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Violenza ostetrica: tutte le testimonianze

Violenza ostetrica, le donne devono autodeterminarsi anche durante il parto

Dopo la vicenda del neonato morto all’ospedale Sandro Pertini di Roma è nato il movimento ‘Anche a me’, un progetto composto da donne che vogliono fare divulgazione sulla violenza ostetrica e realizzare una proposta di legge. “Non è una guerra contro gli operatori sanitari, ma le donne hanno diritto di autodeterminarsi anche durante il parto”.
A cura di Natascia Grbic
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Un movimento nato dal basso per sensibilizzare sulla violenza ostetrica. "Anche a me": questo il nome del progetto creato da un gruppo di donne, avvocate, mediche, operatrici sanitarie, comunicatrici, giornaliste, per fare divulgazione e sensibilizzare non solo sui diritti delle donne durante il parto, ma anche per promuovere un'idea non stereotipata sulla maternità. Dopo la vicenda del neonato morto all'ospedale Sandro Pertini di Roma hanno realizzato un manifesto, con l'ambizione di realizzare una proposta di legge sulla violenza ostetrica.

Violenza ostetrica: una pratica normalizzata

"Specifichiamo immediatamente che non si tratta di una guerra contro chi lavora nell'ambito sanitario, non ci sono buoni o cattivi, e non abbiamo nessuna intenzione di polarizzare una situazione che è già intricata – ci spiega Ella Marciello, attivista di Hella Network – Come spesso succede per tante problematiche che esistono e coesistono nella società, si vanno a intersecare diversi piani: culturale, legale, professionale. Tutto deve essere trattato con la massima attenzione nel rispetto delle persone coinvolte".

"Grossa parte del problema della violenza ostetrica è la mancanza di consapevolezza – dichiara Sasha Damiani, medica anestesista e co – founder di ‘Mamme a nudo‘ – Spesso viene normalizzata e quindi percepita più come un disagio che abbiamo subito, forse per colpa nostra. Per questo l'obiettivo primario è fare soprattutto cultura e divulgazione".

Su Instagram è nata da qualche giorno la pagina del movimento, che sta raccogliendo già tantissime testimonianze di donne che hanno subito violenza ostetrica. "Spesso le donne si informano sui social network, e lì possiamo raggiungere il maggior numero di persone possibili con la divulgazione".

Interrogare il fenomeno anche dal punto di vista dei sanitari

"Dopo quanto accaduto al Pertini ci siamo poste come priorità lo studio del fenomeno della violenza ostetrica, facendo delle indagini non solo dal lato delle vittime, ma anche da quello del personale sanitario – aggiunge Francesca Salviato, avvocata e autrice del podcast ‘Parto male' – Come percepiscono il fenomeno, ma soprattutto quali sono i fattori causali nel proprio lavoro che lo favoriscono. Ad esempio un elemento di rischio è il burnout: ricordiamoci che spesso i sanitari fanno dei turni pazzeschi di 15/20 ore al giorno alcuni. Non è una giustificazione, ma sicuramente è un fattore che va studiato per dare supporto alla proposta di legge".

Tra le firmatarie del manifesto ci sono diverse professioniste sanitarie. E tante sono le ginecologhe e le ostetriche che stanno dando una mano al progetto, soprattutto dal punto di vista tecnico. "Il lavoro di squadra è fondamentale – spiega Damiani – Lavorando come medica posso confermare che il fenomeno della violenza ostetrica è così diffuso e capillare perché la sua normalizzazione avviene prima di tutto negli ospedali. In molti non sanno nemmeno cosa sia, ci sono professionisti che inconsapevolmente la compiono ogni giorno solo perché hanno sempre visto fare così. Chiaramente una cattiva gestione del lavoro non aiuta, ma il problema è anche culturale".

L'appello è rivolto non solo alle donne che hanno subito violenza ostetrica, ma a chiunque voglia dare un contributo e contribuire alla crescita del progetto. "Vogliamo creare una rete che possa fare ricerca, lavorare nel campo legislativo, fare divulgazione, comunicazione, e far avvicinare le donne, che spesso sono spaventate e non sanno cosa è successo. Il fatto che in tante negli ultimi mesi abbiano voluto raccontare la propria storia è già un sintomo del fatto che si sta prendendo consapevolezza rispetto alla problematica".

L'informazione, un modo per contrastare la violenza ostetrica

Uno dei nodi centrali è quello divulgativo. Spesso le donne non ricevono informazioni adeguate prima del parto, e molte manovre vengono effettuate senza che sappiano cosa siano e senza esserne a conoscenza. Manovre che spesso spaventano e creano disagio, soprattutto in un momento delicato come quello del parto. Senza contare la parte relazionale: sono tantissime le storie di donne che si sono sentite delegittimate nel provare dolore ed esternarlo, così come quelle insultate e derise nei momenti di difficoltà e sconforto.

"Spesso vengono riferite storie che al di là del fatto che abbiano o meno il ‘bollino' della violenza ostetrica, sono sicuramente storie di grande disagio dovute a una mancanza di comunicazione o a una comunicazione errata, oltre che a un atteggiamento poco empatico – dice Damiani – I sanitari non hanno nessun tipo di formazione prevista per questo, anzi. Per i veterinari esistono corsi di comunicazioni per dare le notizie in modo corretto ai padroni degli animali, per noi non esistono. È invece importante informare le donne e dare loro il supporto adeguato".

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