dall'inizio han detto tutti i più esperti che c'era qualcosa che non andava. Per noi il colpevole non è lui. Cioè lo sappiamo già dall'inizio. Lui è stato preso punto e basta. Potevo essere anch'io, poteva essere chiunque altro perché secondo me è stata una cosa studiata a tavolino già dall'inizio. Massimo è una persona normalissima, che non ha amici influenti o potenti. È un lavoratore, non è ricco, diciamo così, il colpevole ideale. Uno dei tanti che passava a fianco alla palestra. Passavo anch'io da lì in quel periodo per cui potevo benissimo essere anch'io. Il dna di Massimo può anche essere stato messo lì, secondo me". Alla domanda su cosa ne pensasse la sorella di questa vicenda, Comi ha risposto: "Non si può far niente contro questa montatura. Perché per noi è tutta una montatura. Lei gli sta accanto, lavora come donna delle pulizie e mantiene la famiglia". Per lui l'assassino di Yara è ancora libero: "Chi ha ucciso Yara ha le spalle coperte, per me la legge non è uguale per tutti, ma nella giustizia non ho più fiducia", ha concluso.

In realtà, come ha spiegato la criminologa Anna Vagli a Fanpage.it, il clamore di questa ultima indagine è stato solamente mediatico. "Difatti, era chiaro che – dopo il deposito di un esposto – la Procura di Venezia non poteva far altro che avviare un procedimento penale. In questa direzione, i magistrati veneziani avevano iscritto nel registro degli indagati il Presidente della Corte d’Assise di Bergamo e funzionario dell’ufficio corpi di reato. I dubbi che la difesa di Bossetti aveva sollevato riguardavano la conservazione delle provette contenenti Dna a temperatura ambiente. Una modalità non idonea a preservare campionature di tipo biologico. Ma la richiesta di archiviazione da parte della Procura era fisiologica. E lo è stata per ragioni processuali".

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